Per i cattolici, domani sarà un mercoledì particolare, quello dell'inizio della Quaresima. In genere questa parola è associata all'idea di digiunare o di mangiare di meno, e direi che non è un'idea sbagliata. Magari non è completa, ma l'idea che mangiare meno, con più giudizio, in maniera più armoniosa, faccia star bene sia l'anima che il corpo, è un'idea giusta.
In Italia, un tempo, il venerdì si mangiava di magro. Questione di fede. Però poi andava a finire che la domenica mangiavi solo carne, il giovedì si mangiavano le uova e il mercoledì si mangiavano le verdure. Dalla fede quindi derivava un senso armonioso del tutto, del vivere civile. E questa educazione - che c'è in ogni religione - è valida anche sotto il profilo educativo del cibo. La cucina kosher non abbina mai formaggio e carne e leggevo in un'intervista a Oldani che lo chef spiegava che il nostro corpo (a meno che siano quantità infinitesime) non è predisposto ad assimilare quegli abbinamenti. Se andiamo a fondo nelle nostre fedi, ci accorgiamo che i nostri antenati ci insegnavano a nutrirci. A suo modo, anche il ramadan è armonico perché al nostro fisico bastano più o meno 1800/2000 k/cal al giorno: il resto è la gola che sovrasta la mente dell’uomo e rischia di rompere l'armonia con la nostra persona presa nel suo intero.
Mercoledì delle Ceneri poteva anche non essere di mercoledì. È così, è di mercoledì, perché secoli fa la Chiesa di rito romano decise che non andava bene digiunare durante il giorno del Signore – la domenica, cioè – e che quindi i quaranta giorni della quaresima andavano contati al netto delle domeniche: ecco così l’anticipo fino all’attuale mercoledì. Infatti, per esempio, la chiesa milanese non ha “il mercoledì delle ceneri”. Però ha le ceneri: quelle sì non possono mancare. Ci vuole un giorno per le ceneri come ce ne vuole uno per Natale e uno per Pasqua. Perché ci vuole almeno un giorno in cui stare davanti alla verità nuda e cruda del “polvere sei e in polvere ritornerai” che Dio disse ad Adamo dopo il peccato originale (Gn 3,19).
È un ossequio al triste, al grigio, al volatile, all’inconsistente? Un po’ sì e un po’ no. Non è detto che la verità per cui tutto diventa cenere sia triste. Lo è, quando penso che si trasformerà in cenere la mia casa o la mano con cui scrivo, gli occhi con cui guardo, le labbra con cui bacio. Ma se guardo che diventano cenere le persone che ho odiato, quelle che ho temuto, il dolore, il rancore, allora le cose cambiano. La cenere è prodotta dal fuoco e dal tempo: perché la cenere si fa così.
Il fuoco, che è vita, luce e calore, quando brucia fa la cenere; il tempo, nel suo scorrere, fa la cenere. Vita e tempo: la vita che è il tempo che ci è dato; il tempo che è la vita che viviamo. Sono grigi vita e tempo? Grigi forse sì, ma non tristi: sono grigi perché parlano della terra da cui siamo tratti e mi dicono proprio questo, che io “sono stato tratto”. Però non tristi. Perché potevo essere solo terra e invece sono immagine dell’immensità d’amore che mi ha tratto dal niente.