di Lucio Racano e Nicola Graziani
"L'Europa si fonda su zingari ed ebrei", afferma Moni Ovadia, artista ebreo di origini bulgare. Eppure i primi -se possibile- sono ancora meno conosciuti degli altri. Discriminazioni e persecuzioni. E' parte della storia del popolo zingaro nell'Europa del Novecento. Il resto e' storia di tradizioni e di culture fiere e antiche, fiorite nell'India nordoccidentale e che dal IX secolo iniziano una lunga migrazione. Le difficolta' cominciano gia' quando si tenta di definire questo popolo, tanto che il Consiglio d'Europa ha sentito l'esigenza di mettere ordine redigendo un corposo glossario con tutti i termini che in qualche modo hanno a che fare con questo universo. Di la' dai nomi dati da "estranei", in Europa gli zingari definiscono se' stessi 'rom' o 'roma', 'manush' o 'sinti' o 'kale'', e kalderash, per citarne soltanto i principali. Alcuni seguono uno stile di vita nomade, ma circa l'80 per cento e' stanziale. Vi sono anche i 'camminanti' che, a differenza dei rom, non hanno origine nell'India nordoccidentale e devono quindi essere distinti dai gruppi su citati. I camminanti sono per esempio i camminanti irlandesi sulle Isole Britanniche, i yenish in Germania, Svizzera e Austria o i camminanti in Sicilia. Anche questi, in gran parte, sono stanziali. I 10-12 milioni di rom e camminanti che vivono sul Continente non costituiscono un gruppo omogeneo, ma si presentano piuttosto come un caledoscopio di sottogruppi a loro volta costituiti da differenti famiglie.
Si trovano principalmente nei Balcani e nell'Europa centro e orientale. Molti di loro parlano il romani. Nei Balcani vi sono anche gruppi che si considerano rom, ma che non parlano il romani: tra questi vi sono i boyash, la cui lingua deriva dal rumeno, e alcuni ashkali che parlano albanese. Altri gruppi (che per certi aspetti richiamano i rom, come quello degli egiziani -cosi' detti perche' sarebbero originari dell'Egitto e anche loro parlano albanese- e alcuni ashkali) insistono nell'affermare le rispettive differenze etniche. Una pletora di nomi per uno stesso popolo, come sottolinea Claudio Marta, docente di Relazioni interetniche all'universita' "Orientale" di Napoli, il quale mette in evidenza come molto spesso anche tra "zingari" vi sono problemi di comunicazione nel senso piu' ampio. "Per effetto di mille anni di migrazioni", scrive Marta, "con percorsi e tappe diverse, la lingua zingara -di derivazione sancrita e con numerosi elementi di base in comune con l'hindi, il bangali, il panjabi, etc- risulta oggi ramificata in un gran numero di dialetti che, soltanto in Europa, si calcola siano oltre sessanta. La lunga esposizione ai contatti linguistici piu' disparati ha prodotto sensibili differenze in questi dialetti, tanto da rendere spesso molto difficile la comunicazione tra un gruppo e l'altro. Mancando modelli scritti di riferimento generale in grado di promuovere l'uniformnia', la standardizzazione della lingua zingara risulta impresa assai complessa".
A questo riguardo, il linguista rom Andrzej Lewkowicz -cita ancora Marta- afferma che "il passaggio da una lingua scritta accettata da tutti non e' un problema linguistico, ma un problema politico che richiede un cambiamento di atteggiamento da parte delle popolazioni zingare". E, aggiunge Marta, "anche da parte delle societa' ospitante". Esiste pure un problema di identita', di non facile soluzione, perche' di identita' ne esistono diverse tra i vari gruppi. E gli studiosi ancora si interrogano sulla natura e sulla caratteristiche della "ziganita'". La caduta dei regimi totalitari tra la fine degli anni Ottanta e l'inizio degli anni Novanta, cosi' come gli sconvolgimenti nell'Europa sudorientale durante gli anni Novanta, hanno portato cambiamenti significativi per i rom. Lo scoppio delle violenze entiche hanno costretto molti rom dell'ex Jugoslavia a cercare riparo nei Paesi confinanti o in Europa occidentale, determinando cosi' una ridefinizione degli insediamenti. In molti Paesi rom e camminanti sono vittima di pregiudizi, discriminazione, emarginazione sociale e razzismo. La risoluzione adottata dal Parlamento europeo ad aprile del 2005 e' il primo documento ufficiale in cui si parla di "antiziganita'(anti-gypsysm)-romfobia". Le conferenze Osce-Ue-CoE su rom, sinti e camminanti, tenutesi a Varsavia a ottobre dello stesso anno e a Bucarest a maggio del 2006, confermarono l'uso a livello internazionale di questa espressione.
Le raccomandazioni del Consiglio d'Europa non sono vincolanti per gli Stati membri, ma rivestono un'importante base di diritto che costituisce una forma di tutela soprattutto nel caso dei rom. Si tratta di raccomandazione attinenti, per esempio, al diritto a una casa, all'istruzione, all'assistenza sanitaria, al diritto dei camminanti ad accamparsi. Il 28 gennaio scorso a Roma si e' tenuta la prima "Conferenza europea sulla popolazione rom" in Italia. In quell'occasione, Alexander Vladychenko, direttore generale della Coaesione sociale per il Consiglio d'Europa, volle sottolineare la presenza di rappresentanti rom, sinti e camminanti, dicendo che era "un segnale forte tanto delle autorita' quanto dei rom stessi di instaurare un dialogo che permetta la partecipazione dei diretti interessati al processo decisionale riguardante le politiche di integrazione". Proprio l'anno scorso, ricordo' il relatore, "il Consiglio d'Europa lancio' una campagna di sensibilizzazione e di informazione sulla cultura dei rom, avente come obiettivo principale quello di combattere i pregiudizi e gli stereotipi contro i rom, dando a loro stessi la parola e facendo in modo che la cultura di questo popolo, europeo da piu' di sei secoli, sia meglio conosciuta e apprezzata". Ancora Vladychenko consiglio' poi di ridimensionare la paura dell'"invasione" e ricordo' che "in Italia rom, sinti e camminanti non sono piu' di 120.000, di cui soltanto 30.000 sono 'stranieri'". Si parla di stime, giacche' un censimento condotto esclusivamente su basi etniche violerebbe una norma del diritto umano.
Maggio 2008