Perché il prezzo del petrolio continua a crollare nonostante i tagli dell’Opec

Volatilità dei mercati, eccesso di offerta. Ed anche gli scenari economici sembrano in trasformazione

petrolio prezzi ribasso

Nonostante il taglio di 1,2 milioni di barili al giorno deciso dall’Opec Plus lo scorso 7 dicembre il prezzo del petrolio è continuato a scendere inesorabilmente ai minimi di un anno e mezzo. Per trovare un prezzo così basso bisogna risalire a luglio 2017, mentre da ottobre è crollato del 40%. A nulla è servito pubblicare, da parte dei paesi Opec e non Opec, i tagli che spettano a ognuno di loro a partire dal prossimo primo gennaio per dare un segnale di trasparenza e serietà delle loro intenzioni al mercato. C’è da dire che un contributo importante al crollo delle quotazioni lo ha dato la Fed con la decisione di aumentare i tassi di interesse e Donald Trump che non ha voluto firmare il compromesso per evitare lo shutdown, ossia il blocco dei fondi al governo federale, senza i fondi per costruire il muro sul confine messicano.

Volatilità

Resta il fatto che il mercato del petrolio dalla scorsa estate, quando sempre l’Opec Plus decise di aumentare la produzione di un milione di barili in vista delle sanzioni americane all’Iran, vive un momento di grande volatilità. Il motivo principale deriva dal fatto che l’offerta è superiore alla domanda e che le prospettive dell’economia mondiale non sono più così rosee come qualche mese fa.

 Questa tendenza è stata messa in evidenza - in modo contraddittorio hanno detto gli investitori - proprio dal presidente della Fed, Jerome Powell, che ha aumentato i tassi e tagliato le stime del Pil. Una mossa singolare, non capita dagli investitori che hanno cominciato a vendere tutto quello che potevano.

Tra le cause l’eccesso di offerta e i tagli troppo timidi dell’Opec

Eppure molti analisti avevano previsto che il taglio dei 24 paesi Opec Plus non sarebbe stato sufficiente e che per riequilibrare il mercato sarebbe stato necessario togliere dalla piazza almeno 1,5 milioni di barili. Ad aggravare la situazione, l’esenzione di otto Paesi dalle sanzioni all’Iran che ha fatto sì che il greggio sul mercato, invece di diminuire, è aumentato. Tra i Paesi ‘graziati’ da Trump infatti c’è l’Italia ma anche la Cina, uno dei clienti principali di Teheran.

Altro elemento da considerare è che l’Opec Plus rappresenta circa la metà della produzione mondiale di greggio. Oggi il primo produttore al mondo sono diventati gli Stati Uniti che grazie allo shale oil hanno superato Russia e Arabia Saudita, raddoppiando la produzione. Il tutto per la felicità di Donald Trump che è sempre stato uno dei più grandi oppositori di qualunque aumento di produzione per tenere prezzi bassi e far passare un felice Natale agli automobilisti americani che si sposteranno per le festività.

 



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