Davanti alle tragedie familiari si rimane inermi, sono drammi difficili da decifrare perché si tratta di comportamenti istintivi che si comprendono solo se vivono direttamente.
Siamo al cratere della Solfatara di Pozzuoli (Napoli) dove sono morti un padre, una madre ed figlio di 11 davanti agli occhi increduli del figlio più piccolo di 7 anni che ha assistito pietrificato non alla scena di un film ma alla distruzione della sua famiglia.
La tragedia dell’attimo di distrazione è il terrore di tutti i genitori, la paura che il figlio possa sporgersi da qualche parte e cadere, attraversare la strada, che gli possa accadere qualcosa in quell’attimo fatale è una delle paure più grandi di un padre e di una madre. Il figlio più grande, pre-adolescente, ha oltrepassato la recinzione della zona interdetta non si sa per quale ragione, i due genitori percependo l’immediato pericolo si sono fiondati su di lui per salvarlo, perdendo anche loro la vita. In quei momenti non c’è il tempo di pensare, di riflettere, di prendere una decisone, si agisce di istinto, non si può aggiungere altro. L’istinto ha per sua natura una componente innata, biologica, il genitore si prende cura dei figli, deve pensare alla loro sopravvivenza, alla loro tutela e protezione. Diventa un gesto quasi automatico che tante volte è costato la vita a chi è andato in soccorso a chi ne aveva bisogno.
Questa tragedia è accaduta davanti agli occhi del figlio più piccolo, un dramma improvviso, non preannunciato, in un momento di spensieratezza, di un viaggio, di divertimento. Un evento di vita che toccherà il piccolo nel profondo, che lascerà dei segni indelebili perché è rimasto solo, senza più appigli, senza più chi rischierebbe la vita per salvarlo.
Un bambino riuscirà mai a superare un trauma così devastante?
L’elaborazione del trauma e del lutto nei bambini dipende da numerosi fattori sia individuali che ambientali. Dipende dalle risorse interne del piccolo, dal suo temperamento, da irrisolti precedenti e dalla solidità dei rapporti costruiti in precedenza. È importante sottolineare che se il bambino ha dovuto affrontare già altre perdite importanti, se ha subito altri eventi di vita particolarmente stressanti, si può trovare in una condizione di maggior vulnerabilità che rende più difficile il recupero.
Il piccolo si torva a dover elaborare una perdita totale che ha visto in maniera diretta senza essere mimicamente preparato. Quando un genitore per una malattia per esempio si ha il tempo e la possibilità di fare un lavoro psicologico preventivo che ammorbidirà l’impatto traumatico dell’evento. Per questa ragione si deve ricreare intorno a lui un ambiente solido in cui può ripartire.
A 7 anni i bambini hanno già abbastanza chiaro il concetto di IRREVERSIBILITÀ legato alla morte, in quanto scomparsa definitiva per cui si può parlare con loro in maniera diretta. Hanno bisogno di fidarsi di qualcuno non di persone che gli dicono le bugie.
Cosa fare per aiutarli ad elaborare il lutto?
È molto importante ricreare nel più breve tempo possibile le loro abitudini e soprattutto attivare i canali espressivi, fargli tirare fuori ciò che hanno dentro attraverso il gioco e i disegni, standogli vicino e rispettando i loro tempi, senza mai forzarli, rispondendo a tutte le loro domande nel modo più naturale possibile.
Anche quando sembra che il bambino non abbia particolari problemi è bene farlo parlare con un professionista perché a volte i traumi rimangono latenti nella nostra psiche e appaiono sotto altre forme o anche a distanza di mesi e di anni per cui non bisogna sottovalutare nessun segnale.