di Lionello Lanciotti
Roma, 8 gen.- In antico i cinesi ne attribuivano l'invenzione a Mozi, il fondatore della Scuola Moista (V-IV sec. a.C.) e a Luban filosofo ed ingegnere del V secolo a.C., ma la scoperta recente di un documento del 549 a.C. parla di aquiloni usati come segnali di salvataggio. A Mozi e Luban era attribuito un aquilone ligneo che poteva volare per tre giorni senza cadere. Wang Chong, pensatore del primo secolo d.C., critico di molti testi tradizionali, non crede a Mozi e Luban e ad un volo artificiale.
La sinologia crede alla nascita cinese dell'aquilone costruito con legno, bambù, seta o carta. Era usato per osservazioni militari e per la misurazione del vento, come risulta da fonti cinesi medievali.
A Marco Polo si attribuisce il racconto e la descrizione del suo impiego. Il suo libro fu pubblicato in italiano, francese, latino ed altre lingue europee. Del Milione in breve tempo uscirono oltre cento edizioni, con molte varianti. Soltanto una edizione latina, citata da Luigi Foscolo Benedetto nella sua opera filologica sul testo poliano, riporta una lunga descrizione di un aquilone fatto con graticci di vimini e cordame al quale veniva legato un uomo. Quando una nave partiva per il Giappone, il vento lo sollevava e dalla sua direzione si interpretava se questa era propizia o meno. Per Polo l'uomo legato o era ubriaco o folle.
Gli aquiloni si diffusero in Giappone, India e Malesia e furono importati in Europa da marinai europei nei secoli sedicesimo e diciassettesimo. Per molti cinesi l'aquilone simboleggia le anime dei defunti.
Lionello Lanciotti è professore emerito di Filologia cinese dell'Università di Napoli L'Orientale
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