di Adolfo Tamburello *
Napoli, 01 ott. - Sulla carta sono stati compiuti molti studi e fu allestita nell'ormai lontano '88 a Milano una memorabile mostra: "Charta, dal papiro al computer", col contributo in catalogo di Alfredo Cadonna "Il lungo viaggio della carta" (pp. 70-79). La carta la conoscemmo grazie agli Arabi o a Bisanzio e ignoriamo se ne arrivassero campioni o solo nozioni tecniche.
L'invenzione della carta era antica in Cina. Risaliva, non già al 105 d.C. come antichi testi la datavano attribuendola a tale Cai Lun che per primo l'aveva descritta, ma a qualche secolo avanti l'era cristiana. Nel 1957 il ritrovamento dei resti di un foglio in fibra di canapa in una tomba presso Xi'an, nello Shanxi, ha datato l'impiego di fibre vegetali nella fabbricazione della carta al secolo II a.C. La rapida diffusione, anche in senso spaziale, che il nuovo materiale aveva per uso scrittorio è stata attestata archeologicamente dagli scavi dell'antica città di Kaochang fondata nel I secolo a.C. Le locali condizioni climatiche e lo stato del terreno hanno salvato molti materiali deperibili come tessuti e carta. In carta erano già redatti documenti ufficiali come certificati di nomina di funzionari, lasciapassare con relative vidimazioni, nonché manoscritti di testi storici e letterari. La conoscenza e l'uso della carta arrivavano fino in Giappone già agli inizi del VII secolo, ma in Occidente non ne trapelavano per molti secoli i segreti di fabbricazione.
La carta gli Arabi se l'assicuravano, si tramanda, vincendo una battaglia, quella del Talaś, del 751, combattuta contro il grande Impero cinese dei Tang (618-907). Catturati sul campo cartai cinesi, li deportavano a Samarcanda e, messili all'opera, ne ottenevano una cartiera che era la prima a Occidente della Cina. Nel 794-795 un'altra cartiera sorgeva a Baghdad, mentre Damasco si faceva un nome dal secolo X con la sua charta damascena. Quindi, Bisanzio o ancora la Grecia ne trasmettevano le tecniche all'Italia, se non erano gli Arabi a portarvela o non lo erano gli stessi italiani che trafficavano nel Levante.
Armando Schiano sosteneva che già nel secolo X erano in Amalfi gualchiere e tintorie. In Sicilia Ruggiero II (1095-1154) inaugurava l'uso della carta per un primo documento ufficiale. Lo proverebbe un testo bilingue greco-arabo del 1109. Rimane però, il dubbio che il sovrano normanno apprezzasse l'innovazione, se, nel 1145, era proprio lui ad ordinare che i diplomi redatti su 'carta cuttanea' andassero distrutti dopo essere stati ricopiati su pergamena. Anche Federico II non simpatizzava per il nuovo materiale scrittorio: nel 1220 ne vietava l'uso alle curie di Napoli, Sorrento e Amalfi; nel 1231 la proibiva in generale per gli atti pubblici. La carta doveva tuttavia essersi frattanto diffusa in Campania presso le alte sfere, se, secondo Matteo Camera, nella costiera amalfitana sin dal secolo XIII "fabbricavasi la carta di cenci detta bambagina di cui facevasene grande spaccio nelle regie curie". A quel tempo, Fabriano non aveva ancora oscurato Amalfi.
Un uso precoce del nuovo materiale era indubbiamente quello delle carte da gioco: originarie anch'esse della Cina, gli Arabi le facevano conoscere alla Spagna verso la metà del secolo XIV e si diffondevano poco dopo anche in Italia.
Con le carte da gioco, l'Europa poteva apprendere le prime tecniche di stampa, già applicate dai Cinesi anche ai tessuti prima che alla carta e ottenute mediante matrici di pietra, legno, metalli. L'avevano messa in uso nel corso del I millennio a.C. con i sigilli stampigliati su tavolette di legno e pezze di seta. Testi xilografati erano stampati nel secolo VIII, se non prima, e alla metà dello stesso secolo la stampa era collaudata anche in Giappone.
L'Europa la conosceva intorno al 1375. A sua volta, la stampa con i caratteri mobili datava in Cina alla prima metà del secolo XI; fra il 1237 ed il 1251 la Corea stampava con i caratteri mobili un'edizione del monumentale canone buddhista. L'Europa esordiva con i caratteri mobili nei decenni a cavallo della metà del secolo XV.
La stampa su carta produceva in Cina le prime banconote di stato. L'Europa avrebbe diffidato per secoli di questa innovazione monetaria, pur conoscendo dai primi viaggiatori in Asia (De Rubruc, Marco Polo, Pegolotti) il corso forzoso che la carta moneta aveva in Cina. Carlo M. Cipolla scriveva nel 1994 nella V edizione bolognese della sua bella "Storia economica dell'Europa pre-industriale":
"L'Europa medievale e rinascimentale conobbe soltanto la moneta metallica. I Cinesi ebbero moneta cartacea già nel secolo XIII e anche prima[…]. Ma l'esperienza cinese restò limitata alla Cina e non passò, come invece tante altre invenzioni cinesi, nell'Europa del tempo. [...] Nei centri e nelle aree di maggior sviluppo però a partire dal secolo XII il sistema di moneta metallica fu integrato in misura crescente da moneta integrata dall'attività bancaria, cioè da quel tipo di moneta che nelle statistiche economiche odierne viene definito col termine di 'depositi'. [...] Gli economisti d'oggi la chiamano significativamente anche 'moneta scritturale' ed un cronista fiorentino del Cinquecento che aveva più fantasia degli economisti moderni la chiamava argutamente 'moneta d'inchiostro'. [...] Trasferimenti effettuati su ordine scritto (chèque) comparvero per la prima volta in Toscana nel secolo XV...".
La Cina aveva conosciuto 'moneta d'inchiostro' da vari secoli. Se con la xilografia aveva tenuto a battesimo la carta moneta fin dal sec. XII, l'emissione delle prime banconote di stato era seguita ai 'buoni di credito' che gli empori mercantili avevano messo in crescente circolazione, formando un servizio che fin dal 1023 era stato rilevato dallo stato. Non meraviglierebbe che con le tante frequentazioni e rapporti che navigatori e mercanti asiatici, anche se non necessariamente europei, stabilivano direttamente con la Cina ne provenisse qualche conoscenza innovativa anche per le nostre pratiche mercantili o che la conoscenza delle transazioni commerciali cinesi stimolasse alcune delle tante innovazioni che si verificavano in Europa in fatto di tecniche d'affari e bancarie fra i secoli XII e XV.
*Adolfo Tamburello già professore ordinario di Storia e Civiltà dell'Estremo Oriente all'Università degli Studi di Napoli 'L'Orientale'.
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