Il Satiro Danzante di Mazara del Vallo ha tutti gli attributi di Prassitele. La statua, un magnifico esempio bronzeo dell'arte classica rinvenuto nelle acque siciliane nel 1998, mostra infatti un elemento chiaramente plasmato dalla mano di colui che e' ritenuto uno dei piu' grandi scultori della Grecia antica. Questo elemento e' (cosa logica, trattandosi di un satiro) il membro virile.
La tesi e' di un autorevole archeologo tedesco, Bernard Andreae, che presenta l'attribuzione in un lungo articolo scritto per la Frankfurter Allgemeine Zeitung. Di Prassitele il Satiro ha esattamente le dimensioni, le proporzioni, la postura. A dir la verita' una rapida occhiata alla statua, che dopo il restauro fu mostrata anche alla Camera dei Deputati con largo successo di pubblico, lascia perplessi proprio per le scarse dimensioni dell'oggetto della ricerca. Piu' che un satiro sembra un efebo, come quello di Selinunte. Ma pare sia proprio questa una delle caratteristiche del satiro secondo i canoni prassitelici.
La storia della statua, sempre nella ricostruzione del professor Andreae, e' affascinante. Oltre ad essere uscita dalla fucina della bottega di Prassitele, il Satiro sarebbe stato bottino di guerra romano. Di qui la sua presenza a Roma, dalla quale sarebbe stato prelevato nel secondo grande sacco della citta' avvenuto nel V Secolo, quello dei Vandali di Genserico.
Genserico pero' non avrebbe mai mostrato il capolavoro nel suo regno nordafricano, una potenza marinara del tardo mondo antico, perche' la nave che lo trasportava avrebbe fatto naufragio nelle acque del Mediterraneo. In fondo al mare il Satiro avrebbe aspettato, prima di riemergere, altri 1550 anni.
A sostegno dell'ipotesi, Andreae rileva che insieme al satiro venne ripescata una enorme zampa d'elefante, anch'essa in bronzo, a dimensioni naturali. Con ogni probabilita' proveniente da un gruppo raffigurante una quadriga trainata da pachidermi, un tema ricorrente nell'iconografia tardoimperiale.
Il satiro e' un originale greco, spiega Andreae, perche' al suo interno e' rimasta l'impronta dell'incannucciata, vale a dire la struttura di canne di palude e creta usata nella fusione. Un esemplare unico, insomma. E prassitelico, proprio per via di quello che i suoi proprietari romani chiamavano penis ammirandone, per almeno quattro secoli di seguito, la grazia.
Una grazia che nella statua e' affidata anche al busto, leggermente arcuato, alla testa, reclinata su una spalla, ai capelli mossi dal vento della danza, e alle gambe, che ci si immagina spiccanti un salto.
Tanto bello da suscitare le gelosie della stessa moglie dello scultore, la bellissima Frine, che di Prassitele era anche musa e modella, in un connubio estremamente moderno. Frine aveva posato per una statua di Afrodite, la prima a nudo integrale, ma temeva che nel cuore del marito il Satiro occupasse il primo posto, cosi' un giorno gli mando' un servo ad annunciargli che il magazzino aveva preso fuoco e le statue erano andate perse. "Anche il Satiro?" chiese Prassitele, confermando cosi' i dubbi della donna. No, non era andato perduto. Lo sarebbe stato molti anni dopo, per tornare ad essere annoverato tra i capolavori del mondo antico grazie ad un particolare inedito.
Febbraio 2009