Sono i nuovi “angeli del focolare”, cucinano, puliscono e si occupano di anziani o malati non più autosufficienti: colf e badanti sono talmente indispensabili che gli italiani spendono 7 miliardi all’anno per il loro prezioso aiuto, senza contare il sommerso che ha numeri altrettanto importanti. Ma quando il rapporto di lavoro si interrompe, quegli angeli si possono trasformare in autentici 'demoni' per chi si ritrova a far fronte a richieste più o meno fondate di pagamenti di arretrati e straordinari. Sempre più spesso, infatti, la lavoratrice mandata via si rivolge al patronato e spuntano conteggi di ferie non usufruite, ore di lavoro non pagate e tredicesime saltate, anche se il datore di lavoro era convinto di essere pienamente in regola dopo che per anni aveva versato regolarmente i contributi e corrisposto puntualmente lo stipendio concordato.
Come fare, allora, per prevenire le vertenze ed evitare di dover sborsare migliaia di euro? Lo abbiamo chiesto a Massimo De Luca, legale di Domina - Associazione Nazionale Famiglie Datori di Lavoro che suggerisce di "Indossare i panni dell'imprenditore, acquisire competenze da commercialista - o affidarsi a un esperto -, tracciare tutti i pagamenti e instaurare un rapporto basato sulla fiducia".
La badante/parrucchiera che chiedeva 128mila euro
Oltre128mila euro: è la cifra da capogiro che si è sentito chiedere il mese scorso un romano trascinato in tribunale dall’ ex colf e badante di sua madre, malata di Alzheimer. La donna, una cittadina dell’Est Europa, sosteneva di aver lavorato prima in nero e poi di essere stata inquadrata in modo non corretto e chiedeva 128mila euro di risarcimento. Un caso di abuso di potere? Niente affatto, racconta all’Agi De Luca, che ha difeso l’imputato. “La signora è stata assunta come colf fino al 2013, questo perché dalle 8 alle 17 la madre del mio assistito era al centro malati di Alzheimer di Roma. Dalle 17 in poi invece, era lui stesso a occuparsene. Nel 2013 le cose sono cambiate, lui è andato via di casa e ha stipulato un nuovo contratto con la signora, questa volta inquadrandola come badante. Considerando le nove ore che la persona assistita trascorreva al centro Alzheimer, la badante lavorava due ore al giorno. Indagando si è scoperto, inoltre, che quando era sola in casa la signora ‘arrotondava’ tagliando i capelli ai suoi connazionali”. La causa si è conclusa con un’ammenda di 5.000 euro da pagare alla signora “perché il datore di lavoro l’aveva registrata come badante a persona autosufficiente anziché non autosufficiente”.Il datore di lavoro non è un imprenditore
La causa di De Luca è un’eccezione e nella maggior parte dei casi le sentenze si concludono a favore del lavoratore e possono essere anche molto salate. ‘Colpa’ della disinformazione – o superficialità - del datore di lavoro, ma anche di un sistema burocratico che considera chi assume quasi un imprenditore in grado di districarsi tra contributi, casse previdenziali, permessi, ferie, malattia e buste paga.
Un milione di colf e badanti
Il problema riguarda circa un milione di persone, ma la tendenza è al rialzo a causa soprattutto dell’invecchiamento della popolazione con almeno 75 anni, che ad oggi rappresenta l’11% del totale. E secondo i dati Inps, da qui al 2030 l’Italia avrà bisogno del 25% di badanti in più. Nel 2015 risultavano assunti 886.125 di lavoratori domestici, con un volume di spesa a carico delle famiglie di circa 7 miliardi di euro l’anno, di cui 947 milioni versati allo Stato e 416 milioni in Tfr. E seppure nell’ultimo anno si sia registrato un lieve calo (-2,3%) il numero complessivo è cresciuto del 42% dal 2007.
Chi sono e da dove vengono i lavoratori domestici
Quello dei lavoratori domestici è un esercito guidato per lo più da donne – sono l’87% -, impegnate per il 42,4% come badanti e per il 57,6% come colf. Secondo il rapporto della Fondazione Moressa “Osservatorio sui lavoratori domestici”, basato sui dati “Inps”, “Istat” e “Domina - Associazione nazionale famiglie datori di lavoro domestico”, il 60% delle lavoratrici ha tra i 40 e i 60 anni.
Da dove vengono:
- il 60,5 arriva dall’Europa dell’Est (soprattutto dalla Romania)
- il 17,1 dall’Italia
- il 9,1 dall’Ucraina
- il 6,6% dalle Filippine
- il 6,2% dalla Moldavia
Va considerato che negli ultimi anni è cresciuta la percentuale di lavoratrici domestiche italiane, soprattutto a causa della crisi che vede le donne entrare o rientrare nel mercato (nel 2008 erano il 9%, nel 2015 il 19%). Di pari passo è scesa, invece, del 14% rispetto al 2008 la percentuale delle donne dell’Est.
La metà delle colf e badanti lavora al Nord, ma con cospicua presenza anche a Centro e Sud, dove il lavoro domestico va a sostituire soprattutto le carenze dei servizi assistenziali e sanitari.
Infine, i lavoratori conviventi rappresentano il 35% del totale, di cui solo il 10% è rappresentato da italiani. Il motivo è dovuto al fatto che è molto più probabile che abbiano una famiglia o una casa rispetto agli stranieri.
