di Adolfo Tamburello*
Napoli, 28 ott. - Nella seconda metà del secolo VI, la sinizzazione delle aristocrazie di origini “barbariche” antiche e recenti al potere nel Nord arrivava al punto che l’ultima dinastia, quella dei Zhou settentrionali (557-579), si faceva col nome dei Zhou ristabilizzatrice ideale della classicità cinese ed erede dell’espansionismo dell’impero Wei finendo col regnare su tutta la Cina settentrionale e fino al Sichuan e allo Hubei. Uno dei suoi generali, Yang Jian (541-604), parente acquisito degli stessi Zhou, dal cui ultimo sovrano in età minore si faceva cedere le insegne imperiali, fondava nel 581 la dinastia Sui, assumendo il nome canonico di Wendi (l'"imperatore letterato”).
Nel 583 il nuovo sovrano concludeva un armistizio coi Turchi che premevano alla frontiera di Nord-Ovest e resi sicuri i confini anche col restauro di 350 km della Grande Muraglia, nel 585 si rivolgeva al Sud contro la dinastia Chen, che personalmente aveva già combattuto come generale degli Zhou. Unendo alla forza delle armi quelle della diplomazia e dell’intrigo, nel 588 faceva distribuire nello stato di Chen circa trecentomila fogli volanti con l’annuncio del progetto di riunificare la Cina sotto la propria sovranità. La propaganda otteneva il disarmo delle forze lealiste del meridione che gli si consegnavano. Il 589 segnava la data della Cina riunificata sotto il nuovo impero Sui.
Da Chang’an, dove aveva stabilito la corte, Wendi riorganizzava l’assetto istituzionale dello stato su rigide basi burocratiche, fissando gli organi governativi in quelli che sarebbero stati chiamati i “sei ministeri” (liubu: personale, riti, esercito, finanze, giustizia, lavori pubblici). L’istituzione sarebbe durata in vita, con poche varianti, sotto le successive dinastie fino al 1911. La burocrazia, sia civile sia militare, era accortamente reclutata per due terzi dal funzionariato e dal personale dei vecchi stati, per un terzo da elementi nuovi per lo più assunti col ripristinato sistema degli esami, che il figlio, Yangdi (r. 604-617), riordinava istituendo il sommo titolo dottorale di jinshi per i mandarini di più alto rango.
Assicuratosi il sostegno dell’intera burocrazia, Wendi manteneva esteso il controllo politico-diplomatico ai territori esterni alla Cina già soggette alle precedenti dinastie. Fronti di guerra con sanguinose campagne erano invece dilatati, a Ovest, contro le popolazioni turche dei Tolos e dei Tujue; a Est, contro il regno coreano di Koguryo e, al Sud, contro il Vietnam, con l’impiego anche di flotte. Spedizioni partivano alla volta del Champa e delle odierne Ryukyu. Relazioni pacifiche erano stabilite col Giappone fin dall’anno 600.
La popolazione cinese rimaneva decimata dalle perdite di guerra e dalle corvè per i colossali lavori di costruzione di città come Luoyang, nuova fastosa residenza della corte, per impianti portuali, strade, silos e depositi, strutture idrauliche con grandi canali navigabili. Il gigantesco progetto di unire lo Yangzi allo Huangho avrebbe fruttato il successivo Grande Canale, che rimaneva nella storia la garanzia di un rifornimento strategico del Nord dal Sud, pur se col sacrificio economico della Cina centro-meridionale. Grazie al Grande Canale, secoli dopo Pechino poteva assurgere al ruolo di ca-pitale imperiale malgrado la sua eccentricità geografica.
Yangdi, che si staglia nella storia come uno dei più grandi sovrani costruttori del mondo, perdeva la vita e l’impero con le sconfitte belliche, le sollevazioni alle frontiere, le rivolte interne. Il nipote, Yang Hao, messo sul trono nel 618, era nello stesso anno assassinato, mentre la Cina tornava a dividersi. Seguiva l’ordine instaurato da un governatore militare, Li Yuan (565-635), che si ribellava alla consegna di mantenere le difese contro i Turchi e, alleatosi con costoro, marciava su Chang’an, da dove si proclamava fondatore del nuovo impero Tang col nome di Gaozu (618-626). Co-regnante gli era il figlio Li Shih-min, che assumeva il trono nel 626 come imperatore Taizong (626-649).
Con l’impero riunificato nel 623, la Cina viveva un periodo di grande ripresa e sviluppo sul piano politico ed economico. Il sistema della distribuzione uniforme della terra continuava a essere applicato almeno nel Nord e garantiva entrate fiscali permanenti. Grandi tenute a pascolo allevavano buoi, pecore, cammelli e soprattutto cavalli per il rifornimento degli eserciti. Col secondo sovrano Taizong, l’impero raggiungeva il culmine della potenza e del prestigio sul piano internazionale. Sottomessi i Turchi nel 630, un’amministrazione Tang era istituita in Mongolia. Le cavallerie turche, passate al servizio di Taizong che lo riconoscevano loro “qagan celeste”, ripristinavano l’impero sull’Asia centrale con la conquista del bacino del Tarim. Perfino i più lontani Uighuri vi si sottomettevano. Molti stati si dichiaravano tributari dei Tang, e l’India settentrionale, l’Iran sasanide e perfino l’impero romano d’Oriente, conosciuto ora come Fulin, inviavano ambascerie. Relazioni pacifiche erano stabilite nel 641 anche col regno tibetano, il cui re Songtsen Gampo (r. c. 620-649) otteneva in moglie da Taizong la principessa Wencheng.
