La riforma dell'insegnamento, che reintroduce in modo specifico l'educazione civica nelle scuole elementari e medie, è stata approvata il 2 maggio alla Camera. L’iter non è ancora concluso, il provvedimento passerà ora all'esame del Senato.
Tra gli emendamenti ne è stato approvato uno che cancella alcuni articoli del Regio Decreto del 1928, ossia quelli che prevedono una serie di provvedimenti disciplinari nei confronti degli alunni: l'ammonizione, la nota sul registro con comunicazione scritta ai genitori, la sospensione (da uno a dieci giorni). L'esclusione dagli scrutini o dagli esami della prima sessione, l'espulsione dalla scuola con perdita dell’anno non verrebbero, dunque, più utilizzati come strumenti educativi, perché ritenuti obsoleti e anacronistici.
L’obiettivo principale di questo emendamento è quello di puntare a "rafforzare la collaborazione con le famiglie", estendendo alla scuola primaria il Patto educativo di corresponsabilità valido, al momento, solo per le scuole medie e superiori. È giusto abolire le sanzioni a scuola nella fascia d'età tra i 6 e i 10 anni? Abbiamo ben chiaro cosa accada realmente all'interno delle classi?
Molti insegnanti si sentono sviliti e sminuiti nella loro figura, perché oggi svolgere questa professione è estremamente difficile, si sentono bombardati su tutti i fronti e pressati da un sistema che non li mette in condizioni di svolgere il proprio lavoro.
Ma le note non sono una critica ai genitori
La nota può avere certamente anche una funzione pedagogica. È ovvio che le sanzioni, senza una spiegazione, restano fini a se stesse; tuttavia, è fondamentale che vi siano dei limiti e dei paletti ben chiari, sin da quando sono piccoli. Inoltre, la nota disciplinare non ha una funzione educativa solo per il bambino che la riceve ma anche su tutto il gruppo classe che osserva e apprende in maniera indiretta.
Oggi purtroppo le note disciplinari vengono spesso lette dalle famiglie come una critica al loro operato a una messa in discussione del loro essere genitori. Ci sono anche tante denunce ai carabinieri di genitori che si sentono offesi dalle note messe dagli insegnanti.
Ovviamente non sto parlando dei casi in cui il docente va oltre, in cui è lui ad essere violento nei confronti degli allievi e in cui abusa del suo ruolo. Io credo, inoltre, che si debba fare una distinzione tra note disciplinari, espulsione e sospensione.
È indubbio che quando si debba espellere un bambino dalla scuola primaria, o si arriva a sospenderlo, ci sia alle spalle del provvedimento disciplinare, un comportamento messo in atto dal bambino piuttosto grave, frutto di pregressi avvisi e convocazioni a scuola.
In questi casi, la tanto decantata alleanza delle due principali agenzie educative è venuta meno. Il provvedimento approvato alla camera, vorrebbe rinforzare questo ponte sempre più sgretolato che non collega più la famiglia con la scuola.
Eliminare le sanzioni disciplinari, servirebbe a rendere le famiglie più partecipi e più responsabili. A livello teorico è tutto molto bello, purtroppo credo che questo possa accadere solo nella scuola che vorrei, non nella scuola di oggi. C’è un muro veramente troppo compatto tra famiglie e scuola, c’è un vivere sul piede di guerra e uno scarico delle responsabilità.
Temo che ci possano rimettere i bambini che hanno sempre meno punti di riferimento stabili, sempre meno regole e quindi limiti e sempre meno paura, intesa come quella emozione in grado di far suonare un campanello d’allarme e di aiutare a mettere un freno per evitare le conseguenze delle proprie azioni. Stiamo assistendo ad un inarrestabile impoverimento della figura educativa e ad un rinforzo di disvalori e aggressività.
Non sono particolarmente d’accordo sull’abolizione della nota disciplinare anche perché se viene usato come strumento pedagogico e didattico, e non rimane fine a se stesso, ha un suo peso in termini educativi, senza creare traumi ai bambini.
Non è un’etichetta, non è un rimprovero al genitore, è una segnalazione, alla quale deve seguire un cambiamento.
Il senso della misura
I bambini di questa generazione sembra che non tollerino più neanche un minimo di frustrazione, che siano traumatizzati e traumatizzabili da tutto, quando il problema è spesso e volentieri degli adulti. La vita reale è fatta di voti, confronti, regole, limiti e sanzioni. Io credo che farli crescere senza una bussola in grado di dargli una direzione stia favorendo una normalità basata su comportamenti al limite e stia invertendo troppo la rotta.
Il fatto che i bambini sappiano che gli insegnanti hanno a disposizione degli strumenti correttivi, permette comunque di porsi dei limiti perché li aiuta a rendersi conto di quale sia la linea da non superare per evitare di incorrere nella sanzione. Li aiuta a definire il senso della misura e quindi anche a riconoscere i propri sbagli. Basti pensare all’infanzia di noi adulti, quante volte ci siamo messi un freno per paura delle conseguenze delle nostre azioni?
Vista anche l’invasione barbarica di genitori violenti nelle scuole, mi sembra che l’abolizione delle sanzioni disciplinari rappresenti anche una sorta di tutela per gli insegnanti, sempre più messi in discussione e spogliati dei ruolo formativo ed educativo, picchiati, malmenati, denunciati e accusati. In questo modo, secondo il mio umilissimo parere, non si favorisce l’alleanza tra scuola e famiglia, ma si crea una collisione con le dinamiche genitoriali sempre più deresponsabilizzanti, giustificative e iperprotettive.
Se scuola e famiglia riprendessero a parlare la stessa lingua ci sarebbero veramente meno problemi, ma questo ormai mi sembra quasi utopistico. Tra le parole e la realtà dei fatti c’è purtroppo un spazio a volte incolmabile. A livello teorico è tutto condivisibile, ma a livello pratico, rischiamo di togliere ulteriori limiti, e quindi confini, ai bambini e ai ragazzi, e di rinforzare questa sensazione di impunità che aleggia troppo nell’aria.