Con la pubblicazione da parte del Ministero della Salute del piano annuale di prevenzione e sorveglianza, a cui ha collaborato anche il Centro Nazionale Sangue, inizia la ‘stagione’ del virus West Nile, un patogeno di origine ‘esotica’, come suggerisce il nome stesso, ma che ormai da diversi anni ha trovato in diverse regioni italiane un habitat favorevole.
A dispetto dei titoli allarmistici che spesso campeggiano sulle testate, soprattutto locali, paventando l’arrivo di ‘zanzare killer’, si tratta di una infezione per lo più asintomatica, che diventa pericolosa di norma solo se il virus infetta una persona immunodepressa o già debilitata per altre patologie. Proprio per questo il sistema sangue italiano mette in atto ogni estate una serie di misure per minimizzare il rischio che vengano trasfuse sacche infettate dal virus, visto che molto spesso ad avere bisogno di trasfusioni sono proprio soggetti che ricadono in questa definizione.
Il sistema di sorveglianza si basa su una serie di campionamenti su animali portatori, cavalli e uccelli, e sulle zanzare del tipo culex, il principale vettore del virus. Se viene trovato un campione positivo tutti i donatori che hanno soggiornato nella provincia per almeno una notte vengono sospesi per 28 giorni, a meno che la loro regione di appartenenza non abbia deciso di effettuare il test NAT su tutte le sacche.
Questo test è molto sensibile, e come avviene per gli altri virus cercati nel sangue donato la sacca non viene utilizzata finché non si hanno i risultati dell’analisi. L’adozione ha permesso alle Regioni di evitare di sospendere un gran numero di donatori, eventualità che soprattutto nei mesi estivi può portare a gravi carenze di sangue.
Se si guarda ai numeri dello scorso anno si può dire che il piano ha funzionato. A fronte di 577 casi umani confermati di infezione da West Nile Virus (Wnv), una cifra insolitamente alta che ha seguito il trend degli altri paesi europei, 68 casi sono stati identificati in un donatore di sangue (30 Emilia-Romagna, 14 Veneto, 9 Piemonte, 11 Lombardia, 3 Friuli Venezia Giulia, 1 in Sardegna), e cosa più importante non ci sono state segnalazioni di trasfusioni con sangue infetto.
Una buona notizia, soprattutto perché il virus è destinato a rimanere e probabilmente ad ampliare il suo raggio d’azione oltre le 14 regioni già colpite dal 2008. Proprio per questo sarebbe auspicabile che sempre più regioni optassero per fare il test e non per la sospensione, per mettere al sicuro il sistema trasfusionale.