di Adolfo Tamburello*
Napoli, 10 feb. - Il generale Zhao Kuangyin, che col nome di Taizu (r. 960-976) s’impadroniva del potere dei Zhou Posteriori a Kaifeng facendosi proclamare imperatore dalle sue truppe, fondava la travagliata eppure longeva dinastia Song (960-1279). Col fratello Kuangyi, che gli succedeva col nome di Taizong (r. 977-997), divideva una sequenza di guerre e sottomissioni che in poco meno di un ventennio ottenevano il pieno dominio sui “Dieci Regni”, dalla conquista e annessione di Chu nel 963 alla conquista degli Han del Nord nel 979.
In assoluto meno gloriose le loro gesta militari e quelle dei loro successori contro i Liao, i sovrani kitan che costituivano l’ultima a spegnersi delle cosiddette “Cinque Dinastie” e, proclamata nel 907, restava a lungo una spina nel fianco della Cina dei Song.
Altre spine nel fianco della dinastia lo diventavano prima nel Nord-Ovest gli Xia, popolazione di stirpe tibetana, nota anche col nome di Tanguti, e poi al Nord-Est i Jurchen (cin. Nuzhen), di origine tungusa e a maggioranza mancese, le cui aristocrazie discendevano dagli ormai lontani dinasti del regno di Parhae (cin. Bohai).
I primi fondavano alla fine del secolo X l’omonimo regno degli Xia o Xi Xia (Xia Occidentali, 990-1227) e nel 1038 il loro sovrano Li Yuanhao si proclamava imperatore. Nel 1044 i Song addivenivano con loro a un secondo rapporto tributario, dopo quello subìto nel 1004-5 dai Liao, rinnovato e appesantito nello stesso 1044.
A loro volta, i Jurchen fondavano con Aguda nel 1115 la dinastia Jin (l’“Aurea”), tramandata dalla storiografia cinese come Pei Jin (“Jin settentrionali”, 1115-1234). Anche costoro prendevano a espandersi e, verso Occidente, entravano in guerra aperta coi Liao. I Song, allettati da un’alleanza, schieravano le proprie forze a ridosso di quelle dei Jin, riuscendo sì nel 1125 a debellare i Liao, ma grazie soprattutto alle cavallerie jurchen che portavano gli attacchi più decisivi e coi Jin che poi prendevano il loro posto e nel 1127 occupavano addirittura Kaifeng. Nel 1132, dopo la cattura dell’imperatore abdicatario Huizong e del successore Qinzong, che erano tradotti loro prigionieri, i Song ripiegavano a Sud dello Yangzi e ricostituivano il proprio potere prima nei pressi dell’odierna Nanchino poi in quelli di Hangzhou, dando origine alla dinastia dei cosiddetti “Song meridionali”. Col trattato di Shaoxing del 1141-42, pur recuperando qualche territorio a nord del fiume Huai, concordavano un rapporto tributario coi Jin, accettando persino che il loro imperatore desse l’investitura al sovrano Song. I Jin portavano nel 1151 la capitale a Pechino, per insediarsi in permanenza a Kaifeng dal 1161. Nel 1165 un trattato finalmente paritario restituiva piena sovranità ai Song e instaurava una pace sia pure instabile a causa dei periodici scontri di frontiera.
Esistevano ormai all’epoca diverse “Cine”, oltre quella dei Song. Nello stato di Jin, un censimento del 1183 registrava una popolazione di nazionalità Han per l’85%, mentre la componente nazionale jurchen rientrava nel restante 15% insieme con altre minoranze tunguse, turche, mongole (kitan) e coreane. Nel 1186 l’impero prendeva tardive misure contro la sinizzazione dell’aristocrazia jurchen, la quale tuttavia l’aveva ancora vinta contro l’attacco che i Song le portavano nel 1206 e aveva l’effetto due anni dopo di un ulteriore e più gravoso onere tributario a loro carico. Non ne ricavavano neppure una pace duratura.
Nel 1221 i Song, cogliendo l’occasione dello stato di guerra frattanto instauratosi fra i Jin e i mongoli gengiscanidi, decisero di allearsi con costoro fino alla caduta dei Jin nel 1234. Poi era la volta degli stessi Song a subire dal 1273 l’occupazione mongola.
