Era da un po’ che non si sentiva un politico parlare di startup. Precisamente, se la memoria non mi inganna, l’ultima volta è stata quasi un anno fa, quando l’allora presidente del Consiglio Matteo Renzi presentando il suo piano sicurezza, aveva detto: “Per ogni intervento sulla cybersecurity deve crescere una startup”. Da allora quasi nessuna menzione al tema, che di sicuro non è di quelli che scaldano l’opinione pubblica.
Ci ha pensato Giuliano Pisapia a rispolverare il termine. Lo ha fatto lunedì 3 luglio alla presentazione del Rapporto sulla città Milano 2017 alla Fondazione Ambrosianeum. L’ottimismo sul tema dell’innovazione, mai cambiato nei discorsi politici dal 2012 (anno del lancio della prima policy nazionale sulle startup con il ministro Corrado Passera) ad oggi, è però un po’ scemato. Pisapia ha guidato la città che sicuramente è tra gli hub dell’innovazione più prolifici d’Italia, insieme a Roma, eppure non ha potuto fare a meno di notare un aspetto. Qui la sua frase precisa:
Pisapia ha ragione sui dati, forse anche troppo ottimista
Ascoltandole non ho potuto fare a meno di notare da un lato che di startup si è tornato a parlare, ma che oggi, 5 anni dopo, lo si fa con un atteggiamento più disilluso. 5 anni d'altro canto sono tanti, e in qualcosa in più si poteva sperare. Facendo un minimo di fact checking Pisapia ha ragione: i dati del ministero dello Sviluppo economico dicono che le startup (innovative, quelle cioè iscritte al registro ministeriale) in Italia danno lavoro a 35 mila addetti, una media di 4 persone persone per azienda. 3 in media sono i founder. Quindi solo un posto in media viene creato (7mila posti di lavoro quindi, Exor ne ha 300mila, Eurospin 9,5 mila). E comunque mi è difficile annoverare i 3 founder come posti di lavoro creati, considerato che il fatturato medio di una startup italiana è nell'ordine dei 100mila euro, 4 su 10 fanno utili, e quasi nessuna fallisce (8%).
Qualcosa è cambiato quando la politica parla di startup
Un cambio di segno che va al passo con i tempi. Gli investimenti in startup nell’ultimo semestre sono calati per la prima volta dal 2014 almeno. 75 milioni, o giù di lì (forse più bassi, perché i 14 milioni di Satispay, il round più corposo del 2017, non sono ancora stati del tutto raccolti e non si sa quanti siano in effetti). Le parole di Pisapia forse mettono un po’ in ombra il futuro luminoso che l’innovazione ha promesso negli ultimi anni. Non è un bene, ma purtroppo è la verità. Ed è un sentire piuttosto comune anche nella comunità degli innovatori italiani, ve lo posso assicurare. Resta solo una domanda: quando cominceremo a fare sul serio?