I corpi celesti emettono radiazioni che vanno ben oltre la luce visibile alla quale i nostri occhi sono sensibili (e la nostra atmosfera è trasparente). Poiché radiazione significa energia, gli addetti ai lavori parlano di radiazione di bassa energia (come le onde radio) oppure radiazione di alta energia (come i raggi X o i raggi gamma). Per studiare i fenomeni più energetici (a volte esplosivi e distruttivi) che avvengono nei corpi celesti, gli astrofisici sono particolarmente interessati alla radiazione più energetica dove viene incanalata la maggiore quantità dell’energia prodotta.
Per questo la comunità astrofisica italiana, da sempre leader mondiale nell’astrofisica delle alte energie, ha deciso di investire nella progettazione e costruzione di un nuovo telescopio dedicato alla studio della radiazione più energetica prodotta dai corpi celesti: i raggi gamma di altissima energia. Sono dei minuscoli miliardari astronomici, dal momento che ogni fotone gamma trasporta la stessa energia di un trilione di fotoni ottici. Proprio come i miliardari, però, sono pochi e per poterne raccogliere una quantità sufficiente in un tempo ragionevole si deve disporre di una grande area di raccolta.
Per nostra fortuna, i fotoni gamma non arrivano a terra perché vengono assorbiti dall’atmosfera. Questo ha fatto sviluppare l’astronomia gamma spaziale. Tuttavia. Gli strumenti in orbita non possono essere molto grandi e, quindi, non possono fornire l’area di raccolta necessaria per poter studiare i fotoni più energetici, e quindi più interessanti. Per questo si è pensato di usare l’atmosfera come un grande rivelatore andando a misurare quello che viene prodotto quando il fotone gamma interagisce con gli atomi dell’atmosfera e dà origine ad uno sciame di particelle e fotoni dal caratteristico colore bluastro.
Sono proprio questi fotoni blu, che si ricordano dell’energia e della direzione di provenienza del gamma originale che noi andiamo a studiare con dei particolari telescopi che prendono il nome di telescopi Cherenkov e sono capaci di vedere la scia di fotoni blu prodotti da un raggio gamma come illustrato nella figura.
(Immagine INAF Astri).
Da circa mezzo secolo i telescopi Cherenkov vengono costruiti nel modo più semplice: uno specchio grande e segmentato che focalizza l’immagine dei fotoni blu nel rivelatore. Questa configurazione funziona bene ma ha due svantaggi: il campo di vista è piccolo e il rivelatore è grande e pesante. Per ovviare a queste due limitazioni, noi abbiamo pensato di cambiare il progetto ottico aggiungendo un secondo specchio per rendere più compatto il telescopio e rimpicciolire il rivelatore mentre si ingrandisce il campo di vista.
La cura dimagrante per il rivelatore è impressionante: si passa da 2 tonnellate a 50 kg.
Il nostro telescopio si chiama ASTRI è tutto nuovo come progetto dell’ottica e come rivelatore. In effetti, si tratta di un concentrato di innovazione a cominciare dagli specchi esagonali che sostituiscono lo specchio primario che, con un diametro di 4 metri, è lo specchio più grande in operazione sul suolo italiano, ma non bisogna dimenticare che produce immagini gamma non ottiche (Il Telescopio Nazionale Galileo si trova alle Canarie che offrono un cielo di qualità migliore).
Il telescopio ASTRI-Horn si trova presso la stazione di osservazione dell'osservatorio astrofisico dell'INAF di Catania, a Serra La Nave, sull'Etna. È stato dedicato all’astronomo Guido Horn d’Arturo che è stato un pioniere nella tecnica degli specchi segmentati. Lo specchio principale tassellato ha un diametro di 4 metri e lo specchio monolitico secondario ha un diametro di 1,8 metri. (Immagine INAF Astri).
È stato costruito all’interno delle attività di INAF nell’ambito della partecipazione al progetto Cherenkov Telescope Array, ed è installato all’osservatorio di Serra la Nave nel Parco dell’Etna e quest’inverno l’abbiamo provato, scansando le nevicate e le eruzioni che l’Etna non manca di fornire.
Lo strumento, che - ripeto - è di nuova concezione, era ancora in fase di test ma non ha deluso le aspettative. Puntato verso la nebulosa del Granchio ha rivelato la sua emissione gamma. Il segnale è forte e chiaro come si vede dal grafico che mostra il conteggio dei fotoni rivelati quando si punta lo strumento verso la sorgente (in blu) e verso una regione diversa (in rosso).
(Immagine INAF Astri).
Non è una novità, la nebulosa è una sorgente ben nota, piuttosto è la prima conferma che il nuovo schema di telescopio e il nuovo rivelatore, insieme al nuovo software di analisi messo a punto dalla squadra INAF, funzionano molto bene. Il nostro approccio innovativo ha superato la prova. Possiamo quindi passare alla fase due che prevede di costruire dei cloni del nostro prototipo, al quale saranno apportati le migliorie che i test ci hanno indicato, per costruire una prima versione di osservatorio gamma che esplorerà il cielo delle altissime energie.