Siamo quello che cerchiamo, ci racconta ogni anno Google presentando la classifica delle parole più cercate sulla rete. I cosiddetti “argomenti di tendenza”. E così scopriamo che nel 2018 avremmo cercato più di tutto notizie sui Mondiali, su Sergio Marchionne e su Cristiano Ronaldo; ci siamo chiesti che vuol dire sessista, come si fa il back-up dei propri dati, dove trovare i biglietti per Roma-Liverpool e come si prepara la pastiera napoletana.
Ne viene fuori l’immagine di un Paese spensierato e allegro, che pensa solo al pallone e alle vacanze (con l’Albania che sale al secondo posto), che è curioso di scoprire perché Fedez e J Ax hanno litigato e se è vero che Ilary Blasy porta la parrucca. Un paese immaginario, lontanissimo dalla realtà.
Perché il 2018 è stato anche e soprattutto l’anno della rivoluzione gialloverde, si sono imposti nuovi protagonisti, si sono affermate parole nuove. E di tutto questo nelle classifiche di Google non c’è traccia. Eppure se paragoniamo il decimo classificato, Marina Ripa di Meana, con il premier Giuseppe Conte scopriamo che quest’ultimo è stato cercato quattro volte di più su Google; il presidente della Repubblica Mattarella sei volte di più; Di Maio diciotto, Salvini addirittura trentasette.
Eppure nella classifica dei personaggi non esistono. Se passiamo agli argomenti il mistero si infittisce. All’ottavo posto c’è la Brexit, a dimostrazione che la politica non è esclusa per principio; al nono c’è cherofobia, sindrome portata alla ribalta da una bella canzone di X Factor. Ma possibile che gli italiani non abbiano cercato di saperne di più sul reddito di cittadinanza, quota 100 e flat tax, le misure bandiera del governo del cambiamento?
No, infatti se il reddito di cittadinanza sembra aver interessato solo gli abitanti della Campania, per le altre due misure il numero di ricerche è molto superiore a cherofobia che peraltro è indietro anche rispetto a termini come immigrati e ONG, le organizzazioni non governative che si occupano di salvare vite umane nel Mediterraneo.
Insomma, se davvero siamo quello che cerchiamo, consola sapere che non siamo così fatui come ci raccontano. Dispiace piuttosto la leggerezza con cui certi dati vengono fatti passare: da vent’anni se vogliamo sapere qualcosa lo chiediamo a Google. Sarebbe davvero un peccato scoprire che questi dati suggeriscono una classifica non conforme con la realtà.
Nota. Naturalmente abbiamo chiesto lumi a Google Italia. Dopo un confronto telefonico abbiamo ricevuto via email la seguente spiegazione che riportiamo integralmente per completezza di informazione: “...Ho fatto la verifica di cui avevo bisogno e ti confermo che quando usi Explore su Google Trends, il risultato è dato sui volumi di ricerca (ie. sono assoluti). Un Anno di Ricerche viene elaborato sulla base di fonti - interne ed esterne - per fornire un quadro delle tendenze di ricerca (ie. lavora sui termini che hanno fatto registrare il maggiore incremento nelle ricerche nel corso dell’anno in questione, non è un valore assoluto). Se vuoi utilizzare il tool pubblico per un servizio a carattere più giornalistico basato sui volumi (per quanto normalizzati) di ricerca, puoi certamente farlo. E' un punto di vista diverso che completa una analisi fatta sulle tendenze”.