L'AFRICA DELLE INDIPENDENZE
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L'AFRICA DELLE INDIPENDENZE

L’AFRICA DELLE INDIPENDENZE 1960-2010

Correva l’anno… Era il 1960 e fu dichiarato l’Anno dell’Africa. Trascorso mezzo secolo molti dei sogni che animarono le lotte per affrancarsi dal colonialismo sono rimasti tali. In quei mesi il continente si incamminò sulla strada dell’indipendenza guardando a un futuro senza padroni. La speranza era di un avvenire promettente che, grazie alle risorse naturali e umane e un’accorta gestione della sovranità nazionale, avrebbe potuto portare uno sviluppo armonioso, sostenibile, attraverso un rapporto da pari con il resto del mondo.
Il ritmo dei Paesi che si affrancavano dal colonialismo raggiunse il culmine proprio nel 1960 quando diciassette colonie si riscattarono dalla soggezione alla Francia, alla Gran Bretagna, al Belgio. Soltanto le colonie portoghesi dovettero aspettare la metà degli anni Settanta e la vittoria della democrazia a Lisbona.
Gli anni Sessanta furono anche quelli della nascita, il 25 maggio 1963, dell’Organizzazione per l’Unità africana, che nel 2002 sarebbe diventata l’Unione africana e avrebbe alimentato un’altra utopia: gli Stati Uniti d’Africa.
Quella visione ebbe come interpreti grandi personalità africane: dal ghanese Kwame Nkrumah al keniota Jomo Kenyatta, al senegalese Leopold Sedar Senghor, all’ivoriano Felix Houphouet-Biogny, al tanzaniano Jiulius Nyere, allo zambiano Kenneth Kaunda. Uomini illuminati, carismatici che guidarono i movimenti indipendentisti e panafricani. Eppure nessuno di loro potè fare altro che riprendere il reticolo delle colonie. Era impossibile ridisegnare il continente. E cosi’ i confini dell’Africa, oggi sovrana, sono quelli che i cartografi europei dell’Ottocento, al servizio di interessi imperiali, tracciarono.
Il 2010, oltre a essere per molti Paesi africani l’anno delle celebrazioni dei cinquant’anni di indipendenza, rappresenta anche l’anniversario, questo sì drammatico, di una spartizione dell’Africa lungo linee che ignorando -allora come oggi- realtà etniche e geografiche, separano popolazioni omogenee o raggruppano genti le più diverse. Ma proprio all’interno di quelle frontiere imposte dalla storia, i popoli africani hanno, a dispetto delle loro battaglie, visto un sogno diventare utopia.
In molti Paesi alla generazione dei padri carismatici è succeduta una classe dirigente avida e disinvolta nell’uso delle risorse pubbliche e poco interessata all’interesse generale. L’Europa e l’Occidente più in generale hanno grandi responsabilità storiche, ma queste non spiegano tutto.
Così come la tratta degli schiavi non fu soltanto una vergogna araba ed euro-americana, ma fu alimentata da una classe tribale africana che si arricchiva vendendo la propria gente, così la corruzione non è soltanto un fenomeno esogeno. Capi e funzionari inefficienti o corrotti hanno una grande responsabilità nel naufragio del grande sogno. Le fragili democrazie nate nel 1960 sono state travolte da militari assetati di potere e senza scrupoli, da tiranni tribali. Con gli anni il sogno si è infranto contro la follia sanguinaria di conflitti interni e sovranazionali, che hanno devastato l’anima stessa dell’Africa. Il continente resta imbrigliato tra le maglie coloniali o neocoloniali. E le conseguenze della spartizione ottocentesca si ripercuotono ancora oggi.
Basti guardare al Sudan, un Paese che ha la testa al Nord arabizzato e islamico e il corpo al Sud bantù, animato da religioni tradizionali, con una solida penetrazione cristiana. Genti che non hanno niente in comune: nè lingua nè fede nè costumi nè una visione della vita e del mondo. Una miscela esplosiva. Berlino e Londra negoziarono un piccolo ritocco dei confini tra Kenya e Tanganika per un capriccio del kaiser Guglielmo II che voleva -si dice- piantare la bandiera germanica sulla più alta cima africana: il Kilimanjaro, fino ad allora sotto la sovranità britannica. Così il fiero popolo masai si trovò diviso perchè la vetta era diventata tedesca.
Oggi ci si chiede se l’Africa stia facendo gli stessi sogni degli anni Sessanta che si ritrovano nei discorsi di pace dei suoi padri carismatici.
Saprà quel mondo violato riscoprire se stesso, rifiutando l’omologazione su modelli estranei alla sua natura? Si pone un problema d’identità comune dell’Africa, che ancora l’Unione africana non ha saputo interpretare, come rilevò l’ex presidente sudafricano Thabo Mbeki: "Nel XXI secolo il mondo è cambiato ed è cambiata l’Africa. Nessun Paese è un’isola autosufficiente. La stessa Unione africana è espressione del desiderio del continente per l’integrazione e l’unità. La voglia di integrazione economica e politica è più di una manifestazione del profondo riconoscimento che la forza proviene da un’identità comune. Per la sicurezza e lo sviluppo del continente, rapporti più stretti sono una necessità".
Celebrare cinquant’anni di indipendenza significa anche trovare il coraggio di chiedersi quanta responsabilità propria c’è in quella parte di sogno non ancora realizzata.

