(AGI) - CdV, 24 apr. - "Introdurrai la Chiesa nel nuovomillennio", gli aveva detto il suo "maestro" ed e' per questoche il Grande Giubileo del 2000 e' stato vissuto dallo stessoPapa Wojtyla come il culmine del suo Pontificato, comeadempimento del "mandato" che gli era stato dato per bocca delprimate polacco Stefan Wyszynski nel drammatico conclavedell'autunno del '78, quando i cardinali dovettero tornare ingran fretta nella Sistina per eleggere il successore di un Papadurato appena 33 giorni. "Il secondo millennio stava per finire, con il comunismoancora presente e il mondo diviso, e avemmo quel dono delcielo: il Santo Padre che ci diede la parola, la gente laraccolse e chiuse quell'era di divisioni, di frontiere e diguerre e apri' l'era dell'intelletto, dell'informazione, dellaglobalizzazione", riconosce Lech Walesa, leader di Solidarnosce poi presidente della Polonia. "Senza Giovanni Paolo II ilcomunismo sarebbe crollato comunque, ma molto piu' tardi eforse con un bagno di sangue. Io guidai l'azione ma lui fu ilverbo della non violenza", sostiene Walesa che, commentando inun'intervista l'ormai imminente beatificazione del Papapolacco, ricorda come all'epoca dell'elezione di Karol Wojtylail governo deridesse il sindacato cattolico, consideratoun'opposizione debole e senza speranza. Non potevamoorganizzarci, il comunismo ce lo impediva. E il Papa ciorganizzo', non come un partito politico ma con la preghiera". Una dimensione, quella spirituale che diventa pero' spintaal cambiamento, che ha ha caretterizzato il pontificatowojtyliano: basta pensare al grande incontro interreligioso perla pace del 27 ottobre 1986 ad Assisi - quando riusci' aottenere una tregua generalizzata facendo tacere per un giornole armi in tutti i conflitti armati allora in corso - ed anchealla visita compiuta nel maggio 2001 in Grecia, con l'incontrocon gli Ortodossi all'Aeropago, e in Siria, con la prima visitadi un Papa in una Moschea, quella di Damasco. E si puo' direcertamente che questi gesti completavano un percorso gia'avviato: il quarto viaggio internazionale del Papa, nelnovembre del 1979, ad esempio, era stato ad Al Fanar, inTurchia, per rendere omaggio al Patriarca Ecumenico diCostantinopoli, cosi' come nello stesso 1986, cinque mesi primadella storica Giornata di Assisi, Giovanni Paolo II era statoil primo Papa a mettere piede in una Sinagoga, quella di Roma. Significative, in questa ottica di avvicinamento e dialogosono state le due riconsegne: quella dell'icona della Madre diDio di Kazan, tornata in Russia dopo la cerimonia direstituzione del 25 agosto, e quella, il 27 novembre 2004,delle reliquie dei santi Gregorio Nazianzeo e GiovanniCrisostomo, riportate a Costantinopoli da Bartolomeo I.Certamente le limitazioni fisiche non hanno attenuato ladedizione e la forza del ministero di Giovanni Paolo II. Tanto da aver avuto il coraggio di intraprendere a 83 anniappena compiuti il 100esimo viaggio internazionale delPontificato, in Croazia, con una coda nella Repubblica Serbo-Bosniaca, impegnativa e ricca di significato. Mentre il viaggionumero 103 era stato lo scorso giugno in Svizzera per unincontro con i giovani. L'ultimo viaggio, il 104.mo, a Lourdes,vero atto di eroismo di un uomo impedito in ogni movimentodalla sua malattia. Ma le immagini che tutti ricorderemo diquesto Papa restano quelle del Grande Giubileo: dall'aperturadella Porta Santa di San Pietro, passando per il rito ecumenicoche caratterizzo' l'apertura di quella della Basilica di SanPaolo, per il "mea culpa" pronunciato il 12 