I falchi giapponesi hanno sviluppato un rapporto privilegiato con gli asteroidi che popolano il nostro sistema solare grazie all’utilizzo della propulsione elettrica ad alta efficienza coniugata con una estrema precisione di navigazione interplanetaria.
Hayabusa 2 (falco, appunto) è riuscito a compiere una complicata manovra di avvicinamento con touch-down dell’asteroide Ryugu. Nel momento di massimo avvicinamento quando la protuberanza stile proboscide della sonda ha toccato la superficie, è stato sparato un piccolo proiettile al fine di fare sollevare una nuvoletta di polvere, parte della quale si sarebbe dovuta infilare nella proboscide.
La sonda che fa tutto da sé
La sonda ha dovuto sbrigarsela da sola perché si trova a 19 minuti luce dalla Terra (e dal centro di controllo) e i controllori non hanno potuto fare altro che leggere le informazioni che ricevevano ed esultare quando hanno capito che la sonda aveva toccato l’asteroide la cui superficie coperta di massi aveva reso difficile la scelta del punto migliore per l’avvicinamento. Era da ottobre che Hayabusa 2 studiava Ryungu, anche con l’ausilio di piccoli robot che aveva lasciato cadere sulla superficie.
Una proboscide a caccia di memoria
Al centro di controllo non sanno se e quanta polvere sia stata catturata, ma il piano prevede che Hayabusa 2 ripeta la manovra per altre due volte per avere una ragionevole certezza di avere raccolto qualche grammo di materiale che racchiude in sé la memoria della formazione del sistema solare. Gli asteroidi, infatti, sono avanzi della formazione dei corpi del sistema solare e non hanno subito processi di riscaldamento e raffreddamento che hanno modificato la composizione e la struttura del materiale dei pianeti.
Una volta finita la fase di raccolta, il materiale verrà chiuso in un contenitore ermetico e la sonda riprenderà la strada di casa e, al momento giusto, il contenitore verrà espulso in modo che atterri nel deserto dell’Australia.
Il volo del primo 'Falco'
E’ la stessa procedura seguita per il primo Hayabusa, la cui missione era stata molto più avventurosa di quella attualmente in corso. Partito nel maggio 2003 all’inseguimento dell’asteroide Itokawa, ha avuto un serie di incidenti di percorso. Prima un brillamento solare molto intenso ha rovinato i pannelli solari, diminuendo l’energia disponibile per la gestione della missione, poi si è incastrato uno dei 4 motori a ioni, diminuendo la spinta disponibile.
Arrivato ad Itokawa, la missione ha fatto due tentativi di atterraggio (il 19 e 25 novembre 2005) per raccogliere campioni sempre con il metodo del proiettile e della nuvoletta di polvere. Il primo non è riuscito mentre il secondo lasciava qualche speranza. All’inizio del viaggio di ritorno la sfiga ha colpito ancora e Hayakusa ha iniziato a rotolare fuori di controllo. Così facendo i suoi pannelli solari non sono più stati rivolti verso il sole, le batterie non si sono caricate e le comunicazioni con la stazione di terra sono cessate. La missione era stata data per perduta.
Un mese dopo, però, la missione, zoppicante ma ancora attiva, si è fatta viva. I controllori increduli l’hanno rimessa in traiettoria per il rientro del suo carico nel deserto australiano. Non si sapeva cosa contenesse la scatola ermeticamente sigillata ma l’eroica sonda non ha deluso i suoi fan. La raccolta era stata molto scarsa, pochi granelli, ma sufficienti per fare scomodare il Ministro dell’Istruzione e Ricerca Scientifica del governo giapponese che ha convocato una conferenza stampa per annunciare che i microscopici granelli trovati nei contenitori della missione Hayabusa provengono davvero dall’asteroide Itokawa. L’analisi della loro composizione non lascia dubbi, il rapporto tra Ferro e Magnesio non è quello delle rocce terrestri, con le quali è venuta in contatto la sonda durante la costruzione, il lancio e l’atterraggio.
Per Hayabusa 2 si spera in una raccolta molto più ricca, addirittura 10 grammi di materiale. Chissà quali segreti riveleranno.