Chi è diventato (o rimasto) Dario Brunori dieci anni dopo il 'Vol.1'
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Chi è diventato (o rimasto) Dario Brunori dieci anni dopo il 'Vol.1'

Chi è diventato (o rimasto) Dario Brunori dieci anni dopo il 'Vol.1'

Dario Brunori
MASSIMO VALICCHIA / NURPHOTO - Dario Brunori
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La musica si può spiegare fino ad un certo punto, poi subentra una componente del tutto irrazionale, del tutto incontrollabile sia da parte di chi fa musica che da parte di chi la ascolta: qualcosa che ti si apre nel petto senza una spiegazione apparente e che permette a quelle parole, che qualcuno ha scritto e registrato chissà dove, chissà quando e chissà perché, di diventare le tue parole, il tuo modo di guardare al mondo e alla vita, come se tutto ciò che fino a quel momento ti era rimasto sulla punta della lingua dell’anima si materializzasse su un pentagramma e tu ci finissi infilzato come un pesce spada, incapace di sfuggire a quegli attimi di introspezione.

Già, perché Brunori è l’ultimo arrivato di una generazione di artisti di un panorama indipendente italiano praticamente invisibile nel marasma dei talent musicali che decretano col televoto da casa vita e morte di un progetto, e contemporaneamente il primo di un esercito che in pochi anni si divorerà il mercato fino ad uccidere il concetto stesso di “indie”, che muta fino a divenire questo bizzarro ibrido a metà strada tra la rete e il mainstream.

È una star ma appare sempre come quel ragazzo con la chitarra che viene dall’entroterra calabro, e la cosa non appare mai come un tecnicismo di maniera frutto di una strategia ben precisa, è che Dario Brunori quello era e quello è rimasto. Un musicista, niente di più, cosa sempre più rara da trovare nella sua apparente banalità, talmente rara che il suo modo di raccontare le cose diventa materiale buono per i suoi concerti, a tratti veri e propri show di teatro canzone, e anche per la tv dove conduce un programma incentrato totalmente sulla sua visione del mondo dal titolo “Brunori Sa”.
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