Milano, 12 mar. - 27 febbraio 2012. Siamo nella prestigiosa ed esclusiva Diaoyutai State Guest House di Pechino.
I rulli di tamburo sono da grande occasione. I tappeti rossi sono stati stesi. I gonfaloni sono spiegati. Così penso mentre leggo i resoconti giornalistici (io purtroppo non sono lì).
Il Presidente della Banca Mondiale Robert B. Zoellick è lì, di persona, per presentare il rapporto "China 2030 – Building a Modern, Harmonious, and Creative High-Income Society".
Il rapporto è stato preparato da un gruppo misto di eminenti studiosi della Banca Mondiale e del Development Research Center of the State Council of the People's Republic of China (DRC), prestigioso e potente think tank cinese (erede di parte dei poteri e del prestigio della potentissima State Planning Commission).
Il documento è un contributo della Banca Mondiale (con l'aiuto del DRC) per "assistere la formulazione delle politiche della Cina e per servire anche da guida delle relazioni future tra Cina e Banca Mondiale." Questo è stato anticipato da giorni forse per aumentare la suspence. Questo è scritto nella prefazione firmata da Zoellick stesso e da Li Wei, Presidente del DRC.
Confesso che stavo aspettando con ansia e trepidazione questo importante documento. Questo documento ha infatti l'ambizione di indicare la rotta "giusta" per la Cina per i prossimi 28 anni. Consiglio, peraltro grazioso regalo, preparato dal meglio che il mondo occidentale può ufficialmente schierare insieme al meglio che la Cina può schierare. Stiamo parlando dei suggerimenti per come "tenere la barra" di una delle più importanti economie e nazioni del pianeta per un periodo storico che sarà quasi senza dubbio chiave per la sua evoluzione futura sia politica che economica. Inutile dire che gli effetti di questa evoluzione – nel bene e nel male – influenzeranno non poco tutte le altre nazioni.
Poche ore dopo, appena il documento è disponibile, lo scarico e lo leggo tutto d'un fiato.
Ploff! Mi viene voglia di gridare "Il re è nudo!", ma forse sono fuori contesto.
Ecco in sintesi questi "pesanti e ben pensati" suggerimenti:
1. Implementare le riforme strutturali per rinforzare un'economia basata sul mercato: ridefinire il ruolo del governo, riformare e ridurre le aziende statali e le banche, sviluppare il privato, promuovere la competizione e riformare il mercato dei terreni, del lavoro e finanziario.
2. Accelerare la velocità di innovazione e creare un sistema aperto per l'innovazione: migliorare la qualità della ricerca, la qualità delle università, rinforzare il legame università-industria, promuovere "città innovative".
3. Cogliere l'opportunità di "diventare verdi" con tutti benefici economici che ne possono derivare.
4. Aumentare le opportunità e la sicurezza sociale per tutti.
5. Rinforzare il sistema fiscale.
6. Cercare di costruire relazione mutuamente benefiche nelle relazioni con il mondo: lavorare nelle istituzioni multilaterali (NdR: come la Banca Mondiale), aumentare il commercio e gli investimenti, appoggiare i negoziati di Doha, ecc.
Onestamente non mi sembrano particolarmente "ficcanti". Certo sono tutte condivisibili, ma forse si potrebbero applicare a molte economie del pianeta. E forse li avrebbe potuti dare un qualunque buon economista esperto di Cina. Ciò che le potrebbe qualificare sarebbe un'indicazione di quanto, in quanto tempo e come. Però questa qualificazione non l'ho trovata, se non in maniera assolutamente marginale.
Ammesso infatti che la Cina non voglia cambiare totalmente modello di sviluppo, la discussione strategica su tali misure – tra le varie fazioni del potere cinese – non sarà sulla direzione (che grosso modo è quella indicata dalla Banca Mondiale), ma sulla velocità e la profondità di tali misure.
Di tutto questo nelle raccomandazioni della Banca Mondiale non c'è quasi nulla. Va solo detto che l'analisi per supportare queste raccomandazioni è ben fatta, ma non contiene assolutamente nulla di nuovo.
Inoltre un altro importantissimo, forse il più importante dibattito, sarà con quale modello politico verranno realizzate. Per esemplificare grossolanamente: con il "modello Guandong" o con il "modello Chongqing" di cui tanto si parla in questi giorni? O addirittura con un "terzo modello" non meglio identificato, per ora? Scartando ovviamente casi estremi come un forte ritorno al "comunismo" o, all'opposto, una forte e rapida democratizzazione.
E ovviamente di questo il rapporto non parla. Vista la collaborazione con il DRC, la Banca Mondiale vuole forse supportare il gruppo di potere a cui si ispira la leadership del DRC. Forse orientata verso un modello ("Guangdong?") con una buona dose di "spezie occidentali": ma questo è solo un forse.
Dopo la delusione dei contenuti, cerco anche di capire come la Cina lo abbia accolto. Alla presentazione erano presenti dei "ministri", ma di più non riesco a sapere pur compulsando diverse fonti. L'unica informazione che trovo è che dopo la presentazione il Presidente delle World Bank è stato ricevuto dal Vice Premier Li Keqiang. Secondo il protocollo cinese, questa non è una grande accoglienza.
Mi sorge a questo punto spontanea una domanda: quanto è costato questo rapporto agli Stati finanziatori della Banca Mondiale? Temo molto e forse non commisurabile ai benefici che la Banca Mondiale ne potrà trarre. Qualcuno – anche in Cina – dubitava forse che la Banca Mondiale potesse dire qualcosa di sostanzialmente differente?
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