Dopo aver ricordato che nel contratto per il governo del cambiamento è scomparsa la trasformazione digitale del paese (a parte uno stravagante inciso in cui si dice che Internet dovrebbe essere gratuito per tutti i cittadini, una roba che probabilmente costerebbe molto di più del reddito di cittadinanza e della flat tax messe assieme), è il turno dell’opposizione al governo M5s-Lega, opposizione che - da oggi lo possiamo dire - è guidata da Confindustria, la storica e potente associazione degli industriali.
Per essere italiani nel mondo dobbiamo essere europei in Italia. La forza, la determinazione, la volontà che mettiamo nel guidare le nostre imprese dobbiamo ora metterle al servizio del Paese – Vincenzo Boccia #Confindustria2018 pic.twitter.com/0RKwae9Y2E
— Confindustria (@Confindustria) 23 maggio 2018
A Roma erano riuniti all’Auditorium Parco della Musica per la loro Assemblea annuale e nella grande Sala Santa Cecilia, circa tremila posti, era schierata una rappresentanza del potere in Italia, una volta avremmo detto la classe dirigente. In prima fila, oltre alla presidente del Senato, la berlusconiana Casellati, quasi tutto il governo uscente guidato da Paolo Gentiloni al quale sono stati riservati alcuni minuti di caldissimi applausi proprio all’inizio oltre a infiniti riferimenti nei discorsi dal podio.
Dalle missioni internazionali ai tavoli di crisi c’è un filo rosso che lega la più competitiva delle aziende all’ultimo operaio di un’azienda in crisi. L’Italia seria, forte, orgogliosa che non chiede mance o redditi inventati @CarloCalenda #Confindustria2018 pic.twitter.com/rwmGPy93gr
— MinSviluppoEconomico (@MinSviluppo) 23 maggio 2018
Il primo lo ha tenuto il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia, ricco di citazioni colte, è iniziato con le parole di Gianni Agnelli ed è finito con quelle di Margaret Thatcher; lo potremmo sintetizzare con l’Europa siamo noi, altro che uscirne. Molto convincente anche il video emozionale trasmesso subito dopo l’inno di Mameli. Poi è toccato al ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda, probabilmente alla sua ultima uscita pubblica davanti ad una platea che più amica per lui non si può. Passione, grinta, applausi, non è mancato nulla nell’ora e mezzo al Parco della Musica, mentre si parlava di Ilva, Alitalia, Embraco, Tav, TAP, Alcoa per citare i dossier più caldi.
Ma non è vero che non è mancato nulla: in 90 minuti, nei due discorsi, non è mai stata pronunciata la parola startup, non è stato fatto un solo cenno alla classifiche mondiali che ci vedono ultimi per capitale di rischio in nuove imprese; e se il tema del lavoro è stato centrale non si è parlato di come robot e intelligenza artificiale cambieranno anzi stanno già cambiando il lavoro facendolo perdere a molti ma creando opportunità che non sappiamo cogliere. E guardate quando parliamo di startup non parliamo di una roba marginale: Google 20 anni fa era una startup, Skype lo era 15 anni fa, Facebook 14 anni fa. E sono startup Airbnb, Uber, Booking, Expedia, Spotify. Aziende i cui servizi usiamo tutti i giorni e che macinano profitti. Mentre noi continuiamo a guardare nello specchietto retrovisore.