Le bravate adolescenziali o i comportamenti un pò al limite, quelli in cui si correva qualche rischio sono tipici del periodo adolescenziale e non riguardano solo ed esclusivamente questa generazione. E’ in un certo senso come il bullismo, sembra il fenomeno del momento, ma le prevaricazioni all’interno delle dinamiche di gruppo ci sono sempre state.
Il gruppo nella messa in atto di queste condotte svolge un ruolo fondamentale troppo spesso sottovalutato e invece può essere quel fattore che fa superare quel famoso limite. Nell’epoca social si accede anche a questo tipo di informazioni con estrema facilità e spesso rimbalzano da una pagina all’altra alla ricerca di un sensazionalismo mediatico che spesso ingigantisce e distorce i problemi.
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Tanti ragazzi, purtroppo anche molto piccoli, partecipano a giochi e sfide estreme o fanno selfie pericolosi, in diversi casi lanciati e diffusi sul web, senza valutare adeguatamente i rischi e mettendo quindi a repentaglio la propria incolumità e a volte anche quella degli altri. Tanti adolescenti agiscono alla ricerca di situazioni in grado di attivarli e di creargli uno stato di eccitazione, di quella adrenalina del momento per cui sfidano se stessi e gli altri o, semplicemente, nella loro testa si stanno divertendo.
Quando la vita sembra perdere valore
La cronaca si è tristemente riempita, negli ultimi giorni, di episodi tragici in cui i protagonisti sono proprio due adolescenti. L’ultimo recentissimo caso si è verificato a Sesto San Giovanni dove un 15enne, salito con altri coetanei sul tetto di un centro commerciale sembra per scattare un selfie, è caduto in una condotta di aerazione e ha perso la vita dopo un volo di 25 metri. Sempre alle porte di Milano, il 6 settembre, Igor, un ragazzo di soli 14 anni, sportivo e appassionato di arrampicata, si è soffocato con una corda nella sua cameretta, sembra dopo aver visto sul web un video del cosiddetto Black out game, un “gioco” non gioco, in cui l’obiettivo è quello di provocarsi volontariamente uno svenimento, privandosi dell’ossigeno per periodi sempre più prolungati.
Cosa c’è alla base di questi comportamenti?
La sensation seeking è la ricerca di emozioni nuove che esprime il bisogno di cercare nuove sensazioni, nuove situazioni emotivamente forti e particolarmente intense, anche al prezzo di mettere a rischio la propria vita e quella delle persone che stanno intorno. Spesso si tratta di comportamenti impulsivi, ma la maggior parte delle volte sono condotte ricercate intenzionalmente, per sperimentare adrenalina e sensazioni forti. Tante volte, infatti, i ragazzi conoscono i rischi ed è proprio la consapevolezza di potersi far male o di vincere sulla morte che fa vivere quel momento transitorio di onnipotenza.
Considerando poi che la fascia più a rischio è tra i 12 e i 15 anni, bisogna anche tener conto del fatto che non si è ancora sviluppata pienamente la corteccia prefrontale, ovvero quell’area del cervello deputata a numerose funzioni cognitive come pianificare e prendere decisioni, valutare le conseguenze delle proprie azioni e inibire gli atteggiamenti inappropriati. In più, il fatto che queste sfide o “prove di coraggio” vengano condivise in rete, alla ricerca di like e approvazione social, rinforza la sensazione di piacere e ricompensa data dal numero di “mi piace” ricevuti.
È allarme sfide social e selfie killer: quali sono i numeri?
I numeri di questo tipo di comportamenti a rischio fanno seriamente riflettere. I dati dell’Osservatorio Nazionale Adolescenza sul fenomeno dei KILFIE o selfie killer, ossia i selfie in cui, pur di ottenere visibilità, like e condivisioni, si rischia anche la vita, sono davvero allarmanti se si considera che l’età si sta di anno in anno abbassando: infatti, su un campione di 11.500 ragazzi distribuiti su tutto il territorio nazionale, l’8 per cento degli adolescenti è stato sfidato a fare un selfie estremo e 1 adolescente su 10 ha fatto un selfie mettendo a rischio la propria incolumità, per dimostrare il proprio coraggio. La percentuale sale nei più piccoli, dagli 11 ai 13 anni, raggiungendo il 12 per cento.
L’influenza della Rete
Questo tipo di comportamenti oggi si propagano tendenzialmente attraverso la rete che crea una amplificazione del problema, rendendoli spesso virali, rischiando di esasperare e distorcere maggiormente questi comportamenti già sufficientemente pericolosi.
Credo che si debba riflettere maggiormente sulla potenza comunicativa di specifici video e sull’influenza che anche youtuber e influencer, che ciclicamente lanciano nuove sfide social, possono avere sui ragazzi. Inoltre, è sconcertante vedere quanti siti, comunità e video tutorial spiegano passo-passo le regole di queste sfide social senza che vengano censurati e rimossi dal web, senza considerare che questi messaggi arrivano soprattutto ai più piccoli, non ancora in grado di filtrare adeguatamente i messaggi ricevuti e, quindi, maggiormente influenzabili.
È chiaro che questi video rappresentano un rinforzo negativo e per questo dovrebbero essere oscurati e rimossi, ma questo non sarebbe sufficiente per risolvere il problema. È fondamentale dunque che i ragazzi imparino a sviluppare un senso critico adeguato in grado di tutelarli maggiormente o di non farli andare oltre e di renderli consapevoli delle conseguenze di questo tipo di comportamenti. Infine, gli adulti devono obbligatoriamente essere sempre informati su tutto ciò che ruota intorno ai figli e su quali rischi e pericoli possono correre per cercare il più possibile di arrivare prima.