La prossima volta che vi chiederete perché la cultura delle startup in Italia fa così fatica ad essere compresa, rileggetevi quello che in questi giorni hanno scritto alcuni esperti italiani del settore sul caso Mosaicoon.
Rileggetevi gli insulti. Rileggetevi gli sfottò dei “colleghi” imprenditori al fondatore dell’azienda. Rileggetevi soprattutto la ferocia di chi, tra questi, non è riuscito a fare molto da imprenditore ma dispensa lezioni di sociologia politica, business plan e visioni dal mondo dell’infosfera. Non sarà certo l'unica causa, ma aiuteranno a capire un attimo il quadro.
Rileggetevi anche le analisi di quelli che hanno messo alla gogna dei social uno che a 36 anni si è trovato costretto a chiudere un’azienda dopo averla messa su a 26 e tenuta per 10 anni, ricordandogli gli errori commessi, le ingenuità magari, schernendone il sorriso quando tutto gli girava bene.
Rileggetevi le critiche alle sue parole quando ha ammesso di aver commesso degli errori e che gli sono costati caro. Non sorvolate come se fossero nulla le frasi di chi gli ha dato del colluso con i poteri forti, dello sfruttatore, dell’imprenditore da nulla pompato dai media, del privo di scrupoli per aver fallito lasciando senza lavoro i suoi dipendenti.
Rileggetevi tutte queste frasi, queste pensose e verbose analisi, questi pensieri profondi fatti da chi parla di startup, scrive di startup, vende libri e click alle startup, va alle conferenze di startup a parlare di cultura del fallimento, che lo stigma no, è solo arretratezza culturale italiana, di mindset di metodo lean da acquisire e diffondere.
Rileggetevi con attenzione i peccati che vengono imputati al fondatore. Soffermatevi su quello più classico di tutti: il suo rapporto con i media. Notate poi le accuse fatte ai giornalisti, colpevoli di aver pompato e non previsto - complotto! - il fallimento di una realtà che adesso loro non possono certo dire di aver predetto, ma silenziosamente previsto, loro si, i veri esperti. E se nessuno sapeva che loro sapevano, beh la colpa è nostra che non glielo abbiamo mai chiesto.
Ricordatevi di chi ha usato il fallimento di un’azienda per darsi un tono. Perché un conto sono le opinioni, che sono sempre legittime, un altro è titillare gli istinti più bassi per cercare credito. E dopo che avete riletto e ricordato, magari, augurate loro di non fallire mai.
Ps. Poi, se volete, leggetevi il commento di una persona tra le più autorevoli in Italia in questo piccolo settore. È Marco Trombetti, numero uno di Pi-Campus e fondatore di una startup vera, Translated. Nel mare di fango circolato in questi giorni forse vi saranno sfuggite.
"Grazie a Ugo e tutto il team di Mosaicoon per il lavoro fatto e il contributo dato alla Sicilia. Spero che dall’esperienza fatta ne nasca una nuova, più forte e più nuova. Invito il team a guardare quali posizioni aperte ci sono a Pi Campus, per noi la vostra esperienza è valore".
Twitter: @arcangeloroc