Il Sole sta godendo di straordinaria attenzione da parte degli scienziati.
Da pochi giorni è entrato in funzione un nuovo telescopio solare capace di fornire immagini di alta risoluzione della “superficie” del Sole. Ho messo superficie tra virgolette perché il Sole è una palla di gas e non ha una vera superficie. Piuttosto quello che vediamo è l’ultimo strato del gas, quello dal quale i fotoni della luce riescono a propagarsi. I fotoni emessi negli strati più bassi vengono assorbiti perché il gas del Sole è opaco.
Il telescopio che ha catturato l'immagine del Sole
Il nuovo telescopio è stato costruito a oltre 3.000 metri di quota in cima al vulcano Haleakala sull’isola di Maui, alle Hawaii. Si chiama Daniel Ken Inouye Solar Telescope (Dkist) e ha uno specchio di 4 m di diametro, molto più grande degli specchi di tutti gli altri telescopi solari già in funzione, che si fermano a 1,5 m di diametro. Si capisce, quindi, che Dkist veda meglio di tutti gli altri strumenti e sia capace di cogliere dettagli che fino ad oggi erano irraggiungibili.
Nei telescopi solari, però, avere un grande specchio primario implica un altrettanto grande problema di raffreddamento. Bisogna evitare che la luce del Sole riscaldi troppo gli strumenti. A questo fine, è stato realizzato un sistema di raffreddamento molto complesso che si sviluppa lungo 10 km di tubature che fanno circolare liquido raffreddante. La sorgente del freddo è il ghiaccio che viene prodotto in loco durante la notte in un ecologico circolo virtuoso.
La fisica dietro quell'immagine
La foto del Sole a macchie, prodotta da DKist, ha fatto il giro del mondo. E’ bellissima e suggestiva, ma non è una novità. Nel Sole, come in tutte le stelle che gli assomigliano, l’energia viene trasportata verso la superficie grazie a fenomeni convettivi concettualmente simili a quello che vediamo accadere in una pentola d’acqua in ebollizione. L’energia prodotta dal nucleo del Sole, dove è in corso la fusione nucleare dell’idrogeno che si trasforma in elio, viene trasportata verso la superficie in bolle di gas (ovviamente caldissimo) che salgono in colonne convettive che conferiscono alla superficie un look maculato in continuo cambiamento.
Mentre il gas caldo sale ( e si raffredda), quello più freddo (più scuro proprio perché meno caldo) scende lungo i corridoi scuri che separano i “granuli” caldi e brillanti che hanno dimensioni di migliaia di km. Attraverso queste immagini si vuole fare una mappa del campo magnetico del Sole, il dominatore che governa l’attività della nostra stella. Dalla superficie si vuole passare alla corona solare, dove avvengono le esplosioni (chiamate Coronal Mass Ejection) che possono avere ripercussioni sulla Terra.
Dkist vuole contribuire allo studio dello Space Weather, il tempo nello spazio, sempre più importante per la nostra società tecnologica che dipende dall’uso continuo di satelliti la cui incolumità può essere messa in pericolo da tempeste solari particolarmente violente.
E’ una disciplina che sta crescendo rapidamente anche grazie a osservazioni dallo spazio sia effettuate con satelliti in orbita (o posizionati non lontano) della Terra, sia effettuate nelle immediate vicinanze del Sole.
Il Parker Solar Probe della NASA è stata la prima sonda ad arrivare vicina al Sole: questo significa che per la prima volta nella storia abbiamo informazioni dettagliate alla partenza sul vento solare e sulle particelle che lo compongono. Le sorprese non sono mancate e il commento più bello è venuto proprio dal Prof. Eugene Parker, un vivace novantenne che ha dichiarato:
Non posso dire altro che “wow”. E non sono sorpreso dei risultati imprevisti. Come sempre, quando una missione spaziale arriva in un punto inesplorato, scopriamo qualcosa di incredibile che non ci aspettavamo. Sono davvero emozionato perché lo spazio interplanetario è pieno di attività di cui non sapevamo niente.
Infine anticipo che presto la sonda Parker non sarà più sola. L’8 febbraio è previsto il lancio della missione europea Solar Orbiter che, dopo un tortuoso viaggio, si affiancherà virtualmente al Parker Solar Probe per studiare da vicino la nostra stella preferita.
Entrambe le sonde devono gestire condizioni termiche spaventosamente difficili, ma ne vale la pena.
Non dobbiamo mai dimenticare che noi viviamo con una stella che, qualche volta, ha un comportamento tempestoso. Niente di drammatico, intendiamoci. Tuttavia, dal momento che la nostra vita dipende dal Sole, meglio cercare di approfondire la conoscenza (anche per evitare spiacevoli sorprese).