La dinastia manteneva il trono fino al 1279, l’anno in cui gli Yuan ultimavano la conquista della Cina.
L’impero Song, nato dunque con grandi ambizioni, fu e diventò territorialmente sempre più ristretto. Si aggiunga che molte sue province interne sfuggirono per periodi più o meno lunghi all’autorità dello stato centrale. Così nello Sichuan ove, a seguito di una ribellione, fu costituito fra il 993 e il 995 il regno dei Grandi Shu; Zhejiang e Anhui insanguinati nel 1120 e anni seguenti da una dilagante rivolta; lo stesso nel Hunan fra il 1130 e il 1135…
Intanto, nello scacchiere meridionale, ove su gran parte dell’odierno Yunnan si era formato sotto i Tang nel 737 lo stato vassallo di Nanzhao, questo era stato incorporato nel 937 da Duan Siping nel nuovo regno di Dali (“Grandi Li”), che gli imprimeva un assetto molto militarizzato. Dopo ripetute usurpazioni interne, esso si apriva a rapporti di maggior dialogo con i Song, diventandone anche uno storico rifornitore di cavalli e intensificando all’interno un processo di sinizzazione. Era pur esso scompaginato dai mongoli nel 1253.
Più a Sud, nell’odierna penisola indocinese, l’alta sovranità lasciata dai Tang sull’Annam era andata persa fin dal 939, quando, passata formalmente alla dinastia Liang che ne aveva confermato il governo a un nativo già sostituitosi a un governatore cinese, vi aveva assunto i pieni poteri un capo delle aristocrazie locali, Ngo Quyen, che aveva proclamato l’indipendenza dello stato ribattezzandolo dei “Grandi Viet” (Dai Co Viet, Dai Viet, cin. Dai Yue). Nel 968 Dinh Bo-lin lo trasformava in un impero, insignendosi, sullo storico esempio di Qin Shi Huandi, del titolo di Dinh Tiên Hoang Dê, “primo augusto signore dei Dinh”. Effimero l’impero di Dinh Bo-lin (968-979), era effimera la dinastia successiva dei Lê (980-1009), il cui fondatore Le Dai Hanh respingeva nel 981 un tentativo di invasione dei Song, intenzionati ad appropriarsi dei porti vietnamiti. Nel 1010 Ly Thai To, fondatore della nuova dinastia Ly, fissava la capitale della corte a Thang Long presso l’odierna Hanoi. Circa un secolo dopo, l’apertura ai traffici del porto di Van Don permetteva ai Song di intensificarvi i rapporti commerciali sulla spinta di un’ormai collaudata politica di relazioni diplomatiche con gli stati indocinesi e indonesiani servita da una flotta mercantile.
Il decollo di tale politica i Song l’avevano avuto dalla presa del Quandong nel 971, quando la rapida riorganizzazione dell’ispettorato marittimo aveva loro fatto largheggiare in licenze di navigazione anche a sudditi delle minoranze locali e a stranieri. Le facilitazioni richiamavano i musulmani che avevano disertato la Cina dopo le persecuzioni infierite nel secolo IX, ricostituendo comunità islamiche nei porti meridionali cinesi e ridando respiro a un’economia aperta a tutta l’Asia sud-orientale e verso Occidente.
Il governo Song armava mercantili che prendevano il mare alla volta sia della Corea e del Giappone sia del Sud-Est Asiatico. Nei porti dell’Indonesia e del golfo del Siam gli inviati stabilivano rapporti con mercanti indiani, arabi e persiani, contribuendo a strappare il monopolio commerciale e marittimo frattanto costruito dall’impero malese-indonesiano di Shrivijaya che controllava gli stretti e i mercati di rifornimento di legname, spezie, droghe. All’estremo Est le Molucche entravano nelle forniture cinesi di chiodi di garofano e noce moscata.
10 febbraio 2015
*Adolfo Tamburello già professore ordinario di Storia e Civiltà dell'Estremo Oriente all'Università degli Studi di Napoli 'L'Orientale'.
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