Marte torna a fare notizia con due risultati della sonda NASA Curiosity: uno è relativo allo studio dell’atmosfera del pianeta, l’altro del suolo.
Per cominciare, diciamo che Curiosity ha finalmente risolto il mistero del metano su Marte.
Qualcuno potrebbe chiedersi perché mai ci preoccupiamo del metano su Marte? Per l’ottimo motivo che, sulla Terra, una delle prove più convincenti della presenza di vita (animale e vegetale) è l’abbondanza di metano nell’atmosfera. Noi, le mucche, i campi di riso, i pozzi di petrolio siamo accumunati dalla capacità di produrre metano (che è un potente gas serra e la cui quantità sta crescendo di pari passi con quella dell’anidride carbonica).
Si capisce quindi la ragione dell’interesse per la misurazione di questo gas nella tenuissima atmosfera marziana. L’eventuale presenza di metano potrebbe puntare alla presenza di qualche tipo di vita batterica sul pianeta rosso. Negli ultimi 15 anni, i risultati sono stati altalenanti. Una modesta ma significativa quantità di metano è stata misurata dalla sonda europea Mars Express. Dapprima la misura non è stata confermata, poi è arrivata Curiosity che prima lo vede, poi non lo vede più, poi lo vede ancora. Era lecito chiedersi se fosse un fenomeno stagionale. Analizzando misure raccolte su 55 mesi (terrestri), pari a circa 3 anni marziani, Curiosity ha risposto che sì è un fenomeno stagionale e la concentrazione varia 0,2 a 0,65 ppb (parti per bilione, unità di misura per concentrazioni molto piccole).
Un’inezia rispetto alle 1.800 ppb che misuriamo nell’atmosfera terrestre, ma abbastanza per fare nascere domande sulla natura di questa presenza variabile. C’è qualcosa che rilascia metano durante l’estate marziana, quando le gelide temperature del pianeta si alzano un tantinello? Sono batteri che si svegliano oppure il metano viene liberato da clatrati idrati (si tratta di un reticolo formato da molecole di acqua che racchiudono molecole di gas intrappolato. Sulla Terra i clatrati idrati sono comuni nel permafrost e nel letto degli oceani)?
Ma le novità marziane non finiscono qui. Un altro strumento bordo di Curiosity ha portato a buon fine una ricerca iniziata da Carl Sagan negli anni ’70 con le sonde Viking: l’analisi del terreno di Marte alla ricerca di composti organici. Allora i risultati erano stati poco chiari, ma la domanda aveva continuato a mantenere il suo interesse.
Anche in questo caso Curiosity ha detto sì, i composti organici ci sono. Li ha trovati andando a bucare dei depositi superficiali di fango che si era accumulato miliardi di anni fa sul fondo del lago che riempiva il Gale Crater. Va detto che i composti organici sono i mattoni della vita ma non implicano la presenza di esseri viventi: il sistema solare (ed, in ultima analisi, l’Universo) sono pieni di molecole organiche.
Entrambi i risultati sono di grandissimo interesse per chi studia l’astrobiologia perché puntano ad un ambiente forse favorevole allo sviluppo della vita. Per saperne di più, occorre andare più a fondo. E’ quello che farà la trivella di ExoMars nel 2020.