di Adolfo Tamburello*
Napoli, 17 giu. - L’espansione imperiale Han ebbe un primo culmine sotto il regno di Wudi, immortalato come l’“imperatore guerriero” (r. 140-87 a.C.). Già nel 177 a.C., a onta dei patti stabiliti da Gaozu con gli Xiongnu, loro gruppi occupavano le regioni a Sud del Fiume Giallo e da lì compivano razzie che costringevano gli Han a prendere le armi e a inviare 85 mila uomini; gli Xiongnu eludevano il combattimento. Dopo ulteriori irruzioni subite nei decenni seguenti, nel 129 a.C., Wudi (r.140-87 a.C.) armava una spedizione che li ricacciava verso le loro precedenti sedi, liberando il territorio dell’ansa del Fiume Giallo che era colonizzato dal 120 a.C. Circa 40 mila Xiongnu si arrendevano ed erano raccolti in sette shuguo.
Insediamenti cinesi all’esterno della Grande Muraglia si moltiplicavano nell’Asia centrale per una conversione agraria di nuovi suoli a sfoltimento demografico della Cina settentrionale. Emigrazioni forzate erano intensificate dal 127, quando centomila contadini del bacino del Fiume Giallo erano deportati e insediati nell’attuale Mongolia. Dal 121 a.C. erano scalzati dall’attuale Gansu gli Yuezhi, popolazioni di lingua indoeuropea, identificate con i Tochari delle fonti occidentali, e l’annessione dei nuovi territori affidata a guarnigioni cinesi. La conquista assicurava l’accesso al bacino del Tarim. Una grossa spedizione si addentrava nel 119 per oltre mille chilometri nel deserto del Gobi, mentre truppe leggere raggiungevano attraverso l’Asia centrale il Ferghana, dove si rifornivano dei famosi cavalli della regione.
Nel 108 a.C. erano conquistati il Turfan e il Lobnor, in cui sarebbe sorta la città di Lou-lan. Infine, sotto il regno di Xuandi (73-49 a.C.), i Cinesi presidiavano l’intero bacino del Tarim.
Sul fronte nord-orientale, lo stato di Yan aveva esteso alla penisola coreana un certo numero di amministrazioni civili e militari, indebolendo il locale regno coreano del Choson e quando Qin Shi Huangdi aveva unificato la Cina, il re coreano gli si era sottomesso spontaneamente. Caduto l’impero Qin, il Choson accoglieva un gran numero di profughi dai ricostituiti regni di Yan, Qi e Zhao; costoro erano insediati nelle regioni occidentali del territorio nord-coreano. Alla restaurazione dell’impero sotto gli Han, il re di Yan, disconoscendo la sovranità di Liu Bang, si alleava con gli Xiongnu rifugiandosi presso di loro. Un uomo del suo seguito, di nome Wei-man, lo abbandonava, raggiungendo la Corea. Il sovrano del Choson, Kijun, gli concedeva il comando di una guarnigione ai confini occidentali, ove, rafforzatosi con altri rifugiati, Wei-man spodestava, fra il 195 ed il 194, il re Kijun e, impadronitosi del trono, si dichiarava vassallo dell’impero Han, facendosi formalmente riconoscere re del Choson.
Kijun, con il proprio seguito, fuggiva per mare: secondo alcune fonti, si stabiliva su un’isola; secondo altre, approdava alle terre meridionali, dove risiedevano tribù note col nome di Han o Ma-han, delle quali diventava “re”.
Durante il regno di Wei-man e fino a quello del nipote Yuchu (cor. Uko), il Choson continuava ad essere rifugio di esuli e ribelli provenienti dalla Cina. Le fonti accennano alle ondate di profughi che nella prima metà del secolo II a.C. riparavano nella penisola, probabilmente non solo attraverso il Liaodong, ma via mare dallo Shandong e dalle coste centro-meridionali. Grazie alle nuove immigrazioni, il regno si consolidava ed estendeva i confini alle sponde dello Yalu, mentre avanzava pretese di sovranità sul resto della penisola. Alle popolazioni meridionali impediva di allacciare rapporti diretti con l’impero Han, spingendo nel 109 a.C. l’imperatore Wu ad attaccare il Choson per terra e per mare e ad assediarne la capitale che era espugnata grazie al tradimento degli stessi ufficiali di Yuchu. L’anno seguente i Cinesi istituivano nella penisola quattro distinte amministrazioni coloniali (jun) con le quali instauravano un dominio diretto sulla Corea. Il centro principale diventava la città di Luolang (cor. Nang-nang) che svolgeva una funzione di grande importanza per lo sviluppo culturale della penisola e l’intermediazione dei rapporti fra la Cina e il Giappone. Era un centro fiorente, la cui capitale Wangxian, nei pressi dell’attuale Pyongyang, pare raggiungesse i 400 mila abitanti. Scavi eseguiti nella sua vasta necropoli hanno portato alla luce lacche, sete, ceramiche, oreficerie, monete, vasellame ed armi di bronzo e di ferro.
Intanto, nel Sud, la dinastia Trieu sul trono del Nan Yue (Vietnam) tentava ripetutamente coi successori di Chao Tuo di sottrarsi ai vincoli di vassallaggio contratti con gli Han, finché il loro comportamento decideva l’imperatore Wu a inviare, nel 111 a.C., una spedizione al comando di Lu Bote, che rovesciava la dinastia e ne annetteva il regno all’impero col nome di Giao Chi. La nuova circoscrizione, da tempo aperta alle immigrazioni dal Nord, riceveva un numero crescente di coloni che intensificavano il processo di sinizzazione dell’area. In tali circostanze l’odierno Vietnam settentrionale entrava sempre più intimamente nell’area di influenza politica e culturale cinese.
Lo stesso accadeva nel Sud Ovest, ove nello Yunnan gli Yue Min erano annientati nel 110 dalle forze di Wudi, e lo stesso accadeva l’anno dopo nello Yunnan settentrionale per i Dian, fra i quali dalla fine degli Stati Combattenti Zhuang Qiao, un generale dello stato di Chu aveva fondato un autonomo regno chiamato appunto Dian dall’etnonimo delle locali popolazioni sino-barbariche. Nel corso del I secolo a.C. spedizioni erano rivolte contro i Kungming, in appoggio all’espansione cinese verso i confini dell’odierna Birmania settentrionale. Si intensificava il processo di sinizzazione della penisola che in età moderna avrebbe preso il nome di “indocinese”.
*Adolfo Tamburello già professore ordinario di Storia e Civiltà dell'Estremo Oriente all'Università degli Studi di Napoli 'L'Orientale'.
17 giugno 2014
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