Il ruolo delle startup per il rilancio industriale di Roma. Italia anno zero, finalmente
Nel "Piano industriale per Roma" le startup e il digitale hanno un ruolo centrale. Forse è il decisivo cambio di approccio delle istituzioni verso chi fa innovazione. Italia anno zero, qualche anno dopo.

Nella tarda serata di martedì 17 ottobre il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda ha twittato quello che con regione e comune ha nominato il ‘Piano industriale per Roma’. Spulciando il programma (qui una sintesi) sorprende la centralità che startup e digitalizzazione delle imprese hanno in questo programma che, ricordiamo, ha l’obiettivo titanico di raddrizzare le sorti (industriali e sociali) di Roma. Credo la prima volta in modo strutturato.
Sul sito del @MinSviluppo la presentazione del Piano Industriale "Sviluppo Capitale" https://t.co/wyYTqbOZVd pic.twitter.com/oVxPM4WRVe
— Carlo Calenda (@CarloCalenda) 17 ottobre 2017
Nel documento, 33 pagine, il termine startup è presente 9 volte. In quasi tutti i 5 pilastri per il rilancio economico della capitale c’è in qualche modo il ruolo delle startup, o dell’ecommerce (termine che compare 4 volte) o dei fondi di venture capital (3 volte). In questi ‘fattori’ è vista spesso la chiave per il rilancio delle imprese e della produzione romana. Con un ruolo determinante in fase di costruzione del tessuto imprenditoriale innovativo dato a Lazio Venture (qui ne abbiamo spiegato il funzionamento e sentito i suoi principali promotori).
Le startup diventano un motore dell'economia
Il fatto che le startup siano pensate nel testo non come uno slogan ma come uno dei boost possibili dell'economia, a tratti come strumento necessario per rimediare alla desertificazione industriale della Capitale, sembra un netto cambio di passo nel ruolo che la politica e le istituzioni hanno finora dato a chi fa innovazione. D'altro canto negli ultimi mesi sia Mise che Campidoglio e Regione si sono mosse in questo senso. Piccolo recap:
- Calenda ha parlato in più occasioni di quanto sia necessario un cambio di passo dopo 5 anni di policy per le 'startup innovative', di mettere fine cioè ai "finanziamenti a pioggia" e privilegiare una crescita più strutturata coinvolgendo il venture capital e cassa depositi e prestiti (Agi, 21 aprile)
- A Roma l'assessore allo sviluppo economico Adriano Meloni si è fatto promotore di una Roma Venture Agency (AGI, 21 giugno), una cabina di regia comunale che dovrebbe coordinare gli attori dell'innovazione romani per promuovere le startup all'estero, e attrarre investimenti.
- La regione dal canto suo con Lazio Ventures ha portato qualcosa di innovativo nelle strategie di investimento pubbliche in Italia: un fondo di fondi, per muovere 100 milioni in investimenti grazie all'esperienza di investitori istituzionali (Agi, 16 ottobre)
Qualcosa sta cambiando
6 anni fa, quando chi scrive si cimentava cominciava a scrivere di questi temi, parlare di startup era poco più (o forse solo) scrivere di storie di giovani che con un'idea e un computer vogliono cambiare il mondo. E così è stato per un bel periodo in Italia (e spesso succede ancora). Mentre nel resto del mondo già si c'erano Uber, Saleforce, Airbnb, Snap, Tesla, Spotify, Blablacar, noi le startup erano un fenomeno ancora naif, scollegato dal mondo reale, quello delle imprese e del manifatturiero che erano e sono ancora il motore economico del Paese. Le startup erano relegate nel 'virtuale', nello strano e impossibile, qualche storiella, che se ben raccontata poteva diventare una copertina. Magari un film.
Oggi il virtuale pare abbia bussato alle porte del reale, pretendendo realtà. E l'ha ottenuta. Italia anno zero. Finalmente.
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