"il vero disabile è chi non ha stima di sè"
Le parole di Don Marco Pozza sono una sintesi straordinariamente efficace del pensiero di Bergoglio sulla disabilità
© Agf - Alex Zanardi
"Il vero disabile è chi non ha stima di sé", dice don Marco Pozza a proposito di Alex Zanardi. Ed è una sintesi straordinariamente efficace del pensiero di Bergoglio sulla disabilità. Don Marco se lo può permettere visto che ormai da diversi anni è intimo collaboratore del Papa a proposito di comunicazione.
Tra i milioni di spettatori che lo scorso Venerdì Santo guardarono la memorabile Via Crucis del Vescovo di Roma da Piazza San Pietro, solo pochi riconobbero un sacerdote in quel signore vestito in blue jeans che portava la croce per le prime stazioni. Era don Marco che, cappellano del carcere di Padova, aveva coordinato i testi che si stavano leggendo. Prete di strada amante di Saint-Exupéry, studente all'università dei gesuiti della Gregoriana, il 6 novembre 2016 conosce di persona Papa Francesco e da allora diviene uno dei suoi più stretti collaboratori nel campo della comunicazione. Fanno assieme programmi televisivi (Padre nostro, Ave Maria, Credo su Tv2000) e alcuni libri.
Don Marco è anche amico di Alex Zanardi con il quale ha corso le maratone di New York, Venezia e Padova e così scrive per l'amico un articolo dal titolo straordinario - "Non serve pietà. Perché tornerà - che piace molto a Bergoglio che decide, a propria volta, di scrivere allo sportivo in coma una lettera.
"Ogni uomo guardi un altro uomo dall'alto in basso solamente quando deve aiutarlo a sollevarsi". Lo disse Papa Francesco a santa Marta il 9 ottobre 2017 e riassume un'enciclopedia. In quell'occasione parlava della parabola del Buon Samaritano e ne emergeva un programma di vita che non vale solo per i casi estremi come quelli di Zanardi, ma ogni qual volta siamo chiamati ad abitare la solitudine, anche silenziosa, di chi ci passa accanto e magari non urla perché se ne vergogna.
Accorgersi "on the road" di chi ha bisogno di noi, significa prenderselo in carico e portarlo in una locanda: ovvero attivare risorse umane (il locandiere), di spazio (la locanda), metterci qualche soldino, e infine rimanere lì tutta la notte garantendo poi un ritorno. È un progetto di promozione umana che spessissimo esordisce proprio, non dalla ferita fisica, fattuale, ma dal far recuperare al malcapitato la stima. Quello che don Marco, come ogni cappellano di carcere, fa con i detenuti. E che ciascuno di noi deve imparare a fare con chi gli passa accanto seguendo il programma che indica Papa Francesco per ogni cristiano