di Adolfo Tamburello*
Napoli, 30 mag.- Benché ritardata di mesi, la notizia della morte di Qin Shi Huangdi, avvenuta nel 210, non servì a sedare lo spirito di rivolta già in fermento in tutto l'impero per la durezza del regime. Il "Secondo Imperatore" (Er Shi Huangdi), scelto da Li Si e dall'eunuco Zhao Gao nel figlio di Qin Shi Huangdi, Huhai, al posto del fratello maggiore Fu Su designato al trono, che si vuole si uccidesse o fu ucciso, non riuscì a fronteggiare lo spirito d'opposizione e le sue truppe marciarono invano contro le masse che un primo rivoltoso di nome Chen, armava proclamandosi re di Chu e aprendo un breve periodo di sommosse dilaganti.
Nel contesto, vari "re" rivendicavano le vecchie autonomie in nome di una restaurazione della situazione politica preimperiale. Nel 207 il titolo di huangdi era abrogato, e Ziying, figlio di Fu Su, succedeva come semplice "re" di Qin. La supremazia passava momentaneamente al regno di Chu, che era stato uno degli ultimi a soccombere ai colpi di Qin e aveva conservato una forte coesione. Da Chu partiva la conquista di Qin e nel 207 la capitale Xianyang subiva il saccheggio e la distruzione e anche la biblioteca imperiale, che custodiva le copie delle opere proscritte dall'editto del rogo dei libri, bruciava tra le fiamme. Un re legittimo, Huai, figurava nominalmente come il nuovo sovrano di Chu, ma il potere effettivo era nelle mani di un condottiero, Xiang Yu, il quale aveva armato la spedizione contro Qin e si era significativamente insignito del titolo di pa, facendo rivivere il clima delle ormai vecchie egemonie. I generali che avevano condotto alla vittoria Chu erano proclamati o riconosciuti "re" (wang) e investiti di sovranità regionali nelle mire di una restaurazione ricalcata su quella degli ultimi Stati Combattenti.
All'atto della sottomissione dei "re" alla nuova egemonia, il generale Liu Bang, che aveva militato agli ordini di Xiang Yu ed era stato insignito nel 206 del titolo di re di Han, insoddisfatto dei domini del Sichuan ricevuti in investitura, si impadroniva della valle del Wei, insediandosi nel territorio dei Qin. Forte di tale retroterra, muoveva contro Xiang Yu che rimaneva ucciso sul campo e avocava a sé il trono imperiale, fondando nel 202 a.C. l'impero Han, il quale, con la parentesi di un breve interregno agli inizi dell'era cristiana, doveva durare fino al 220 d.C.
La "sinicità" rimaneva legata al nome della dinastia, tanto che ancora ai nostri giorni la maggioranza etnica "cinese" è conosciuta come han. La capitale era stabilita a Chang'an, costruita per l'occasione poco a sud della distrutta Xianyang. Nel 198 a.C. più di 100 mila persone vi erano trasfe¬rite dai paesi di Qi e Chu. La città rimaneva per molti secoli capitale della Cina, sia pure attraverso lunghe interruzioni e riedificazioni, ed era destinata a diventare, con l'epoca Tang (618-907), il modello urbanistico di molte capitali dell'Estremo Oriente col suo impianto urbanistico a maglia quadrangolare.
Liu Bang (256-195), passato alla storia col nome di Gaozu (l'"Alto antenato"), informava la sua azione politica a un sobrio pragmatismo. Preso atto della realtà determinatasi con la ricostituzione dei vari regni, ne lasciava il trono ai sovrani già designati o li affidava a membri della propria famiglia e a generali e funzionari che si erano resi campioni della sua causa. Mirava a scongiurare una decentralizzazione feudale iscrivendoli nelle province, a capo delle quali preponeva governatori civili e comandanti militari. Circoscrizioni ispettive raccoglievano più province e gli ispettori erano agli ordini di un ufficio centrale con compiti di censorato e soprintendenza. Organi collegiali corrispondenti a ministeri erano divisi per competenze e dipendevano dall'imperatore e dal consiglio privato che coadiuvava il sovrano. Questi, giovandosi del consiglio del ministro Lu Gu, consentiva che i princìpi del legalismo fossero temperati dall'etica del confucianesimo e conveniva che il sovrano esercitasse non tanto un potere autocratico, quanto formalmente di discussione e ratifica dei "memoriali" proposti al trono dagli organi di governo come da comuni sudditi, secondo l'idea embrionale di una politica basata sul 'consenso'. Nel 196 emanava un editto in cui ordinava alle autorità provinciali di scegliere e inviare alla capitale giovani di merito da destinare alla carriera amministrativa. Era un primo passo verso il sistema degli esami concorsuali per il reclutamento dei funzionari civili e degli ufficiali militari, sistema del quale la Cina sarebbe diventata antesignana e famosa.
Data priorità al consolidamento interno dello stato, a Gao zu non faceva apparentemente ombra che vasti territori periferici già incorporati dall'impero Qin andassero al momento perduti, ciò specialmente al Nord, ove, sotto lo shanyu Douman e il figlio di questi Maodun - il quale pare non esitasse a uccidere il padre per impadronirsi del trono e proclamarsi analogamente al sovrano cinese "Figlio del Cielo" (tengri koto) -, gli Xiongnu estendevano il proprio dominio piegando o disperdendo molte tribù nomadi, che regredivano dall'odierna Mongolia orientale verso la Manciuria e la Corea. Sin dal 201 a.C., Gaozu concordava con loro una politica di "pace e parentela" in cambio di donativi e di una principessa cinese per lo shanyu. Il trattato, steso con la formula di un "patto tra fratello maggiore e fratello minore"), riconosceva una formale superiorità al sovrano cinese e impegnava gli Hsiung-nu a cessare irruzioni e sac-cheggi e astenersi dal taglieggiare le carovane lungo l'Asia centrale dirette da e verso la Cina.
Nel Sud, frattanto, il generale Chao Tuo al comando di una spedizione voluta da Qin Shi Huangdi contro il regno di Au Lac, si poneva a capo delle locali popolazioni Yue, fondando nel 203 a.C. l'impero dei Nan Yue, cioè dei "Viêt meridionali" (Viêt Nam, cin. Nan Yue). Come capitale sceglieva Phien-ngung (cin. Fan'yu), vicino l'attuale Canton. I successori di Gaozu avrebbero contrastato il dominio di Chao Tuo e dopo una serie di conflitti il generale accettava nel 179 a.C. di rinunciare al titolo di "imperatore" per quello di "re", ricono¬scendosi capo di uno stato tributario ma rimanendo annoverato come fondatore della dinastia reale vietnamita dei Trieu, la quale estendeva i suoi dominî fin sul delta del Song Ma.
30 maggio 2014
*Adolfo Tamburello già professore ordinario di Storia e Civiltà dell'Estremo Oriente all'Università degli Studi di Napoli 'L'Orientale'.
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