marzo per mettereal bando nella Chiesa ogni tentazione di discriminazionerazziale, sessuale e ideologica e per la proclamazione alColosseo del "Martirologio del 2000", che non e' piu' soltantocattolico, fino al pellegrinaggio in Terra Santa, iniziato infebbraio al Sinai e culminato in marzo con il gestostraordinario della preghiera al Muro del Pianto, ed infine ilcolpo di scena della rivelazione a Fatima di una parte delterzo segreto affidato dalla Vergine ai pastorelli, nel qualeera previsto con 65 anni di anticipo l'attentato del 16 maggio1981 in piazza San Pietro. Quei colpi di pistola esplosi da Ali' Agca, il killer turcoche il Papa ando' poi a perdonare nella sua cella a Rebibbia,hanno certamente segnato la vita di questo Papa, nel fisico maanche nella consapevolezza della propria missione. Si volevaimpedire che l'azione del Pontefice scardinassequell'equilibrio del terrore che la Guerra Fredda avevacristallizzato, ma del quale erano proprio i popoli slavi apagare il prezzo piu' alto, come Wojtyla sapeva bene. E al dila' di ogni dubbio, proprio la caduta dei regimi comunisti (conl'eccezione di quello cubano, che anzi dalla visita del Papadel 1998 fa sembra aver beneficiato) rappresenta certamentel'aspetto piu' eclatante di questo pontificato che in 26 anniha cambiato la chiesa e in parte il mondo, interpellato amettersi in discussione dai continui richiami di Papa Wojtylain difesa dei diritti dell'uomo e di quelli di Dio, ribaditicon forza sino alla fine. E senza arretramenti, come testimonial'enciclica "Evangelium Vitae", del marzo '95, che raccoglie lasua dottrina sulla sacralita' della vita umana, oggetto dicentinaia di interventi durante il pontificato. L'ultimabattaglia: la richiesta reiterata in tutti gli angelus dell'estate 2004, per ottenere il riconoscimento delle radicicristiane del vecchio continente, nella nuova costituzioneeuropea. Cambiamenti che agli storici di domani apparirannocertamente radicali perche' hanno segnato la fine di questomillennio. Giovanni Paolo II li ha perseguiti con tenacia,quasi con ostinazione. Nei suoi disegni e' stato osteggiato findall'inizio da una parte della Curia Romana che non credevanella possibilita' di sconfiggere il sistema marxista con lasola forza della fede cristiana, testimoniata senzacompromessi. Ed e' significativo, in proposito, l'episodiodell'articolo di "benservito" a Lech Walesa che l'OsservatoreRomano pubblico' "di sua iniziativa" dopo il colpo di stato diJaruzelski (dicembre '81), costringendo il Papa a licenziare intronco il vicedirettore don Virgilio Levi. L'allora segretariodi Stato, Casaroli, era convinto che la linea da seguire fossequella della cosidetta "Ostpolitik", inaugurata da GiovanniXXIII e tenacemente perseguita da Paolo VI con il "sacrificio"dei primati cecoslovacco, Beran, e ungherese, Mindszenty (alquale poi Wojtyla rese omaggio nell'agosto '91,inginocchiandosi sulla sua tomba). L'ottica diversa di Giovanni Paolo II dipendeva anche dallasua personale esperienza. Proprio mentre Casaroli trattava coni governi di Praga e Budapest, Wojtyla, allora arcivescovo diCracovia (fu nominato nel' 64 a 44 anni, dopo 6 anni comeausiliare) era stato protagonista di un eroico braccio di ferrocon il regime polacco, per dotare di una chiesa il quartiereoperaio di Nova Huta, sorto nel 1969 per celebrare lo statocomunista ed ateo. La storia ha poi indicato chi avesseragione. Ma opposizioni molto forti, Karol Wojtyla le haincontrate anche da Papa e proprio nella Curia Romana e inparte del Collegio Cardinalizio, in