La Cina registrava il culmine di un panasiatismo culturale. Chang’an, ricostruita già dai Sui presso l’omonima capitale della prima dinastia Han, era riprogettata secondo un piano che ricordava quello delle città romane con una pianta a scacchiera e vie orientate secondo i punti cardinali entro un perimetro quadrato di mura di circa 10 km. La città imperiale, con gli uffici, gli edifici cerimoniali e di rappresentanza, sorgeva come in precedenza nel settore settentrionale ed era composta di splendidi palazzi, santuari e templi. Nella capitale e in altre città dell’interno interi quartieri erano popolati di stranieri, per lo più centrasiatici e in maggioranza sogdiani.
Nel 635 giungeva a Chang’an dal Vicino Oriente il sacerdote nestoriano Aloben (o Oloben, dal siriaco “Rabban”) con altri missionari per predicarvi il nestorianesimo, cioè la dottrina cristiana d’Iran, duofisita e di rito siriaco. Tre anni dopo era costruita nella capitale la prima chiesa cristiana. Dediti con i loro discepoli a un intenso proselitismo specialmente fra gli stranieri residenti, i sacerdoti nestoriani si sparpagliavano nelle province diffondendo le loro scritture in traduzioni o adattamenti in cinese. Per due secoli il nestorianesimo, perseguitato ed espulso dall’Europa sotto condanna di eresia, fioriva all’ombra della protezione imperiale, con il monumento più insigne della locale cristianità costituito dalla grande stele di Xian del 781. Echi del nestorianesimo arrivavano fino in Giappone. Sulle coste cinesi si stabilivano Persiani, Indiani, Indonesiani, Arabi, Siriaci, Greci. Nella sola Canton si contavano oltre centoventimila stranieri. Professavano il mazdeismo, l’islam, il giudaismo e, appunto, il cristianesimo.
La dinastia Tang prolungava con difficoltà le proprie glorie militari, e già un insuccesso contro Koguryo nel 645 amareggiava gli ultimi anni di regno di Taizong. Il figlio Gaozong (r. 649-683) pacificava lo scacchiere mancese-coreano alleandosi con lo stato coreano di Sinla contro Koguryo e il regno della Corea meridionale di Paekche. Dopo avere occupato Paekche nel 659 e disfatto nel 663 una flotta giapponese intervenuta in aiuto dell’alleato coreano, sconfiggeva Koguryo, incendiandone nel 670 la capitale Pyongyang, ma era costretto poco dopo a lasciare la Corea nelle mani di Sinla, unificatrice della penisola, e limitarsi ad esercitarvi un’alta sovranità. Sul fronte occidentale, nel 670 i Tibetani dilagavano sull’Asia centrale impadronendosi del bacino del Tarim ed espandendosi verso il Gansu. Nel 683, i Turchi orientali, in rivolta, costituivano uno stato indipendente. Un altro ripiegamento interveniva di fronte agli Arabi, alla cui irrompente espansione, nel corso del secolo VII, Bisanzio perdeva gran parte delle province asiatiche e l’impero sasanide era travolto. I Tang fornivano invano qualche soccorso militare. Accoglievano il tesoro della corona che l’ultimo dei Sasanidi, Yezdegird III, inviava nel 651 prima dello scontro finale e davano ospitalità al principe ereditario Peroz con il suo seguito. Le uniche imprese vincenti di Gaozong restavano quelle al Sud, ove il sovrano incorporava all’impero l’odierno Vietnam settentrionale e vi instaurava nel 679 un protettorato militare, ribattezzando il paese come Annan, il “Sud pacificato” (vietn. Annam). Ai confini sud-occidentali rimaneva indipendente, ma per ora alleato, lo stato di Nanchao (tibetano Myva), sorto su basi etniche thai nel Sichuan e nello Yünnan nel 649.
All’interno, Gaozong portava a termine nel 653-54 una grandiosa opera giuridica, il Tanglü shui, un commentario al codice del 637, che, frutto di un’elaborazione legislativa ormai di molti secoli, rimaneva alla base del successivo diritto imperiale cinese e informava di sé la vita legislativa di tutto l’Estremo Oriente. Era il primo codice cinese a giungerci completo. Le istituzioni civili, già preminenti su quelle militari, erano sottoposte al controllo della magistratura del censorato (yushitai). Dal 669 erano ribanditi i concorsi per l’accesso alle cariche pubbliche. Il sistema degli esami su basi confuciane era consolidato da Wu Zetian, imperatrice consorte di Gaozong e dal 684 imperatrice sul trono (r. 684-705), fondatrice nel 690 di una dinastia che si faceva usurpatrice dei Tang per riprendere il nome degli Zhou. Con lei gli eserciti cinesi tornavano a occupare il bacino del Tarim.
28 ottobre 2014
*Adolfo Tamburello già professore ordinario di Storia e Civiltà dell'Estremo Oriente all'Università degli Studi di Napoli 'L'Orientale'.
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