Diceva Agatha Christie, la maestra dei libri gialli, che un indizio è solo un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi sono una prova. Ora ci sono tre indizi in pochi giorni che in Silicon Valley il vento è cambiato. Da una certa arroganza alle scuse più o meno sincere.
Il primo indizio viene da Londra dove è stata ritirata la licenza a Uber, il celebre e contestatissimo servizio alternativo ai taxi. Non rispetta gli standard minimi di sicurezza, l’accusa. Subito è partita una raccolta di firme a sostegno di Uber che ha superato il mezzo milione in poche ore ma poi il nuovo capo di Uber, che non è più il fondatore Travis Kalanick, defenestrato per la pessima gestione in particolare di diversi casi di violenze sessuali da parte degli autisti di Uber, il nuovo capo ha detto: avete ragione, abbiamo sbagliato, rimedieremo.
Il secondo indizio viene da Google, condannata dall’Unione Europea ad una multa pesantissima, 2,4 miliardi di euro, perché l’algoritmo, quando uno fa acquisti online, penalizza i rivali commerciali di Google. Bene, da oggi si cambia, Google, che inizialmente aveva fatto ricorso, ora dice che non farà più differenze: tratterà tutti alla pari.
"Dopo le elezioni, ho definito folle l'idea che Facebook potesse aver alterato l'esito del voto", ha ricordato Zuckerberg, "bollare questa idea come folle è troppo poco e me ne scuso. I dati che abbiamo ci dicono che il ruolo che abbiamo svolto, ossia dare voce alle persone e permettere ai candidati di comunicare con i milioni di elettori, è molto piu' importante". Zuckerberg ha assicurato che Facebook continuerà "a lavorare per assicurare elezioni libere e giuste in tutto il mondo e per assicurarci che la nostra comunità sia una piattaforma per tutte le idee e una forza per il bene della democrazia".
Il terzo e più pesante indizio viene da Facebook, dal fondatore Mark Zuckerberg che ieri ha risposto ad un tweet di Donald Trump con un post importante. Il presidente degli Stati Uniti aveva accusato Facebook di tifare contro la Casa Bianca, Zuck ha negato ovviamente. E in un passaggio è tornato ai giorni immediatamente successivi alla vittoria di Trump sulla Clinton quando si disse che le fake news, le false notizie diffuse sui social network, avevano favorito la vittoria di Trump. Allora Zuckerberg rispose che era una follia solo pensarlo. Follia, crazy. Oggi dice che sbagliò a usare quel termine: Mi dispiace, ho sbagliato, è una questione troppo seria per liquidarla così. Tre modi diversi di chiedere scusa in tre giorni non sono un caso. Il vento nei confronti dell’innovazione è cambiato: va bene cambiare il mondo, anzi va benissimo, ma meglio se rispettando alcune regole e i diritti degli altri. L’arroganza non paga. Neanche se sei la Silicon Valley.