di Emma Lupano
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Pechino, 07 ott. - Alla fine i colpevoli, a torto a o a ragione, sono sempre loro: i funzionari locali. Corrotti, arroganti e convinti di essere intoccabili, quando vengono colti in fallo catalizzano la rabbia e il disprezzo dell’opinione pubblica cinese. Questo anche perché, in un paese dove muovere attacchi frontali alla leadership centrale può risultare fatale, colpire a livello locale è il massimo che ci si può permettere.
Una pratica che la campagna lanciata da Xi Jinping sulla critica e autocritica dei funzionari pubblici avalla ulteriormente e che si è verificata anche nel caso della legge sui “pettegolezzi”. Normativa discutibile in partenza, quella che prevede pene detentive per chi diffonda online notizie non verificate che vengono lette da più di 5000 persone: sia per i non chiari confini che pone alla libertà di espressione individuale, sia per la facilità con cui la regola si presta ad abusi da parte delle autorità. Ma anche se sono stati i vertici nazionali a vararla, nessuno, sui giornali cinesi, ha puntato il dito contro Pechino quando della legge si sono cominciate a vedere le falle. Gli opinionisti cinesi si sono invece concentrati sui funzionari locali protagonisti dei casi specifici di abuso legati all’applicazione delle nuove regole.
Normale allora che anche il Quotidiano del popolo abbia partecipato attivamente alle rivelazioni e al commento della vicenda di Yang Hui, il sedicenne del Gansu arrestato a metà settembre e poi rilasciato per aver diffuso voci diffamatorie in rete e poi rilasciato il 23 settembre. Il 25 settembre il giornale portavoce del partito scrive: “Bisogna guardarsi dall’uso distorto delle leggi a livello locale. Rifiutare la supervisione dell’opinione pubblica è una manifestazione di dispotismo locale”.
Frasi diverse, ma stessa sostanza, in un altro commento uscito lo stesso giorno sul Xin Jing Bao a firma Xi Bei: “Il funzionario intelligente deve apprendere una sola lezione di morale: per superare lo scrutinio dell’opinione pubblica e non essere smascherato sotto milioni di paia di occhi, deve comportarsi da gentiluomo. I servitori dello Stato devono per principio aspettarsi di finire sotto la lente di ingrandimento dei cittadini. Nell'era in cui internet ha reso tutti potenziali giornalisti, i funzionari pubblici devono essere noti per la loro correttezza e pronti in ogni momento ad essere esaminati dal pubblico”.
Qualche giorno dopo, il Xin Jing Bao è tornato sulla vicenda con un editoriale anonimo. Lo spunto sono le dichiarazioni rilasciate a fine settembre da un esponente dell’Ufficio per l’informazione online cinese: “Bisogna distinguere i netizen che intenzionalmente diffondono un pettegolezzo dai netizen che non intenzionalmente lo rilanciano”.
In effetti, segnala il quotidiano di Pechino, “le corti locali hanno già ricevuto istruzioni affinché questi casi non vengano affrontati in modo troppo rigoroso”. Peccato che “qualche errore nell'applicazione di quella legge si sia già verificato”, e l’editoriale cita espressamente alcuni casi, compreso quello di Yang Hui, sottolineando che “questi arresti e rilasci fulminei hanno eroso la credibilità pubblica della giustizia e hanno danneggiato la solennità dello stato di diritto. La lotta ai pettegolezzi deve essere condotta in un paese e in un sistema governati dalla rule by law e non sulla base dell’applicazione individuale della legge. Bisogna evitare - dice il Xin Jing Bao - che alcune amministrazioni locali o alcuni funzionari si servano della norma sfruttando la propria posizione per mettere sotto pressione i critici della rete”. Perché i funzionari devono “accettare le critiche”, come dice il nuovo credo di Xi Jinping.
Guai invece a mettere palesemente in discussione la bontà della legge varata dagli alti papaveri: l’editoriale si affretta a puntualizzare che “la supervisione dell'opinione pubblica e la lotta ai pettegolezzi in rete in sé non sono in contrasto l’una con l’altra”, e per far sì che possano coesistere si accoda alla linea dell’Ufficio per informazione online: “Nei casi concreti, bisogna giudicare sulla base delle motivazioni soggettive del netizen (c'era un intento malevolo nella diffusione di un pettegolezzo, o non c'era?) e punire i danni arrecati alla società con pene stabilite: se si è diffuso un pettegolezzo per sbaglio, basterà scusarsi e cancellarlo; se si è diffuso un pettegolezzo con l’intenzione di danneggiare la reputazione di una persona, bisognerà assumersene la responsabilità davanti alla legge. Se si tratta di una trasgressione banale, la pena sarà amministrativa. Solo quando si verificano casi gravi che arrivano ad essere azioni criminali andrà avviato un procedimento penale”.
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