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Milano, 6 dic. - Trovo l’intervista di Federico Fubini ad Alberto Forchielli dal titolo “Io li conosco,gli imprenditori cinesi sono criminali”, pubblicata su La Repubblica di lunedì 2 dicembre in merito ai gravissimi fatti di Prato, estremamente inquietante.
La trovo inquietante perché criminalizza senza distinzioni tutti gli imprenditori cinesi e tutto il loro Paese, il cui ambiente viene definito “privo di etica, fatto di rapporti, evasioni, infrazioni”.
Ovviamente non ci sono e non ci devono essere scuse per chi ha sfruttato quei poveri lavoratori, probabilmente “schiavi” del loro debito per migrare in Italia, senza alcun rispetto non solo della loro dignità, ma anche della loro sicurezza personale.
Questi fatti, non isolati e forse molto comuni nella comunità cinese in Italia (e altrove nel mondo, Cina inclusa), non possono però far emettere un giudizio generalizzato di criminalizzazione.
Conosco personalmente aziende cinesi, grandi e piccole, in Italia, in Cina e nel resto del mondo che lavorano in modo corretto e trattano i propri lavoratori in maniera corretta e a volte anche con grande attenzione e volontà di sviluppo della persona.
In Cina infine ci sono leggi che proteggono il lavoratore simili a quelle di altre paesi. In Cina c’è un’etica sociale (quella confuciana) che è ben interiorizzata dalla stragrande maggioranza della popolazione. La vivacità delle denunce che giornalmente vengono postate sui social media cinesi per condannare corruzione, privilegi, abusi, ecc. dimostra che l’ambiente sociale cinese ha un’etica forte (magari diversa dalla nostra, ma con obiettivi simili, ovvero la pace e l’armonia sociale).
Il fatto che in Cina spesso le leggi siano infrante e che spesso (ma nessuno ha mai misurato le percentuali tra 'buoni' e 'cattivi') ci siano imprenditori con comportamenti altamente non etici e criminali, non può permettere a nessuno di generalizzare all’intero Paese e alle relativi classi di appartenenza. Chi lo fa si espone al rischio di essere razzista: ovvero di colui che ritiene che ci siano motivi strutturali (fisici o culturali) per ritenere inferiore un popolo o un gruppo sociale.
Che la denuncia di Forchielli (che peraltro ha molti meriti di apertura verso la Cina e l’Asia) sia essenzialmente errata, una voce forse “dal sen fuggita” sull’onda della commozione, lo dimostra l’articolo di Laura Montanari sulla stessa pagina. In quell’articolo vengono riportate le dichiarazioni e le denunce di due esponenti della comunità cinese che condannano i fatti di Prato. Il criminalizzare l’intera comunità cinese ha anche l’effetto negativo di non valorizzare le voci nuove e giovani di tale comunità. Ricordo anche la lettera, di alcune settimane
orsono (pubblicata sui giornali italiani) del giovane cinese di seconda generazione di Milano che ha scritto apertamente al padre invitando lui (e di conseguenza tutta la generazione di prima immigrazione) a integrarsi di più con il nostro Paese e soprattutto a riconoscerlo almeno come seconda Patria.
Ultime tre considerazioni.
Uno. È giusto condannare comportamenti criminali, però occorre sempre ricordarsi – per meglio tarare toni e soprattutto generalizzazioni – da quale pulpito facciamo la predica. Vogliamo prima rileggere insieme Gomorra? Vogliamo ricordarci quanta contraffazione viene prodotta in Italia? Vogliamo ricordarci di quanti impuniti sopra la legge ci sono in Italia?
Due. Ricordo che molti anni fa accompagnando una delegazione di imprenditori italiani a visitare alcune fabbriche cinesi, uno di questi industriali, che ricopriva anche un’importante incarico confindustriale, pur apprezzando la produttività di una grande fabbrica di scarpe del Guangdong, di fronte alla disciplina rigida del luogo lodava la superiorità del nostro sistema industriale nella protezione dei lavoratori. Ebbene l’ultimo giorno di missione, aprimmo il Corriere della Sera e leggemmo che era stata chiusa – in una città italiana - una fabbrica (italiana con
lavoratori italiani) per “messa in schiavitù” della manodopera.
Tre. Mi chiedo infine come mai i vigili urbani di Prato hanno fatto i controlli nelle fabbriche vicine a quella dell’incendio chiudendone alcune per gravi infrazioni solo il giorno dopo l’incidente?
6 dicembre 2013