Al G7 si è parlato di spazio. È la prima volta che succede e questo è una testimonianza di quanto lo spazio sia strategico per la nostra società. Tuttavia non è questa la vera notizia. La cosa che va sottolineata è una nuova coscienza della necessità di estendere il concetto di sviluppo sostenibile anche in ambito spaziale proteggendo le orbite terrestri dal sovraffollamento.
In una dichiarazione ufficiale, i capi di governo di Canada, Francia, Germania, Giappone, Inghilterra, Italia, Stati Uniti, e Unione Europea hanno dichiarato: "We are committed to the safe and sustainable use of space to support humanity’s ambitions now and in the future" (Ci impegniamo per un uso sostenibile dello spazio per preservare le ambizioni dell’umanità oggi e in futuro).
E hanno continuato: "We recognise the growing hazard of space debris and increasing congestion in earth’s orbit" (Riconosciamo il pericolo crescente dei detriti spaziali e della crescente congestione delle orbite circumterrestri).
È una dichiarazione molto importante che speriamo ponga le basi di una regolamentazione dell’utilizzo delle orbite circumterrestri che, oltre ad essere già popolate da decine di migliaia di detriti spaziali (costituiti da satelliti spenti, pezzi di lanciatori e un’infinità di piccoli detriti prodotti da esplosioni volontarie e non che sono avvenute in orbita) saranno il campo d’azione di quasi centomila satelliti che vogliono coprire ogni angolo della Terra per fornire il servizio Internet globale.
Space X, che è stato il primo a partire e ha già messo in orbita più di 1.700 satelliti Starlink, ha l’autorizzazione a lanciare 12 000 satelliti (che potrebbero lievitare a 42.000). Il secondo operatore che ha già iniziato i lanci è OneWeb, che originariamente pianificava un costellazione di 650 satelliti, ma ora dice di volerne lanciare 6300, poi bisogna considerare i 3200 del progetto Kuiper di Amazon, i 4700 della Samsung, i quasi 3000 della Boeing, oltre ad un numero imprecisato delle costellazioni russe e cinesi.
Si prospetta un futuro con orbite trafficatissime, cosa che, tra l’altro, amplifica la possibilità di collisioni tra satelliti con effetti a catena a dir poco preoccupanti. Infatti, in caso di collisione, si forma una nube di detriti che continuerà a percorrere la stessa orbita del satellite originale moltiplicando le probabilità di altri impatti. Si chiama sindrome di Kessler dallo scienziato che l’ha studiata per primo. Nonostante l’apparente vastità dello spazio circumterrestre, sappiamo che la probabilità di collisione già oggi non è nulla.
La Stazione Spaziale Internazionale ogni tanto deve effettuare manovre per schivare oggetti che potrebbero avvicinarsi troppo, ma ogni tanto qualche piccolo detrito sfugge alla rete di sorveglianza e fa piccoli danni, come è successo di recente al braccio robotico dove è stato notato un buchetto rivelatore di un impatto.
Riconoscere la fragilità delle orbite circumterrestri è il primo passo verso una politica di protezione ambientale seguendo la United Nation’s Long Term Sustainability Guidelines per assicurare l’uso sostenibile dello spazio a beneficio di tutte le nazioni. Per arrivare a questo obiettivo occorre lavorare per la rimozione dei detriti dalle orbite, ma anche per migliorare le capacità di intervenire con operazioni di manutenzione dei satelliti in orbita per prolungare la vita, evitando di lanciarne altri. Accanto agli ovvi benefici economici, questo avrebbe un positivo impatto ambientale grazie alla riduzione dei lanci e del numero degli oggetti in orbita.
Inoltre, è necessario sviluppare regole comuni per evitare veri e propri ingorghi delle orbite più interessanti.
È questa la preoccupazione che emerge dalla dichiarazione di Simonetta di Pippo, direttore dello UN Office for Outer Space Affairs (UNOOSA) che si batte per evitare il Far West spaziale allo scopo di preservare l’ambiente spaziale per le future generazioni. Il compito è prima di tutto politico e deve essere condiviso a livello mondiale perché ciò che viene lanciato da una qualsiasi nazione poi sorvola il resto del globo e, in caso di problemi in orbita o di rientro incontrollato, può arrecare danni ovunque.
Il compito di coordinamento globale potrebbe essere svolto dallo United Nations Committee on the Peaceful Uses of Outer Space.
Speriamo che alle dichiarazioni seguano i fatti. Non dimentichiamo che moltissimi settori strategici della nostra civiltà tecnologica dipendono dall’utilizzo dello spazio che non è una risorsa infinita.