Qualche giorno fa le startup italiane hanno superato il traguardo dei diecimila. Secondo l’ultimo rapporto del registro istituito presso il Ministero dello Sviluppo Economico ai tempi del governo Monti, sono diecimila e ventisette. Guida la Lombardia, con oltre 2.500 startup, segue il Lazio, che ne ha meno della metà, poi Emilia Romagna, Veneto e tutti le altre regioni ben sotto quota mille.
Non sono poche diecimila startup, cioé imprese costituite prevalentemente da giovani che scommettono su tecnologia e innovazione per imporsi sul mercato. Qualche tempo fa si era aperto un dibattito sul fatto che in Italia ce ne fossero addirittura troppe, ma tutte dannatamente piccole. I dati sono impietosi: in Italia le startup in grado di crescere e affermarsi sono rarissime.
Una questione di mancanza di soldi, è noto: per questo il 4 marzo è stato lanciato il Fondo Nazionale Innovazione che da giugno sarà operativo con una dotazione di circa un miliardo di euro. Ma è anche una questione di cultura: pur essendo il paese delle piccole imprese di talento che hanno conquistato il mondo con il made in Italy, le startup ancora non sono state davvero capite: sarà perché quasi sempre si muovono nell’ambito immateriale del digitale, cioé si propongono di rivoluzionare dei business tradizionali usando app, siti web, artificial intelligence e cloud. Cose che non si toccano. Insomma per molti sono ancora oggetti misteriosi.
Per questo il programma tv che parte lunedì alle 18.50 su Sky Uno è una bella occasione per osservarle: si chiama B Heroes, è alla seconda edizione (la prima andò in onda su Nove), ed è una sfida fra 20 startup che in quindici puntate si giocano gli otto posti di un percorso di accelerazione, durante il quale verranno preparate a presentarsi agli investitori. In palio 500 mila euro per chi vince, più una serie di altri premi.
Ma il vero valore di questa iniziativa è la divulgazione. E' una buona occasione per far capire a tutti di cosa parliamo quando parliamo di queste imprese innovative e digitali: parliamo del nostro futuro. E' importante farlo mentre lo Stato per la prima volta investe seriamente nel settore e la legge di bilancio prevede che una parte dei dividendi delle aziende partecipate e dei piani di risparmio (i PIR) vadano a incrementare il venture capital, i capitali di rischio che investono in startup.
B Heroes, che è sostenuto da Intesa San Paolo e RDS, è nato per iniziativa di uno dei pochi startupper italiani di successo vero, Fabio Cannavale, 50 anni, fondatore di Edreams, Volagratis e alla guida del gruppo lastminute.com. Cannavale è la dimostrazione che anche in Italia si può fare impresa come in Silicon Valley. Si può ma casi come il suo si contano sulle dita di una sola mano.
Forse però dopo B Heroes non sarà più necessario essere eroi. Beato il Paese che non ha bisogno di startupper eroici.