Ricordo ancora la sensazione che provai nel varcare la soglia di quel piccolo spazio. Un solo passo per entrare in un non luogo fatto di luce assoluta, abbacinante, liquida. Perso ogni riferimento si galleggiava in un silenzio bianco, avvolgente, da oltremondo.
Questa era l’installazione creata da Ettore Spalletti all’interno della sua mostra “Un giorno così bianco, così bianco” allestita al museo Maxxi di Roma nel marzo del 2014. Al centro del vasto spazio che esponeva grandi tavole dell’artista vi era un cubo candido. All’interno, inondato di luce, si trovavano grandi dipinti bianchi i cui pigmenti di colore, frantumati dalla luce intensa, sembravano dissolversi nell’aria di uno spazio surreale.
“Uno spazio dove ritrovare il sogno di spiritualità che appartiene a tutti” così commentava l’artista.
E la spiritualità è stata la cifra dell’artista.
Spalletti riusciva a creare, attraverso forme geometriche monocrome, una dimensione metafisica. Soprattutto, ritengo, nelle grandi tavole quadrate aggettanti, la cui superficie è ricoperta da un unico colore tenue, rarefatto, vibrante, creato mischiando pigmenti di colore al gesso. Queste tavole azzurre, rosa, grigie, bianche si sporgono silenziose e palpitanti verso lo spettatore e lasciano intravvedere, nello spessore del bordo laterale, una linea di luce creata con una foglia d’oro. Inevitabile il rimando al mondo delle icone dove l’oro è manifestazione della gloria e della potenza di Dio, materializzazione della luce divina che trascende il mondo tangibile.
E il mondo reale Spalletti lo vive e lo supera attraverso l’azzurro, colore del cielo, colore senza peso dell’atmosfera che ci avvolge, colore spirituale della profondità.
Ettore Spalletti ha attraversato 40 anni di pittura italiana, mantenendo rigore e intensità che si trasformano in quella forza che scaturisce dalle sue opere e investe lo spettatore, la stessa forza, pacata e luminosa, del mare della sua terra che guardava e che portava dentro.