particolare sul documento"Tertio Millennio Adveniente" del maggio '95 che rappresenta,in un certo senso, l'atto piu' coraggioso del Pontificato. Vierano le indicazioni per la preparazione al Grande Giubileo del2000. L'intenzione di fondo era quella di promuovere nellaChiesa un'autocritica affinche' i cattolici e tutti icristiani, finalmente riconciliati, potessero arrivare"purificati" all'appuntamento che lo stesso Giovanni Paolo IIaveva dato alle altre religioni proprio in occasione del GrandeGiubileo (ma gesti significativi in questa direzione il Papa liaveva gia' compiuti con la solenne chiusura della"controversia" su Galileo Galilei e Copernico, e la coraggiosadenuncia della mancata mancata resistenza degli ecclesiastici efedeli cattolici tedeschi al nazismo, fatta per di piu' durantei viaggi in Germania). Era lo stesso spirito con il quale perla prima volta aveva riunito ad Assisi i leader di tutte lereligioni, per la "Giornata mondiale di preghiera per la pace".In quel 27 ottobre 1986, Wojtyla riusci' a far tacere le armipraticamente su tutti i fronti, segnando il definitivosuperamento delle "guerre di religione" nella coscienzadell'umanita'. Ancora oggi, e' vero, qualcuno continua acombattere in nome di Dio, ma nessuna religione puo' piu'approvarlo. Resteranno nella storia anche tanti altri atticompiuti da questo Papa. Ad esempio il suo Catechismo,pubblicato nel dicembre '92, che restituisce alla ChiesaCattolica punti di riferimento dottrinari certi, dopo oltreventi anni di sbandamento seguiti al Vaticano II. Un Concilioal quale Karol Wojtyla aveva partecipato da giovane vescovoausiliare di Cracovia (prendendo vigorosamente posizione infavore della liberta' religiosa). Un Concilio che, comunque,non ha mai voluto rinnegare. Pretendendo invece che fossecompreso in tutta la sua portata e quindi applicato, sia puresenza forzature. Nel 1985 proprio con questo intento PapaWojtyla aveva convocato a Roma i vescovi di tutto il mondo, perun "Sinodo Straordinario" che consenti' una riflessione seria euna nuova partenza verso gli obiettivi che il Concilio si eradato. Era il tentativo di correggere distorsioni evidenti, maqualcuno parlo' di "restaurazione". Al Papa polacco non sono mancate in questi anni anche altreincomprensioni: le ultime sono legate alla drammatica vicendadei casi di pedofilia che si sono verificati negli Stati Uniti,costringendolo a chiamare a Roma i cardinali e arcivescovi piu'importanti per imporre loro la linea della "tolleranza zero",suggerita dall'allora prefetto della Congregazione dellaDottrina della Fede, quel Joseph Ratzinger che il Papa polaccoha indicato nel suo ultimo libro ("Alzatevi e andiamo") come ilsuo "amico piu' fidato". E questa svolta fu imposta da Wojtylae Ratzinger contro l'opinione allora maggioritaria della Curia.Le critiche che piu' lo hanno fatto soffrire, pero', sono stateprobabilmente quelle venute in modo ricorrente dal mondoebraico. Non c'era mai stato infatti un Papa tanto amico degliebrei (nella storica visita del 13 aprile 1986 alla Sinagoga diRoma li chiamo' "fratelli maggiori"), eppure dalle comunita'israelitiche il Pontefice e' stato ripetutamente accusato diusare un linguaggio antisemita. Accuse che in realta' erano unmodo di fare pressione per ottenere dal Vaticano ilriconoscimento di Israele. E nelle resistenze della Santa Sedeal riconoscimento dello Stato Ebraico (poi arrivato il 30dicembre '93, a rafforzare il processo di paceisraelo-palestinese) va cercata probabilmente anche la ragionedella lunga polemica sul Carmelo