Perché il suicidio di Cassini è l'unico modo per evitare un catastrofe
La sonda precipiterà verso Saturno per autodistruggersi e non inquinare, così, il delicato equilibrio di una delle sue lune

Il prossimo 15 settembre, i tecnici della NASA riceveranno l'ultimo segnale dalla sonda Cassini-Huygens, il saluto finale inviato proprio mentre starà compiendo il tuffo suicida nel cielo di Saturno.
Un sacrificio che si è reso necessario proprio a seguito del grande successo della missione. Grazie all’enorme mole di dati trasmessi, oggi sappiamo molto di più sul “Signore degli anelli” e sulle sue lune. In particolare Cassini ha scoperto un oceano di acqua liquida sotto la superficie gelida di Encelado che, insieme a Titano, è una delle lune più importanti di Saturno.

Cassini è stata intenzionalmente messa in rotta di collisione con l’atmosfera del pianeta proprio per prevenire un possibile inquinamento della coltre ghiacciata di Encelado e, soprattutto, dell’oceano di acqua salata che potrebbe ospitare forme di vita aliena. La sonda, costruita grazie alla collaborazione fra americani ed europei (NASA, ESA, ASI), è infatti alimentata da generatori elettrici che utilizzano isotopi radioattivi e che, nella malaugurata ipotesi di uno schianto sulla superficie della luna, sarebbero in grado di sciogliere la calotta di ghiaccio e di contaminare le acque sottostanti.
Piuttosto che correre questo rischio, finché la sonda è ancora controllabile, si è preferito anticiparne la fine, ponendo Cassini su una traiettoria che l'ha spinta sempre più verso Saturno e lontano da Encelado.
Partita nell'ottobre del 1997, Cassini ha impiegato sette anni per raggiungere la sua meta. Non è stato un volo diretto ma una traiettoria complessa che l'ha portata prima verso l'interno del sistema solare, vicino a Venere e alla Terra, per sfruttarne la gravità e per guadagnare la velocità necessaria per raggiungere le orbite più esterne. Così ha sfiorato Giove per arrivare, finalmente, in orbita intorno a Saturno. Là è rimasta per 12 anni, fornendo immagini ravvicinate dei magnifici anelli, delle lune già note e di altre fino a quel momento sconosciute.
Ma l'impresa forse più spettacolare è stata la discesa del lander Huygens sulla superficie di Titano: era la prima volta che un veicolo terrestre scendeva sulla superficie di un satellite di un altro pianeta. Per oltre 2 ore, la mini-sonda è scesa con un paracadute nella fitta atmosfera di Titano trasmettendo dati verso Cassini che li faceva rimbalzare verso la Terra, distante oltre un miliardo e mezzo di chilometri. Quando finalmente ha raggiunto la superficie, ha inviato immagini per oltre un’ora, rivelando un panorama del tutto imprevisto. A differenza della gran parte dei satelliti, ivi compresa la nostra Luna, Titano non presentava crateri né montagne ma terreni piatti solcati da fiumi e bagnati da laghi.

Ma non poteva essere acqua liquida alla temperatura di quasi 200 gradi sottozero! Si trattava infatti di fiumi e laghi di metano liquido, probabilmente alimentati da mari sotterranei attraverso un meccanismo di crio-vulcanesimo, cioè eruzioni fredde che, invece della lava, fanno fuoriuscire materiali come acqua o metano.
Nel caso di Titano non c’era stata alcuna preoccupazione che la sonda Huygens potesse contaminare la superficie di Titano, perché non c’erano informazioni che facessero pensare alla presenza di metano e idrocarburi. Oggi, proprio grazie alle scoperte di Cassini- Huygens, sappiamo che Encelado e Titano potrebbero avere condizioni favorevoli per la vita, anche se potenzialmente diversa da quella che conosciamo sulla Terra. Ecco dunque la ragione di un atteggiamento più “responsabile” nei confronti di queste due lune.
Va precisato che la “protezione planetaria” funziona in entrambe le direzioni: la probabilità di infettare un altro mondo con i microbi dalla Terra non è diversa da quella di portare a casa micro-organismi extraterrestri su un veicolo spaziale di ritorno. Alcuni scienziati sostengono che elementi biologici potrebbero essere passati da un pianeta all’altro, sfruttando meteoriti e comete, e quindi non ci sarebbe motivo di preoccuparsi.
Tuttavia, la prudenza in questo caso è d’obbligo e il “principio di precauzione” adottato per Cassini sarà ripetuto anche per le future esplorazioni, a cominciare da quella della sonda Juno, che terminerà in modo analogo la sua missione intorno a Giove.
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