GENERAL MANAGER DI
Ing. Capozzoli, può raccontarci come è cominciata l'avventura della JESA? Come nasce questa società?
Jesa nasce lontano nel tempo, ha radici nei primi anni '90 quando sono arrivato in Cina per lavorare con una azienda del Gruppo ENI impegnato su diversi progetti petrolchimici.
Sono arrivato in una Cina appena reduce dagli eventi del 1989, e quindi molto diversa dalla Cina che conosciamo oggi. Ho lavorato e vissuto in molte città e zone industriali del territorio cinese, dal deserto del Tarim, al profondo Sichuan fino al freddo della Mongolia interna e del nord, quasi mai in grandi città.
Mi ricordo che in certe città esistevano solo collegamenti settimanali con Pechino e senza le più elementari infrastrutture, ho anche percorso migliaia di km in treno e con i mezzi più disparati. Ripesandoci - vivendo in prima persona tutti i processi relativi alle trattative, alle problematiche industriali e culturali - e' stata un'ottima palestra di business in vista di quello che avrei fatto dopo.
Non sono un sinologo, ma credo che la Cina in quegli anni mi sia entrata nel sangue.
Viste le potenzialità che già intravedevo allora, nel 1998 sono diventato imprenditore e ho lanciato Jesa, partendo da Pechino per poi spostare tutto a Shanghai nel 2000.
Il mio partner di allora e di sempre è stato il Dott. Paolo Calzavara di Milano, nostro riferimento e responsabile dell'azienda in Italia.
Pechino non era e non è certamente una sede ottimale per una piccola impresa che ha voglia di crescere, mentre a Shanghai ho trovato molta più facilità ed un ambiente multiculturale più aperto.
A questo punto siamo partiti nel fornire servizi di ricerca e qualifica fornitori con gestione della qualità e logistica aggiungendo sempre più servizi e specializzazioni al nostro lavoro.
Chiaramente Jesa ha esperito lo stesso sviluppo della Cina dato che siamo partiti da una scrivania di casa mia per arrivare, dopo 10 anni, ad una struttura con 4 uffici e 80 professionisti.
Oggi sono sempre più numerose le aziende occidentali che vogliono investire in Cina e che vedono in questo paese un'immensa fonte di ricchezza e, soprattutto, di nuove possibilità. Come era la situazione nel 1998, anno di fondazione della sua società?
Nel
Intanto vedevo aziende tedesche, inglesi, persino olandesi che attuavano una strategia non della delocalizzazione, ma di attacco ad un mercato potenzialmente in crescita.
Quello che vediamo oggi ha dato loro ragione.
Nel mio piccolo, continuavo a lavorare con il passaparola, cliente passa cliente, fino ad arrivare ad aumentare il lavoro in maniera esponenziale. Cosa è successo? Semplicemente i prodotti cinesi si sono affacciati direttamente sui mercati europei entrando in concorrenza con le produzioni italiane e questa è stata la leva più importante. Non si è applicata una strategia ragionata, ma una reazione ad un effetto di mercato.
Oggi invece vediamo aziende cinesi che fanno shopping di strutture produttive e commerciali europee.
Per quanto riguarda gli investimenti in Cina, le aziende di altri Paesi europei sono più in grado di fare sistema rispetto a quelle italiane?
Diciamo che la mia sensazione più netta è che le aziende europee si muovono molto in sinergia, non hanno necessita' di consorziarsi e soprattutto non accusano problemi di risorse umane.
Noi italiani siamo più individualisti, e a fronte di una presenza massiccia di realtà locali (varie camere di commercio, uffici regionali, provinciali, persino comunali) il supporto alle imprese italiane è secondo me da strutturare.
La moltiplicazione degli enti pubblici disorienta l'interlocutore cinese e ne risulta quindi una perdita di autorevolezza e credibilità.
Io credo che rafforzare al massimo strutture come ICE o la stessa Camera di Commercio Italiana in Cina, la quale io stesso ho visto nascere a Pechino ed aiutato a fondare a Shanghai nel 2000 assieme a personaggi di spessore quali l'Avv. Claudio D'Agostino, Marco Gentili e Vittorio Dibello, porterebbe ad un guadagno in immagine ed efficienza nei confronti delle autorità cinesi di cui tutti godrebbero.
Oltre a fornire supporto alle imprese internazionali in Cina, JESA aiuta anche le imprese cinesi che vogliono affacciarsi sul mercato europeo. Come è stata l'accoglienza della JESA da parte dei cinesi? C'è stata immediata fiducia o le divergenze culturali hanno rappresentato un ostacolo?