di Auschwitz, che Wojtylarisolse comunque a tutto vantaggio degli ebrei. Quasi perripagarli dell'indifferenza di molti suoi connazionali polacchiverso l'olocausto nazista, un dramma che ebbe come protagonistianche suoi amici e del quale dunque il giovane Karol era statodiretto e partecipe testimone, da studente nella natia Wadowicee poi a Cracovia, quando alternava il lavoro di operaio allelezioni all'universita'. Da Papa, pero', non poteva cedere aquelle pressioni degli ebrei (e dovette aspettare che Rabin eArafat avviassero il processo di pace attraverso ilriconoscimento reciproco tra Israele e l'Olp). Come nel gennaiodel '91 non cedette alle richieste americane di desistere dallacondanna morale della "Guerra del Golfo". E poi, di nuovo, nelmarzo 2003 si e' ripetuto lo stesso braccio di ferro con laCasa Bianca, che non e' riuscita ad impedire a Wojtyla diripetere la sua condanna alla guerra, che per lui non avevagiustificazione. Incomprensioni ed accuse strumentali eranovenute anche da parte della Chiesa Ortodossa Russa, che avendoin molti casi collaborato con il regime comunista temeval'avanzata dei cattolici anche nei territori dovetradizionalmente essa e' piu' radicata. Anche nel settembre'94, dalla cattolicissima Lituania, papa Wojtyla aveva lanciatoun nuovo ponte verso Mosca, un segnale colto anche da AlessioII che aveva inviato un suo rappresentante. Ma poi e' saltatol'appuntamento tra il Pontefice e il Patriarca, che avrebberodovuto incontrarsi a Vienna nel giugno del '97, dopo nuoveaccuse di proselitismo lanciate contro Roma dal Santo SinodoRusso. E cosi' Giovanni Paolo II non e' riuscito a realizzareil suo sogno di una visita a Mosca. A Gerusalemme, invece, e'alla fine andato in occasione del Grande Giubileo del 2000(suscitando con i suoi gesti un davvero inimmaginabileentusiasmo del mondo ebraico) ma c'era ancora Pechino nei sognidi Giovanni Paolo II, che del suo desiderio di visitare leeroiche comunita' cattoliche della Cina aveva parlato adesempio nel maggio '93, durante un viaggio a Macerata, rendendoomaggio al ricordo dell'apostolo della Cina, il gesuita MatteoRicci. Da sempre, del resto, si intersecano i suoi itinerari: iviaggi in Italia sono stati 146, 104 quelli nel mondo. Circaquattro volte il percorso tra la Terra e la Luna, oltre unmilione di chilometri. Alle visite alle diocesi italiane si e'sempre preparato con lo stesso impegno e i suoi discorsi hannorappresentano spesso moniti all'intera Nazione. Il Papa polaccoha esercitato cosi' il suo ruolo di Primate d'Italia, che haliberato da quei legami troppo stretti con il mondo politicogia' molto allentati nel pontificato di Montini. A giugno '93,nella valle dei Templi di Siracusa, aveva lanciato il suoanatema contro la mafia, che ha poi risposto con le bombe a SanGiovanni in Laterano ed a San Giorgio al Velabro. Nel settembresuccessivo, da Asti, aveva messo in guardia dai rischi di unadifesa violenta e arrogante dei particolarismi e invitato arafforzare il senso dello Stato. E nella visita a Siena,nell'aprile '96, ha condannato con forza i rischi di uncapitalismo privo di riferimenti etici. Come ha scritto "LeMonde" in un commento alla "Veritatis Splendor", Giovanni PaoloII non ha infatti mai rinunciato a battersi, ingaggiando "ilterzo grande combattimento della sua vita": sfidando, dopo ilnazismo ed il comunismo, "l'amoralita' della societa' moderna,la corruzione dei sistemi politici, i progressi perversi dellescienze, le esagerazioni del capitalismo selvaggio, le nozzetra liberta' e licenza". (AGI).