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LE VOCI DELL’EMANCIPAZIONE

Dal ghanese Kwame N’Krumah al capitano Thomas Sankara, 50 anni di sogni di liberazione dell’Africa nei discorsi dei ‘grandi’. Parole che ancora oggi possono rappresentare per il continente africano un motivo di speranza. Lo furono allora e lo sono ancora oggi: un incoraggiamento perchè le nuove generazioni non si facciano sopraffare da modelli che non appartengono alla cultura e la tenacia del lavoro quotidiano faccia riscoprire radici, opportunità, speranze che sono proprie dell’Africa. Un’Africa affrancata dagli stereotipi occidentali e capace di trovare vie di democrazia dentro la sua tradizione e storia.

I leader panafricani

Kwame N’krumah, da padre a tiranno del Ghana
Il nazionalismo africano non si fermi alla Costa d’Oro, oggi Ghana. D’ora in poi deve essere un nazionalismo panafricano e l’ideologia di una coscienza politica degli africani e la loro emancipazione si diffondano ovunque. Discorso dell’Indipendenza, 6 marzo 1957. In Ghana e in tutto il continente, Kwame Nkrumah (1909-1972) è considerato il ‘padre’ del panafricanismo. Negli anni Quaranta si impegna nella lotta per l’indipendenza del suo Paese dalla Gran Bretagna. Ha una personalità carismatica e gli studi negli Stati Uniti lo avvicinano alle idee di liberazione del popolo nero. Il governo coloniale lo imprigiona più volte, ma non riesce a piegarlo. Conquistata l’indipendenza, è eletto presidente. Con il suo insediamento la Costa d’Oro diventa Ghana, uno dei più antichi e potenti imperi medievali dell’Africa. Nkrumah è stato uno dei primi politici a immaginare gli Stati Uniti d’Africa. La sua figura è stata poi segnata dalle derive di fine regno: si proclamò presidente a vita, istituì il partito unico e impose la censura alla stampa. Fu cacciato nel 1966 con un colpo di Stato. Oggi Nkrumah è stato riabilitato sia in Ghana sia nel resto del continente.

Patrice Lumumba, la leggenda congolese
La Repubblica del Congo è stata proclamata e il nostro Paese è ora nelle mani dei suoi figli. Insieme, fratelli miei, sorelle mie, cominceremo una nuova lotta, un combattimento sublime che condurrà il nostro Paese alla pace, alla prosperità e alla grandezza. Insieme istituiremo la giustizia sociale e faremo sì che ognuno riceva il giusto compenso per il suo lavoro. Discorso del 30 giugno 1960.
Il destino tragico di Patrice Emery Lumumba (1925-1961) ne ha fatto un martire della causa indipendentista congolese, un eroe nazionale. Nel giugno del 1960 diventa il primo premier del Congo indipendente. Ma tre mesi dopo è assassinato. Si sospetta che i mandanti fossero in Belgio. Con lui svaniscono i sogni di grandezza del Paese.

