Con i social è finito il tempo delle pecore silenti
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Con i social è finito il tempo delle pecore silenti

Con i social è finito il tempo delle pecore silenti

Una scena del film 'Le Moine et la Sorcière' di Suzanne Schiffman (1987)
Afp - Una scena del film 'Le Moine et la Sorcière' di Suzanne Schiffman (1987)

I politici che stanno riflettendo sul post voto in Sardegna, su come mai masse anche ingenti di elettori possano ormai transitare velocissimamente da un partito a un altro, dalla decisione di voto a quella di non-voto, dovrebbero soffermarsi su una notizia come quella che sto per raccontare.

Un chirurgo romano trova su Google My Business delle recensioni piuttosto critiche che consigliavano di evitare il suo bisturi. Detto, fatto: si rivolge al giudice perché faccia cancellare immediatamente i commenti negativi ed eviti in futuro che appaiano, ma il Tribunale gli dà torto e lo condanna a pagare le spese legali. Insomma chi offre un servizio pubblico deve accettare i giudizi della gente, le lodi ma anche le critiche.

Ai siti di recensione, come Amazon, Tripadvisor, Booking e così via, spetta la responsabilità di verificare la veridicità dei commenti (puoi scrivere solo se quel prodotto l'hai comprato o se in quel ristorante ci sei stato davvero) ma rimane il principio, ormai sacro, della possibilità di giudizio da parte del pubblico.

Forse tra un po' accadrà anche a noi preti di essere recensiti per le nostre prediche, per come celebriamo la messa oppure offriamo il "servizio di accompagnamento spirituale" ed io credo che sia sostanzialmente giusto, oltre che inevitabile. Accade ormai a tutte le categorie professionali, dagli infermieri, ai medici e agli insegnanti, perché non dovrebbe accadere anche a noi?

Il vero aspetto positivo di tutto ciò è che, per chi vuole migliorare davvero il proprio servizio, quelle critiche sono fondamentali. Se gestisco un bed and breakfast è utilissimo sapere il motivo per cui un certo cliente non tornerà più e parlerà male di me. Lo fa perché non c'era l'acqua calda, la stanza era umida e i rumori dalla strada non l'hanno fatto dormire, e così io posso provare a porvi rimedio.

Chi di noi ha deciso di mettersi in gioco in rete per la sua professione ha già imparato l'importanza del feedback. Che in realtà ci sono sempre stati perché le case editrici sapevano quali libri vendevano e quali no, i ristoranti se un piatto andava o no, ma, da quando ci sono i portali con le recensioni dei clienti, come anche i blog e i social, è possibile per ciascuno verificare le reazioni della gente ai nostri comportamenti.

Ora si può passare da una valutazione approssimativa e generale ("questo articolo è stato molto letto") a critiche puntuali e precise. Per me, i commenti che leggo su Amazon o Facebook alle cose che scrivo, sono spesso più utili delle critiche dei lettori professionisti. Come insegna la vicenda del chirurgo plastico romano, è ormai venuto il tempo in cui sarà per tutti obbligatorio uscire, e velocemente, dalle rispettive posizioni di comfort professionali.

La vera fragilità del professionista che ha fatto causa a Google è stata quella di non accettare l'idea della lesa maestà e di non saper sostare nell'insicurezza. Dai resoconti che ho letto, il suo profilo non aveva solo recensioni negative: quelle critiche erano appena quattro a fronte di molte positive. Però quel signore non voleva nemmeno quelle.

Perché? Perché non ha creduto al buon senso della gente. Per esempio non sapeva che quasi tutti noi ormai diventiamo sospettosi se a proposito di un prodotto leggiamo solo recensioni positive ed entusiastiche: paradossalmente quindi, quelle quattro negative avrebbero avvalorato tutte le altre positive.

Così, se esistesse un servizio di "booking" per le omelie, invece di pensare male di chi diserta la mia chiesa, potrei capire perché i miei parrocchiani si rivolgono ad altri preti per le loro esigenze spirituali e potrei provare ad essere meno noioso. Perché, per i politici, come per i preti e i chirurghi, è finito il tempo delle pecore che si lasciano tosare in silenzio.

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