di Simone Dossi (Twai)
Torino, 26 lug. - Dal 25 giugno al 6 luglio si è tenuta a Torino la sesta edizione della summer school TOChina, dedicata a politica interna, politica estera ed economia della Cina contemporanea. TOChina è organizzata dalla Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Torino, in collaborazione con il Torino World Affairs Institute (T.wai) e con il sostegno della Fondazione CRT. Rispetto alle edizioni passate, nel 2012 TOChina si è arricchita di due prestigiose collaborazioni: una partnership con l'Australian National University e il patrocinio del Ministero degli Affari Esteri. L'alta qualità e il profilo internazionale di TOChina sono del resto testimoniate dal corpo dei docenti (provenienti da Europa, Stati Uniti, Australia e Cina), così come dalla classe di studenti: 34 tra universitari, giovani ricercatori e professionisti, arrivati a Torino da diverse parti del mondo.
In un anno di particolare importanza per la politica interna della Cina, con il diciottesimo congresso nazionale del Partito Comunista convocato per l'autunno, la summer school ha offerto l'occasione per tracciare un bilancio degli ultimi dieci anni.
Uno dei diversi temi al centro della riflessione è stato quello del nesso tra discorso pubblico e legittimazione politica. Geremie Barmé, direttore dell'Australian Centre on China in the World e professore all'Australian National University, si è soffermato sul "racconto della Cina" (Zhongguo de gushi), il discorso pubblico elaborato e trasmesso dalle autorità. L'analisi ha messo in luce in particolare il ricorrere dell'idea di shengshi, "epoca di prosperità", un concetto originariamente impiegato per le fasi di maggior splendore della storia cinese e ora ripreso come strumento di legittimazione del governo del Partito.
In modo complementare, la legittimità è radicata nel discorso politico prodotto a livello micro. Luigi Tomba (anch'egli dell'Australian National University) ha illustrato i risultati delle sue ricerche sulle "comunità" (shequ), i compound residenziali che costituiscono il tessuto della Cina urbana. I "comitati di comunità" (shequ weiyuanhui), istituiti come ambiti partecipativi di auto-amministrazione, sono luogo di condivisione e di rielaborazione del discorso ufficiale: dunque luogo di legittimazione – e non di contestazione – del governo del Partito.
Un secondo tema trasversale a più lezioni è stato quello dell'evoluzione della politica estera cinese, alla luce tanto dei fattori interni quanto del contesto internazionale. David Shambaugh, professore alla George Washington University, ha evidenziato l'esistenza di idee assai diverse sul profilo internazionale della Cina. Se da un lato i nazionalisti (ben presenti sui media cinesi ma in realtà minoritari) chiedono a gran voce una politica più intransigente, dall'altro i realisti (di gran lunga maggioritari) insistono per una politica cauta, attenta ad accomodare le grandi potenze.
In questo quadro, un tassello importante delle dinamiche interne è rappresentato dal ruolo dei militari nel processo di politica estera. Come ha argomentato Bonnie Glaser, senior fellow al Center for International and Strategic Studies di Washington, i civili mantengono un saldo controllo sulle forze armate, in linea con il modello tradizionale dell'esercito di Partito. Al tempo stesso, tuttavia, i militari godono di totale autonomia su alcune attività con potenziali ricadute di politica estera, come la sperimentazione di nuovi sistemi d'arma. Ciò offre alle forze armate un certo margine di condizionamento della politica estera.
Del contesto internazionale in cui si inserisce l'ascesa della Cina si è invece occupato Ashley Tellis, senior associate al Carnegie Endowment for International Peace e già consigliere dell'amministrazione Bush. Muovendo da un affascinante affresco dell'ordine internazionale negli ultimi sessant'anni, Tellis ha avanzato la tesi provocatoria secondo cui il miracolo cinese sarebbe in realtà "made in USA", quale prodotto (non voluto) del sistema commerciale aperto instaurato dagli Stati Uniti nel secondo dopoguerra. In questo senso l'ascesa della Cina pone per gli Stati Uniti un dilemma cruciale: come continuare a sostenere un sistema commerciale aperto, senza con ciò consentire alla Cina di servirsene per sfidare l'egemonia americana.
Accanto alle lezioni, il programma di TOChina 2012 è stato arricchito da alcuni eventi di alto profilo. È il caso della China Room Conversation, una due-giorni che si è svolta nella suggestiva cornice di Villa Abegg e animata dal confronto tra i docenti della summer school e i giovani partecipanti al programma Global Emerging Voices, organizzato da T.wai insieme a German Marshall Fund, Stiftung Mercator e Australian National University.
In due settimane ricche di stimoli e suggestioni, il momento di maggiore intensità è stato probabilmente la prolusione tenuta il 28 giugno da Romano Prodi e dedicata al tema delle relazioni tra l'Europa e la Cina. Il rischio che le divisioni interne all'Europa conducano a una sua marginalizzazione nel contesto globale è stato al centro della riflessione di Prodi, che ha tracciato un originale parallelismo tra l'Europa odierna e il destino dell'Italia nel tardo Rinascimento: un appello a ritrovare uno slancio unitario, da cui partire anche per promuovere più solide relazioni tra Europa e Cina.
ARTICOLI CORRELATI
SPECIALE TOCHINA
© Riproduzione riservata