“La Chiesa cammina, ma in genere fa due passi avanti e uno indietro”. Queste parole di Papa Francesco, da lui ripetute in diverse occasioni, testimoniano il suo grande realismo. E sono il commento migliore a due recenti interventi della Congregazione per la Dottrina della Fede in evidente controtendenza rispetto a posizioni più aperte (ma anche più logiche e umane) espresse dallo stesso Pontefice.
L'intercomunione: che male c'è?
Il primo tema sul quale in questi giorni sembra essersi registrato un arretramento riguarda l’intercomunione, cioè la possibilità per gli sposi di matrimoni tra cattolici e luterani di ricevere insieme l'Eucaristia. In merito, visitando la parrocchia luterana di Roma, Francesco si era mostrato possibilista quando in risposta a una signora tedesca che vive questo dilemma le aveva suggerito di regolarsi secondo coscienza.
Il problema riguarda in effetti il caso particolare del fedele protestante che vuole ricevere la comunione eucaristica insieme al proprio coniuge, ma ciò gli viene impedito dal parroco cattolico. Nel merito la Conferenza Episcopale Tedesca aveva saggiamente autorizzato questa possibilità “juxta modum”, cioè se il richiedente dichiara di conoscere la nostra Dottrina relativa alla Eucarestia, di essere cioè cosciente che secondo i cattolici Gesù Cristo è presente fisicamente nelle specie consacrate del pane e del vino. Il coniuge acattolico non è tuttavia tenuto – si badi bene – a condividere la Dottrina della Chiesa Cattolica su questo punto: in tal caso, infatti, si tratterebbe in pratica di un convertito.
Ma è proprio nella libertà di coscienza riconosciuta alle persone la novità più importante della decisione dei vescovi tedeschi, che era stata approvata a maggioranza e che alcuni presuli hanno però impugnato dinnanzi all’ex Sant’Uffizio affinché Roma la dichiarasse nulla, dal momento che neanche il Papa può deviare dalla Dottrina. Se lo facesse, perderebbe “ipso facto” la sua legittimità quale Capo Visibile della Chiesa.
Ed è proprio qui che gli oppositori di Bergoglio vogliono andare a parare. Di fatto, mentre l'intercomunione e i suoi fautori spingono all'unità dei cristiani, essi perseguono la divisione della Chiesa con astruse motivazioni teologiche, come nel caso analogo dei divorziati risposati che vorrebbero condannati a una sorta di ergastolo spirituale.
Ma quello del Papa è il ministero dell'unità e per questo Francesco non ritiene di potersi comportare come un monarca assoluto. "Poiché in alcuni settori della Chiesa ci sono a questo riguardo delle questioni aperte, i competenti dicasteri della Santa Sede - ha scritto infatti il prefetto dell'ex Sant'Uffizio, il neo cardinale Luis Francisco Ladaria Ferrer, in una lettera indirizzata all’Episcopato tedesco dopo una burrascosa riunione romana dei rappresentanti delle due parti - sono già stati incaricati di produrre una tempestiva chiarificazione di tali questioni a livello di Chiesa universale. In particolare appare opportuno lasciare al vescovo diocesano il giudizio sull’esistenza di una grave necessità incombente”. Ovvero: la Conferenza Episcopale non può decidere cosa i vescovi debbono rispondere ai fedeli in materia nelle singole diocesi.
Il testo si conclude affermando che “per il Santo Padre è una grande preoccupazione che nella Conferenza Episcopale Tedesca resti vivo lo spirito della collegialità episcopale”. Il cardinale Reinhard Marx, presidente della Conferenza Episcopale Tedesca, rispondendo alla missiva di Ladaria, comprensibilmente si è detto “sorpreso che sia arrivata da Roma questa lettera ancor prima di aver trovato tale concorde soluzione”.
“Il presidente dell'Episcopato tedesco vede espressa nella lettera la necessità di ulteriori colloqui all’interno della Conferenza Episcopale, prima di tutto nel consiglio permanente e nell’assemblea plenaria d’autunno, ma anche con i rispettivi dicasteri romani e con lo stesso Santo Padre”, ha scritto l’arcivescovo di Monaco e Frisinga nella risposta diffusa in attraverso il suo portavoce.
E lo stesso Papa Francesco, parlando a una delegazione della Chiesa Luterana, guidata dal vescovo della Germania del Nord Gerhard Ulrich e composta anche dal Comitato nazionale tedesco della Federazione Luterana Mondiale e della Chiesa unita evangelico-luterana della Germania, ha auspicato “un avvenire proteso verso il superamento pieno delle divergenze”, quindi proseguendo nella direzione avviata con il viaggio apostolico a Lund per i cinquecento anni della riforma luterana che significativamente le due confessioni hanno celebrato insieme superando la maggiore loro divergenza che riguardava ovviamente il giudizio su Lutero. Nonostante questo salto, però, ha detto ancora il Papa, “alcuni temi, penso alla Chiesa, all’Eucaristia e al ministero ecclesiale, meritano riflessioni puntuali e ben condivise”. Un riferimento esplicito alla vicenda che considera dunque ancora aperta in Germania.
Maria nel Cenacolo e il sacerdozio femminile
Meno "esplosiva" ma non meno controversa appare un'ulteriore presa di posizione del neo cardinale Ladaria riguardo al tema dell'esclusione delle donne dal ministero sacerdotale. San Giovanni Paolo II si era espresso in merito con la pretesa che il suo "no" risultasse definitivo, considerando la materia tra quelle che rientrano nell'infallibilità pontificia.