Come funziona il contratto collettivo
Il contratto collettivo che regola il lavoro di colf e badanti “è il quarto più usato in Italia, e coinvolge 2 milioni di soggetti tra datori di lavoro e lavoratori”, spiega De Luca. “L’ingresso nel mondo del lavoro avviene per passaparola, per rescindere un contratto basta un preavviso di 15 giorni e, per legge, il rapporto può essere stipulato anche verbalmente”. Tuttavia, avverte l’avvocato, “è sempre meglio regolarizzare il lavoratore, per una questione di civiltà ma anche - egoisticamente – di tutele”. Eppure in Italia il 50% di colf e badanti lavora ancora in nero e “nel milione di contratti regolari, una buona percentuale è grigia per via di sconfinamenti in varie categorie, ore di straordinario non retribuite”. Con il risultato che “la maggior parte dei rapporti di lavoro si chiude con una vertenza da parte dei lavoratori i quali, una volta ottenuta la liquidazione, presentano una richiesta di differenza retributiva. Chi ha buste paga, contratti e prove, ha tutti gli elementi per difendersi”.
Privacy, costi e tempo libero, ecco i fattori che rovinano i rapporti (di lavoro)
I datori di lavoro soffrono per la condivisione forzata degli spazi, i lavoratori per la mancanza di tempo libero a discapito della vita personale: sono solo alcuni dei problemi lamentati dalle due parti all’associazione Domina che ha fornito all’Agi un’anteprima del nuovo rapporto sullo stato di salute del contratto collettivo in uscita tra qualche settimana. Il datore di lavoro risente della mancanza di competenze amministrative / burocratiche che riguardano il contratto di lavoro, la gestione delle buste paga, il TFR, i contribuiti, ecc. E lamenta elevati costi di gestione (salario, tasse e contributi, vitto, alloggio, servizi aggiuntivi – telefono, internet, ecc.). Tra le altre cause di disagio colf e badanti denunciano, invece, un eccesso di mansioni, spesso oltre quanto stabilito e che prevedono anche una gestione amministrativa o medica. Ed è proprio su questo, sulle differenze di retribuzione tra le ore di lavoro effettive e quelle denunciate, insieme al mancato versamento di contributi, che vertono la stragrande maggioranza delle cause.
I cinque consigli per mettersi al riparo da vertenze
Il buon esito di un rapporto di lavoro è indispensabile fin dalla sua impostazione. Stipulare un contratto, mettere nero su bianco diritti e doveri del lavoratore, pagare i contributi non solo aiuta a impostare un rapporto di reciproca fiducia ma mette al riparo da possibili vertenze. Ecco cinque consigli per mettersi al riparo da una causa legale, secondo l’avvocato De Luca:
- Capire qual è lo stato di necessità: ho bisogno di una colf? Di una badante? La persona assistita è autosufficiente? La maggior parte delle vertenze riguarda lo sconfinamento da un inquadramento a un altro.
- Informarsi e studiare il contratto collettivo, i minimi retributivi, le ferie e la malattia. Nel momento in cui si assume una lavoratrice domestica si diventa datori di lavoro, con tutti gli oneri in capo e quindi gestire il rapporto di lavoro.
- Scrivere un contratto e dichiararlo all’Inps. Il lavoro domestico, per legge, può essere instaurato verbalmente. Ma laddove è chiaro quale sarà la mansione, quali le ferie, cosa succede in caso di malattia, il rapporto tra lavoratore e datore di lavoro è più limpido e franco.
- Fornire la busta paga: non sono obbligatorie per legge, sebbene il contratto collettivo lo indichi. La busta paga riassume tutte le condizioni economiche del lavoro. In più insieme al contratto garantisce al tutela piena al datore di lavoro. Si ha il dettaglio della malattia, straordinarie, ferie.
- Pagare i contributi sull’effettivo orario lavorativo, e non trascurare la Cassa malattia. Il bollettino da pagare che l'Inps invia al datore di lavoro prevede solo i contributi previdenziali, tuttavia il contratto collettivo nazionale prevede all’articolo 52 anche il pagamento della Cassa malattia attraverso i Maf dei contributi previdenziali. Quando la lavoratrice va a richiedere dei rimborsi alla Cassa e non trova i versamenti iniziano i problemi.
Mai più “colf-fai-da-te-so-tutto-io”
Oltre ai 5 consigli ‘aurei’, è importante non cadere negli errori del “colf-fai-da-te-so’tutto-io”, come lo definisce – con un pizzico di ironia – il blog “Colf in Casa”. Il "colffaidateso’tuttoio", si legge in un post - ha delle frasi tipiche che compongono il suo schema di pensiero:
- “Cosa ci vuole a gestire un rapporto con la colf, governante, babysitter? Ci penso io, sono bravo ad usare il computer e internet”.
- “Posso non fare la busta paga” [esatto, è tecnicamente vero. Ma il calcolo della busta come lo fa, a spanne?]
- “I contributi si possono calcolare da soli sul sito inps” [dipende che dati di riferimento vengono indicati per il calcolo. Se sbaglia, il conteggio viene errato]
- “Posso scaricare gratis il contratto da internet” [ci sono fac simili orribili: si serva pure!]
- “Per le norme e la retribuzione guardo su internet” [ Dove guarda, cosa consulta, sono informazioni aggiornate?]
- “La comunicazione di denuncia del rapporto all’inps è facile”[ci provi, se ha tempo ed è bravo su internet]
- “Ci penso io a fare le altre comunicazioni e dichiarazioni”[Urca! Buona fortuna.]
“Nel caso del “colf-fai-da-te” – mette in guardia l’autore del post - è solo questione di capire quanto la bomba esploderà. Perché un ‘esplosione, grande o piccola, ci sarà”.