Si', abbiamo accompagnato delle aziende cinesi in Italia. Vi devo confessare che a parte alcuni successi di acquisizione di aziende italiane da parte di gruppi cinesi da noi seguiti, abbiamo notato che l'Italia non è preparata ad accettare investimenti produttivi diretti cinesi.
E' successo nel 2006 con un Gruppo della metalmeccanica che dopo 12 mesi di tentativi, ostacolati da enti locali, burocrazia, procedure, non trasparenza e da altri fattori logistici e del territorio del nord Italia, hanno deciso di migrare in Germania.
Fino ad oggi JESA ha seguito più di 100 casi portando alla Cina investimenti per un totale di 350 milioni di euro. Qual è la sua peculiarità, quali le caratteristiche che la rendono un partner affidabile?
Il nostro essere "cinesi", la nostra solida base industriale supportata da una profonda conoscenza della finanza cinese. Abbiamo infatti due anime, quella che supporta le aziende nella definizione di strategie e le implementa in tutti gli aspetti, compreso i servizi di HR e di contabilità e fiscalità, che si affianca ad una struttura di managers che provengono dal mondo della finanza, delle banche e della borsa di Shanghai. Siamo sempre più orientati a lavorare in operazioni di M&A, e di Private Equity. Siamo in grado di individuare e valutare progetti ed imprese cinesi con enormi potenzialità di sviluppo.
E' un mix unico, molto apprezzato da fondi di investimento europei e banche straniere che hanno scelto Jesa come partner per individuare progetti locali su cui investire e a supporto dei propri clienti in Cina e Mongolia.
JESA si avvale del contributo di tre società:
Jesa non ha un ufficio in Italia. Al contrario di altre aziende, volutamente non siamo qui strutturati perché abbiamo puntato ad essere forti e ben presenti in Cina.
Non crediamo negli uffici virtuali decantati da alcuni, e non facciamo nulla in outsourcing. Se qualcosa non la possiamo seguire all'interno con le nostre competenze, preferiamo non farla. Per questo ci avvaliamo di una rete di commercialisti, avvocati, ingegneri etc, distribuiti su tutto il territorio europeo che ci segnalano i clienti e ci aiutano a seguirli da vicino.
I nostri managers, sia italiani che cinesi, effettuano periodicamente viaggi in Italia alle aziende nostre clienti, con l'intento di supportare quando necessario i nostri riferimenti locali anche dal punto di vista tecnico.
Con Pragma abbiamo un rapporto privilegiato, siamo partners di questo consorzio di commercialisti ed avvocati a livello globale che ci ha consentito di lavorare con aziende polacche, argentine, messicane, spagnole, etc.
A Novembre verrà una loro delegazione in Cina composta da professionisti provenienti da tutta Europa, e in questa occasione ci avvaleremo del supporto della Camera di Commercio Italiana in Cina.
Con Cofimp di Bologna, abbiamo una collaborazione che tocca le sfere della formazione e dei rapporti con le università italiane e cinesi.
Eresearch è un'azienda di Catania, una perla del sud Italia, molto impegnata nei settori della ricerca della biotecnologia e delle ricerche avanzate. Una collaborazione strutturale nei settori critici con aziende e strutture similari cinesi.
Attualmente JESA dispone di tre filiali in Cina, la sede principale è a Shanghai, c'è poi una filiale in Mongolia, precisamente a Ulaan Bator e un network consolidato che si spinge fino in Corea. Quali sono i progetti futuri? È prevista un'ulteriore espansione in Asia, magari in India, paese che, sulla scia della Cina, si sta sviluppando rapidamente?
Come dicevo, Jesa ha scelto di essere presente capillarmente in Cina.
L'ufficio aperto in Mongolia 3 anni fa ha segnato l'inizio della nostra avventura fuori da questo paese. Ad oggi siamo presenti in Vietnam, Korea, Giappone, Filippine e India con aziende con le quali abbiamo un rapporto di collaborazione dal 1999.
In India collaboriamo con una struttura guidata da un manager Indiano che ha vissuto 15 anni in Italia. Lo considero il mio alter-ego indiano, capace di comprendere molto bene il nostro paese e quindi in grado di avviare un dialogo tra le due realtà.
In progetto nel 2009 c'è la creazione di un ponte tra Cina ed India, a supporto delle imprese che lavorano nei rispettivi paesi, quindi andremo a lavorare con aziende locali sempre di più.