Ebbene tale chiusura - fondata sostanzialmente sul fatto che la Vergine Maria non era presente nel Cenacolo all'ultima cena, come se questo fosse un argomento incontrovertibile - Ladaria ha voluto ribadirla in un articolo sull'Osservatore Romano, senza aggiungere che tuttavia pochi giorni dopo nello stesso luogo la Vergine ricevette poi lo Spirito Santo con gli Apostoli alla Pentecoste. Se dal Giovedì Santo si fa discendere il sacerdozio, dalla Pentecoste deriva certamente l'episcopato e dunque applicando la stessa logica non ha proprio senso che le donne siano escluse dalla Gerarchia.
Ma al di là della fondatezza teologica (che in effetti sembra piuttosto fragile) della posizione cattolica ufficiale sulla questione del sacerdozio femminile, che ugualmente divide le chiese cristiane e certo non favorisce la parità di genere nella società, occorre considerare che Papa Francesco sta ponendo le basi per l'ammissione delle donne al diaconato sulla base dell'antica tradizione delle diaconesse che dopo essere stata studiata da un'apposita commissione nominata dal Papa, viene oggi rivalutata come richiesto 21 anni fa dal cardinale Carlo Maria Martini, allora arcivescovo di Milano. E dunque la "stretta" dell'ex Sant'Uffizio sul sacerdozio femminile potrebbe essere di nuovo una posizione tattica, per evitare fughe in avanti dannose all'unita della Chiesa.
Il senso dell'humor e un poco di sano relativismo
“La missione della Chiesa nel mondo procede attraverso l’apporto di tutti coloro che ne sono parte. Qualcuno pensa che ci sono i padroni, i preti, i vescovi, il Papa, e poi ci sono gli operai. No! La Chiesa siamo noi, tutti. Ognuno con il suo lavoro, ma la Chiesa siamo tutti”, ha detto Papa Francesco nel corso dell’Udienza Generale del 5 giugno, in piazza San Pietro, dinnanzi a gruppi di pellegrini e fedeli provenienti dall’Italia e da varie parti del mondo.
“Dobbiamo pensare alla Chiesa come un organismo vivo, composto di persone che conosciamo, e non come una realtà astratta e lontana”, ha affermato il Pontefice proseguendo il ciclo di catechesi sul sacramento della confermazione come dono dello Spirito Santo. Una visione sana, quella proposta da Francesco, che si oppone alla logica del potere ecclesiastico, che in genere grava i fedeli di pesi che i chierici stessi invece si rifiutano di sopportare. Un esempio riguarda la penna più brillante tra gli autori dei blog di questa tendenza, che appartiene a un ex prete poi sposato e padre di famiglia grazie alla dispensa dal sacerdozio, che tuttavia si ostina a non riconoscere ai divorziati lo stesso buon diritto a ricominciare "in Grazia di Dio", come a lui e agli ex sacerdoti viene concesso. Come dire che il matrimonio lega più del sacerdozio.
In effetti strappa un sorriso vedere la grande concitazione con la quale viene difesa "l'integrità della dottrina cattolica" da presunti attacchi mortali portati da Francesco, secondo i tradizionalisti, che sarebbe più esatto definire invece "identitari" in quanto proprio il Papa rappresenta il custode della Tradizione e dunque ad essa appartengono tutte le sue indicazioni magisteriali e pastorali, mentre ad essere "fuori" dalla Tradizione di fatto sono proprio loro, i suoi presunti difensori. Come spiega molto bene il catechismo di San Pio X al quale essi si rifanno senza conoscerlo, che raccomanda ai fedeli sempre "unione di mente e di cuore" con il Santo Padre.
La Tradizione, ha detto Francesco allo studioso francese della comunicazione Dominique Wolton nel 2016, non è qualcosa di immutabile. È la dottrina che va avanti… l’essenziale non cambia, ma cresce e si sviluppa”. E come cresce la tradizione? “Cresce come una persona - ha sottolineato Francesco, attraverso il dialogo, che è come il latte per il neonato… Dialogo con il mondo attorno a noi… Se non si è impegnati nel dialogo, non si è capaci di crescere, si rimane piccoli, si resta dei nani".
“Per capire se una persona è arrivata a una grande maturità spirituale, domandiamoci: questo ha senso dell’umorismo? Per me il senso dell’umorismo è l’atteggiamento umano più vicino alla grazia: è quel relativismo buono, il relativismo della gioia, il relativismo della spiritualità, quel relativismo che nasce dallo Spirito Santo”, ha detto Francesco in un lungo discorso, fatto a braccio, ricco di osservazioni variopinte e di humor, ma soprattutto pieno di indicazioni utili su come vivere la fede oggi specialmente quando si è preti e seminaristi, quello agli oltre duemila tra seminaristi e sacerdoti dei Pontifici Collegi ecclesiastici romani, accorsi il 16 marzo scorso in Aula Paolo VI per ascoltarlo.
Il testo curiosamente è stato pubblicato dall’Osservatore Romano soltanto cinquanta giorni dopo il suo pronunciamento. “Tanti preti vivono bene, in grazia di Dio, ma come se lo Spirito non esistesse. Sì, sanno che c’è uno Spirito Santo, ma nella vita non entra”, ma quando c’è lo Spirito Santo porta anche “il senso dell’umorismo”, ha detto il Papa in quell’occasione. Parole che sembrano molto appropriate come risposta ai cattolici identitari che considerano il relativismo come il male assoluto. "I radicali anti-Francesco - commenta il grande vaticanista Marco Politi - mirano a delegittimare il suo Pontificato giorno dopo giorno, rendendo impossibile al suo successore continuare la strategia di riforme. Non dovrà esserci spazio per un Francesco II!".