di Adolfo Tamburello *
Napoli, 23 ago. - Lo zodiaco cinese dà l’anno in corso sotto il segno del serpente, e a molti nati sotto questo segno è venuta certamente la curiosità di sapere perché i cinesi con tanti animali che annoverano fra la loro fauna abbiano scelto proprio il serpente per indicare un segno dello zodiaco così positivo, al contrario della concezione giudaico-cristiano-islamica che lo vede come la personificazione terrena del Maligno. Non saremo certo noi a esaudire la loro curiosità. Basti dire che oggi anche in Europa sono tanti che cominciano a guardare i serpenti con occhi benevoli fino ad allevarli e accudirli come animali da compagnia. Ancora non si dà il caso che li mangino, a differenza dei cinesi, che pare ne siano ghiotti e di cui non perdono nulla dell’eventuale loro veleno e fino agli occhi, alla pelle, al grasso, agli oli, alle vertebre, per usi d’industrie, di efficacissima farmacopea, di decantata cosmetica. Tra l’altro, sono molti i serpenti in Cina, anzi è il paese che ne annovera le maggiori specie.
Agli europei li cominciava a descrivere Marco Polo dallo Yunnan, che lui chiamava Caragian: “…in questa provincia nasce lo grande colubre e ’l grande serpente, che sono sì smisurati che ogn’uomo ne dovrebbe pigliare meraviglia; e sono molto oribile cosa a vedere”.
Come spesso accadeva al nostro mercante viaggiatore di esagerare, altrettanto spesso passava dal vero al fantastico: “ànno due gambe dinanzi, presso al capo, e non ànno piede, salvo un’unghia fatta come di leone; lo ceffo à molto grande, lo naso magior ch’un gran pane, la bocca tale che bene inghiottirebbe un uomo al tratto, li denti grandissimi; ed è sì smisuratamente grande e fiera, che no è uomo né bestia […] non n’abbia paura”. Quando i cacciatori avevano ragione di lui: “incoltamente ch’è morto, sì li cavano lo fiele del corpo e vendollo molto caro, perciò ch’è la migliore medicina […]. Ancora la carne si vende perché è molto buona a mangiare…”.
A sua volta, il francescano Odorico da Pordenone (1265-1331) nella sua Descriptio Terrarum (o Itinerarium) descriveva i serpenti di Canton: “Ivi sono anche i maggiori serpenti che abitino il mondo e gli abitanti ne catturano molti che poi mangiano dolcemente. Onde in qualsiasi solenne convito si mangiano codesti serpenti, e perciò non farebbero alcun convito se non avessero da offrire di tali serpenti”.
I pranzi a base di serpenti restano in auge nei tanti ristoranti del meridione cinese specializzati in loro portate “in tutte le salse”, anche se inarrivabili alla fama di quelli serviti dal più che centenario Snake Restaurant di Canton. Ma i serpenti si mangiano un po’ dappertutto in Cina, insieme con altri rettili e anfibi. E non si mangiano soltanto, si bevono liquori ed elisir ricavati da serpenti disseccati in infusione in alcol.
Ovviamente c’è differenza di prezzo fra una specie e un’altra e persino fra quelle d’allevamento per pietanze culinarie più alla buona: diciamo come i nostri polli d’allevamento rispetto a quelli ruspanti. Ignoriamo invece quanto la cucina cinese distingua fra i serpenti velenosi e non, ma c’è da aspettarsi che le carni dei primi i buongustai le assaporino con più trepidazione, come fra i pesci i buongustai gustano il velenosissimo pesce palla. Persino le galline morte avvelenate dai morsi dei serpenti sembra offrano carni per i più esigenti palati.
Del resto, distinguere fra serpenti velenosi e non, non è sempre facile con i tanti serpenti che rimangono ancora poco conosciuti o poco studiati. Oggi alcuni definiscono i colubri come un genere di serpenti non velenosi, ma non è sempre vero; e molti di velenosi sono assai diffusi in Asia. È risaputo che i serpenti comprendono bisce e vipere, le prime innocue (come la natrice dal collare o biscia d’acqua, euroasiatica per eccellenza), velenose le seconde, come il Marasso palustre, cioè il viperide con la più vasta area di distribuzione dall’Europa al Pacifico perfino oltre il circolo polare artico.
