di Adolfo Tamburello *
Napoli, 12 nov. - A tutta prima gli era sembrato una renna… e invece era un cervo. Parliamo di una famosa scoperta di Armand David (1826-1900), il naturalista francese che per primo osservò tanti animali e piante rare cinesi.
L'animale era popolarmente noto in Cina come mílù o con nome dotto sì bú xiàng, "dalle quattro difformità", giacché era descritto con le corna dei cervi, la testa dei cavalli, gli zoccoli dei bovini e la coda degli asini ma, a quanto pare, le difformità non erano solo queste quattro. Le corna lo rendevano più simile a una renna, il collo a un cammello, gli orecchi a una capra. Si ignorava a che specie appartenesse: certo era un quadrupede ruminante e dalle carni così ricercate da essere prossimo all'estinzione per la caccia subita da secoli nelle regioni settentrionali dell'impero, dove ultime mandrie erano sopravvissute. Un tempo era stanziale lungo le coste e i fiumi della Cina subtropicale che gli offrivano un habitat congeniale, agile nuotatore com'era e amante di piante d'acqua, di acquitrini e paludi.
Armand David, missionario lazzarista (o della Congregazione della Missione), durante il primo dei suoi soggiorni in Cina che effettuava fra il 1862 e il 1874, sentiva parlare di questo raro e strano animale e tanto se ne incuriosiva da valicare le mura della grande riserva imperiale di Nanyuan a Nan Haizi, prossima a Pechino, il cui accesso era severamente proibito. Ne poteva così finalmente avvistare una mandria. Entrato in possesso anche delle pelli di alcuni esemplari, le inviava in Europa, mentre otteneva che la Legazione di Francia a Pechino acquisisse in dono una coppia di animali vivi da destinare a Parigi, i quali purtroppo vi arrivavano morti. Tuttavia, già nel 1866 l'insigne naturalista francese Alphonse Milne-Edwards era in grado di annunciare da Parigi l'esistenza di un nuovo cervide rimasto fino ad allora ignoto alla scienza occidentale e lo denominava Elaphurus davidianus in onore di Armand David (Elaphurus, dal greco "cervo codato").
Più fortunati, altri capi ricevuti in dono raggiungevano vivi zoo di varie nazioni, dove però stentavano a riprodursi. Intanto la riserva di caccia imperiale subiva alla fine dell'Ottocento una disastrosa alluvione e solo una trentina di capi erano messi in salvo. Il parco si stava ripopolando quando nel 1900, con la rivolta dei Boxer e la fame che ne seguiva fra Cinesi e truppe d'occupazione, quasi tutti gli animali finirono macellati. 18 capi superstiti furono imbarcati per l'Inghilterra dalla Legazione britannica e, all'arrivo, ceduti in buon numero alle cure del Duca di Bedford, appassionato zoologo che già ospitava alcune coppie di quegli animali presso il suo parco nell'abbazia di Woburn.
Scongiurata da lui ed eredi l'estinzione del milu, sembra che nel 1956 alcuni esemplari fossero reintrodotti in Cina da Woburn, seguiti da altri 38 nel 1985 e 1987 a cura del WWF per un ripopolamento che oggi ha luogo con successo specialmente nelle riserve di Pechino, Dafeng, Tianzhou e Yuanyang. Le autorità prepostevi alla tutela vanno fiere di questo animale che si annovera fra le loro rarità faunistiche, insieme col panda gigante, la "scimmia d'oro" e la "tigre di Xiamen".
Intanto, la scienza paleontologica ha appurato che l'attuale milu ha una lunga preistoria alle spalle. Fossili pliocenici sono stati scoperti in Asia orientale fino al Giappone. Solo nel corso del Quaternario l'habitat dell'animale si restringeva alla Cina. Nel Novecento qualche autore l'ha scambiato per lo yak, che è sì, al pari del "cervo di David" un ruminante dell'ordine degli artiodattili, ma della famiglia dei bovidi (Bos grumicus) e non dei cervidi. Ancora in fase di studio è la posizione dell'animale nell'eventuale evoluzione della specie dall'Elaphurus al cervo.
Internet abbonda di siti sul milu, ma le notizie discordanti fra loro auspicano l'invito a studi che muovano da una scrupolosa rivisitazione delle fonti sia cinesi sia occidentali.
*Adolfo Tamburello già professore ordinario di Storia e Civiltà dell'Estremo Oriente all'Università degli Studi di Napoli 'L'Orientale'.
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