E quindi oggi Xi Jinping, il grande capo della grandissima Cina, sarà a Roma: visiterà il Colosseo, che con la Grande Muraglia fa parte delle Sette Meraviglie dell’Umanità; salirà le scale del Campidoglio fino alla piazza disegnata da Michelangelo (i cinesi vanno pazzi per il nostro artista, al punto da aver richiesto due anni fa una copia esatta della statua del David, usando il calco originale del capolavoro e il marmo di Carrara); e soprattutto firmerà uno storico memorandum intitolato all’antico itinerario commerciale percorso da Marco Polo per raggiungere la Cina nel 1300. La Via della Seta.
Sono giorni che si discute (e si litiga) sull’opportunità per l’Italia di aderire alla Belt and Road Initiative, il progetto della Cina di Xi Jinping di creare nuove rotte commerciali con l’Europa. Quello che interessa evidenziare è cosa oggi la Cina rappresenta davvero nel mondo. Lo dico subito. Una nuova super potenza tecnologica. Secondo alcuni già superiore agli Stati Uniti.
Basta guardarci in tasca: è molto probabile che il nostro telefonino sia cinese, non solo perché da sempre gli iPhone della Apple - e moltissimi altri apparecchi - sono “made in Shenzen”, ma perché ci sono almeno due grandi marche cinesi ad altissima diffusione, Xiaomi e Hauwei. Ma aggiungo una cosa: se sbirciare nel telefonino dei vostri figli, è quasi sicuro che usino ogni giorno una app cinese che in questo momento è la più popolare in moltissimi paesi, Tik Tok.
Dietro questi successi commerciali che possono apparire banali, c’è un primato indiscutibile quando si parla di intelligenza artificiale. Un esempio: in una grande città cinese la metro si paga con il riconoscimento facciale. Avete capito bene. Non solo non serve il biglietto di carta, o l’abbonamento, o il codice su un telefonino: al tornello la telecamera ti inquadra, ti riconosce e ti addebita il conto. Può sembrare una sciocchezza ma non lo è. Questa tecnologia, che naturalmente può essere applicata per aumentare il potere di sorveglianza sui cittadini, richiede, per funzionare, banche dati, algoritmi e capacità di calcolo molto avanzati.
Non a caso nella classifica dei supercomputer, la Cina è da anni ai primi posti e visto che gli Stati Uniti hanno piazzato due colpi che li hanno riportati in vetta, ha appena annunciato investimenti di molti miliardi di dollari per riconquistare il primato. Non è una questione di orgoglio: è autentico potere. In un mondo digitale, dove comandano software e dati, vince chi ha il computer più grosso.
Non è finita. Da settimane si parla del 5G, la nuova rete Internet superveloce che Huawei si candida a installare in concorrenza con gli europei Nokia e Ericsson: gli americani, che Internet per mezzo secolo l’hanno costruita metro dopo metro cablando il mondo e mettendo ovunque i propri router (la Cisco è nata così), arrancano e cercano di fermare l’avanzata cinese accampando ragioni di sicurezza nazionale, che non sembrano infondate, ma senza molto successo finora. Risultato: è molto probabile che la rete su cui viaggerà Internet ad altissima velocità sarà in buona parte cinese.
La sfida tecnologica però va oltre il digitale. A gennaio una sonda cinese è approdata con successo sul lato nascosto della Luna; qualche settimana fa, alla fine del 2018, uno scienziato cinese ha annunciato la nascita dei primi bambini con un Dna modificato per creare dei super umani con un super cervello(c’è qualche scetticismo sull’annuncio in verità, ma non è del tutto inverosimile); infine qualche giorno fa un altro team a Shanghai ha detto che entro un anno partiranno i test per curare definitivamente il cancro modificando alcuni geni.
Sono solo alcune dimostrazioni dell’incredibile salto in avanti fatto dalla Cina in pochissimi anni. Un salto che si spiega in un solo modo: l’investimento massiccio in innovazione, cioé tecnologia e persone. Da questo punto di vista ci sono due classifiche che fanno davvero impressione. La prima è quella degli unicorni, cioé le startup la cui valutazione ha superato il miliardo di dollari.
Secondo gli ultimi dati, pubblicati da CBInsights il 14 marzo, nel mondo se ne contano 326: al primo posto gli Stati Uniti (48% del totale), seguiti dalla Cina che sale fino al 30%. Al terzo posto il Regno Unito (5%), e l’India (4%) confermano che la sfida riguarda solo i primi due. Tra l’altro il primo unicorno in classifica per valutazione è una startup cinese, Bytedance (quella della app Tik Tok: 75 miliardi di dollari).
La seconda classifica riguarda i robot. E in particolare i robot che lavorano in fabbrica. Nel 2017 la Cina comperato e messo al lavoro 137 mila e 900 robot, il 36 per cento di tutti i robot comprati nel mondo in quell’anno, più di qualunque altro paese, Stati Uniti compresi. Per superare il numero di robot-operai cinesi occorre sommare quelli di Giappone, Corea del Sud, Stati Uniti e Germania. Insomma, il paese della manodopera a basso costo per i prodotti occidentali, sta diventando il paese della robotica avanzata.
Questo lo scenario. La partita dell’innovazione non è ancora persa, ma diciamo che è parecchio compromessa. Lo dimostra un ultimo dato. Qualche tempo fa a proposito della vecchia lUnione Sovietica circolava una battuta di Stalin che ai suoi collaboratori avrebbe chiesto : quante divisioni ha il papa? Ora la domanda per capire chi comanderà il mondo è: quanti ingegneri e laureati in materia scientifiche ha ciascun paese? Se prendiamo in considerazione i laureati recenti, come ha fatto il World Economic Forum lo scorso anno, a Cina ne ha quasi cinque milioni, gli Stati Uniti poco più di 500 mila.