La vicenda del piccolo Nicola Tanturli che si è ormai definitivamente volta verso il lieto fine, mi fa riflettere su quanto sia difficile per noi accettare la diversità anche solo quando essa riguarda la scelta di non usare energia elettrica, Internet o il modo di educare i figli. Nei giorni scorsi i social sommergevano la famiglia di critiche. Come poteva un bambino così piccolo percorrere un tragitto così lungo? Come ha fatto a mettersi le scarpe da solo a 21 mesi? E così via.
Quelle competenze, hanno spiegato degli esperti, sono possibili a quell'età e dipendono strettamente dal modello educativo. A maggior ragione ora, quando le autorità hanno dichiarato di non ravvisare responsabilità penali per i genitori, tutti quelli che tramite i social hanno gettato fango su quella famiglia, dovrebbero fare un onesto mea culpa. Ho letto di mamme che scrivevano “mio figlio a 21 mesi le scarpe non se le sapeva mettere”. Sicuramente è vero, ma alcuni bambini sono in grado di farlo ed è sbagliato far passare un’esperienza personale per una statistica. Come ci accade per altri aspetti della vita abbiamo condannato delle persone per una scelta di vita diversa da quella comune.
La vicenda del piccolo Nicola mi ha restituito, enormemente ingigantito, l'incubo di ogni giovane mamma. Mi riferisco alla pletora di consigli non richiesti che piovano sulla donna a partire da quando ha appena partorito. Lo allatti al seno? No? meglio l'artificiale? Dorme con te? Sei matta? Deve dormire da solo? Non lo prendere troppo in braccio che si vizia.
I primi mesi sono una specie di gara a punti su chi fa prima cosa. Ha già dodici mesi e ancora non cammina? Parla? non parla? Senza contare le mille intromissioni nell'educazione del piccolo che vengono compiute verso i genitori da perta di chi è fautore dell'indipendenza e autonomia montessoriana a tutti i costi e chi difende "il contatto mamma bambino".
I genitori hanno detto che vorrebbero fare una festa per poter ringraziare tutte le persone che hanno aiutato però chiedono anche rispetto per la loro scelta di vivere in un luogo isolato e senza quegli strumenti che paiono imprescindibili alla maggior parte della gente. "Non criticate la nostra scelta di vita. Noi abbiamo scelto di vivere in un piccolo paesino di montagna e non so dire cosa sarebbe successo se fosse accaduta una cosa del genere in una grande città. Lì c’è stata una mobilitazione che mi ha colpito: dovrebbe essere sempre così quando una vita umana è in pericolo".
Non usando i social, il padre e la madre di Nicola hanno poi consegnato un messaggio al bar Quadalto, il locale pubblico più vicino al loro casolare sperduto nelle campagne. Hanno scrtitto «Grazie a tutti!» riferendosi alla comunità di Palazzuolo sul Senio che li ha aiutai, a tutti i soccorritori, al sindaco Gian Piero Philip Moschetti, al comandante della stazione dei carabinieri, il maresciallo Antonio Porfida, e al parroco, don Alessandro Marsili.
Le scelte di vita diverse dalle nostre non fanno di quelle persone dei mostri. Ora che Nicola è tornato a casa e sta bene spero che tante persone imparino a non giudicare con la velocità con cui si scrive con la tastiera
https://www.liberoquotidiano.it/news/italia/27738546/mugello-madre-nicola-tanturli-questa-storia-imparato-cosa-intima-tengo-per-me.html
https://www.iltempo.it/attualita/2021/06/27/news/mugello-genitori-nicola-tanturli-messaggio-bar-piu-vicino-festa-ritrovamento-rimandata-indagini-scomparsa-27755635/