Di viperidi famosi, la Cina annovera specialmente l’Agkistrodon halys, una grande vipera predatrice soprattutto di uccelli di passo, diffusa per tutta la Cina e dalla Siberia alle Liuqiu. Gli esemplari più celebri sono i circa 130 mila dell’“Isola dei serpenti”, lo Xiaolongshan (Monte dei piccoli draghi), un isolotto roccioso del settentrionale golfo di Bohai, non lontano da Dalian, nel Liaoning. Un tempo la piccola isola era letteralmente infestata di vipere ed era meta di cacciatori di ricercate carni e veleni, oggi Riserva naturale e Parco Nazionale. Un’altra varietà di Agkistrodon, chiamata in Giappone mamushi, che è un viperide della famiglia dei crotalini endemico anche della Cina e della Corea. Ha fama di mordere annualmente migliaia di persone, procurandone la morte di una cinquantina pure a dispetto delle cure intensive cui molte vittime vengono sottoposte. Il suo nome scientifico è Gloydius Blomhffii, da Jan Cock Blomhoff, che per primo lo descrisse quando si trovava in Giappone a dirigere l’Agenzia olandese di Deshima fra il 1817 e il 1824.
In remote epoche geologiche la Cina contribuì col resto dell’Estremo Oriente a popolare anche l’America del Nord di progenitori di questi animali. All’epoca il “Nuovo Coninente” era unito all’Eurasia attraverso l’attuale Stretto di Bering. Poi molti serpenti asiatici dovevano raggiungerlo attraverso il Pacifico su mezzi di fortuna come i tronchi d’albero: sembra possa spiegarsi solo così la diffusione di specie asiatiche, non acquatiche, nel nuovo continente giuntevi in tempi relativamente recenti.
I serpenti sono animali molto antichi nella storia del pianeta e se ne contano oggi oltre tremila specie, con molte in pericolo d’estinzione; altre se ne vengono scoprendo e proprio in Cina le ultime scoperte hanno inventariato di nuove nel 2003 la “vipera cornuta cinese” (Ceratrimesurus shenlii) e nel 2011 due specie di crotali: la Sinovipera sichuanensis, così chiamata dal Sichuan dove è stata trovata, e il Protobothropus maolanensis, individuato nella Riserva naturale di Maolan, nel Guizhou. Quest’ultimo è ora il più piccolo rettile che si conosca e appartiene a una sottofamiglia di vipere che vive in Asia e America.
Alcune specie sono tipiche della Cina, sebbene difficilmente qualificabili originarie o indigene di essa: lo è l’Elaphe mandarina, detta anche “Serpente mandarino dei ratti”, ambientato in clima fresco fino ai 3000 metri di quota; lo è nella Cina sudorientale il cosiddetto Cobra cinese, non aggressivo ma dotato di veleno potenzialmente mortale. Appartenente alla famiglia degli uropeltidi è lo Xenopeltis hainanensis che prende il nome dall’isola di Hainan, ma è diffuso in generale nella Cina meridionale. È una sottospecie del serpente Arcobaleno ed è conosciuto anche come serpente “Raggio di sole” per la sua livrea luminescente.
Altre specie sono comuni a quelle dell’India e dell’Asia orientale, ivi compreso il Sud-Est Asiatico. È il caso del Ramphotyphlops braminus, unico serpente partogenetico le cui femmine producono senza accoppiamenti uova fertili, da cui nascono solo cloni femmine. Gli altri serpenti, come si sa, sono ovipari e ovovivipari, questi ultimi in particolare gli acquatici, con la maggior parte dei serpenti di mare.
Specie meridionale è il pyton molurus, detto anche pitone indiano, che cova le uova arrotolandosi in spire su se stesso. Innocuo, ma aggressivo, pronto a mordere per difesa è il colubro Codarossa. Fra gli altri colubridi, il Serpente delle mangrovie, dai denti veleniferi, ma privi di conseguenze letali per l’uomo, e l’“Occhi di gatto verde”, pure velenoso, ma anch’esso innocuo per l’uomo. Viperide irascibile non fatalmente velenoso per l’uomo è infine l’arboricolo di livrea verde detto “Trimeresuro labbra bianche”, diffuso dalla Cina meridionale all’Indonesia e all’India.
Non si hanno dati sulla mortalità provocata dai serpenti in Cina. Triste nomea di mangiatore d’uomini l’ha il solo pyton reticulatus, che dicono possa superare gli otto metri. Il cobra monocolo, dai denti veleniferi, sembra risparmi gli incantatori di serpenti col suo carattere pacifico.
A onta della pericolosità di alcune specie, molte vengono allevate sia per commercio sia per consumo domestico come se fossero animali da cortile e molte sono tenute in casa per compagnia, non diversamente da come – si è detto - comincia a usarsi pure da noi.
Chissà se finiremo anche noi col mangiarli.
*Adolfo Tamburello gia' professore ordinario di Storia e Civilta' dell'Estremo Oriente all'Universita' degli Studi di Napoli 'L'Orientale'.
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