Guardando le foto della superficie di Marte vediamo letti di fiumi e laghi asciutti che sono una chiara indicazione che su Marte scorreva acqua. Oggi questo non sarebbe più possibile perché la pochissima pressione esercitata dalla sottile atmosfera marziana farebbe evaporare l’acqua in superficie.
Quindi, all’inizio della sua storia, Marte, oltre ad avere acqua, aveva un’atmosfera, che poi gli è stata strappata dal vento solare, forse complice un campo magnetico che si andava via via indebolendo. Tuttavia è legittimo chiedersi dove sia finita tutta l’acqua che scorreva su Marte. È evaporata oppure è penetrata nel sottosuolo e, viste le temperature glaciali, si è trasformata in ghiaccio?
Già una dozzina di anni fa la sonda Mars Odyssey della NASA aveva fornito una mappa della frazione della componente acquosa del suolo marziano misurata attraverso i raggi gamma emessi dall’idrogeno colpito dai raggi cosmici.
La misura, che è sensibile alla presenza di idrogeno fino ad 1 metro di profondità, ha rivelato che, mentre tutta la zona equatoriale è decisamente secca (con componente acquosa ben al di sotto del 10%), mano mano che ci si avvicina ai poli la componente acquosa aumenta fino ad arrivare al 40%. Per avere un termine di paragone terrestre, un suolo argilloso contiene il 25% di acqua mentre ai poli la percentuale è ovviamente del 100%.
La misura non diceva però a che profondità era il ghiaccio e, pensando a potenziali astronauti, fa una bella differenza sapere quanto occorra scavare per trovare il ghiaccio che si può trasformare in acqua da bere, in ossigeno da respirare, in idrogeno per produrre energia nelle celle a combustibile oppure in carburante per tornare a casa.
Come si può misurare la profondità del ghiaccio?
La NASA ha pensato di sfruttare la diversa conducibilità termica del ghiaccio rispetto a quella del suolo marziano. Usando decine di anni di dati “termici” raccolti dalle sonde Mars Odyssey e Mard Reconnaisance Orbiter, che permettono di seguire l’andamento stagionale delle temperature del suolo, combinati con modelli sul trasporto del calore è stato possibile evidenziare che, in alcune regioni a latitudine medio-alta, il ghiaccio sarebbe facilissimo da raggiungere perché la sua firma si vede alla profondità di pochi centimetri. Giusto quel po’ di copertura che serve per proteggerlo ed impedirgli di sublimare nelle tenue atmosfera del pianeta rosso.
Le zone blu-violette di questo planisfero marziano sono quelle dove il ghiaccio è a meno di 30 cm di profondità mentre quelle giallo-rosse sono quelle dove si trova a più di 60 cm. Per contro le zone grigie sono povere di acqua e quelle nere sono molto sabbiose e non particolarmente adatte ad un ammartaggio.
Considerando che l’altimetria dell’emisfero Nord lo rende più adatto ad un possibile ammartaggio, lo studio ha individuato nella regione delimitata dalla linea bianca il luogo ideale per un possibile insediamento umano che potrebbe contare su ghiaccio a portata di mano. Si tratta della regione chiamata Arcadia Planitia situata tra l’imponente Monto Olimpus ed il polo Nord, come vediamo su questo globo marziano. Ai futuri astronauti non occorreranno complicate macchine. Basterà una pala.