Thomas Sankara, il sogno di un’Africa senza catene
Questi aiuti alimentari (…) che corrompono le nostre anime (…) ci fanno diventare mendicanti, assistiti. Non li vogliamo più! Dobbiamo produrre, produrre di più perchè è normale che chi vi dà da mangiare poi vi vuole anche comandare.4 aprile 1986.
Thomas Sankara (1949-1987) dell’Alto Volta (Burkina Faso) ridà un soffio di speranza agli africani. Negli anni Settanta è uno dei capofila del movimento dei Paesi non allineati. Sankara, che è influenzato dalle idee marxiste, diventa presidente nel 1983 e cambia il nome al Paese in Burkina Faso, ovvero ‘Paese degli uomini integri’. Nei suoi tre anni di governo si batte contro l’imperialismo e tenta di affrancare il Paese dagli aiuti finanziari esteri con il motto "consumiamo burkinabè"È; il Che Guevara dell’Africa: lancia una vasta campagna di alfabetizzazione, una riforma agraria senza precedenti e lotta per la liberazione della donna, imponendo il divieto delle mutilazioni genitali e regolando la poligamia: Non c’è rivoluzione sociale vera senza liberazione della donna. Mai i miei occhi vedano una società dove la metà del popolo è tenuta nel silenzio. Sento il rumore del silenzio delle donne, intuisco il brontolio della loro burrasca, sento la furia della loro rivolta. Aspetto l’irruzione feconda della rivoluzione in cui si tradurranno la forza e l’integrità liberate dalle loro viscere di oppresse. Ouagandougou, 8 marzo 1987.
Il Paese riesce a essere autosufficiente per quattro anni. Nel 1987 Sankara è ucciso e un colpo di Stato porta al potere l’attuale presidente Blaise Compaorè. Thomas Sankara è diventato un modello di rettitudine per i giovani africani anche per le sue aspirazioni di indipendenza: Dobbiamo dire che non c’è salvezza per i nostri popoli se non gireremo le spalle a tutti quei modelli che i ciarlatani hanno tentato di venderci per vent’anni. Non c’è salvezza per noi se non in questo rifiuto. Nè sviluppo senza questa rottura con il passato.

Leopold Sedar Senghor, il poeta presidente
Il poeta e uomo politico Leopold Sedar Senghor (1906-2001) e’ stato il primo presidente del Senegal (1960-1980) e uno dei più noti portavoce della ‘negritudine’, movimento letterario e politico fondato nel dopoguerra da scrittori neri e francofoni (Aimè Ce’saire della Martinica, Leon Gontran-Damas della Guyana). Rivendicano un’identità e una cultura proprie per i neri, contro l’oppressione politica e culturale dei colonizzatori. Ho sognato un mondo di sole nell’amicizia con i miei fratelli dagli i occhi azzurri, scriveva Senghor, una delle personalità di spicco dell’Africa del XX secolo. D’origine senegalese, la sua carriera politica e la sua formazione culturale sono segnate dal legame tra il suo Paese e la Francia, l’Africa e il mondo occidentale in generale. Senghor è il simbolo dell’incontro tra diverse culture. La sua poesia ne ha fatto uno dei più grandi scrittori africani francofoni.
Guardando dietro di me, rimango più che mai convinto che una commistione culturale sia l’ideale di civilizazzione. Sopranomminato il ‘poeta-presidente’, Senghor è stata apprezzato nel mondo occidentale, sopratutto in Francia perchè volle mantenere i legami con Parigi anche dopo la fine del regime coloniale. Per alcuni africani Senghor è l’uomo del neocolonialismo, per altri il portavoce della dignità ritrovata dei più deboli nel mondo.
Il rispetto dei Diritti dell’Uomo è un’esigenza personale e collettiva. Fa anche parte delle condizioni di cooperazione internazionale. Il diritto della donna all’istruzione è una necessità assoluta per il suo arricchimento e sviluppo personali. La protezione del bambino si impone più di mai. Non dicevamo un’altra cosa, Ce’saire, Damas e io, 65 anni fa, quando lanciammo la Negritudine e rivendicavamo per i popoli neri il riconoscimento della loro personalità, in una parola, della loro dignità.

Julius Kambarage Nyerere, il maestro Preferiamo partecipare alla costruzione del nostro destino e crediamo di avere la determinazione e le capacità per superare le difficoltà e per costruire la società che vogliamo. Julius Kambarage Nyerere (1922-1999) è stato il primo presidente della Tanzania (Tanganyika) dal 1964 al 1985. Grande è stato il suo impegno panafricanista e socialista.
Sopranominato ‘mwalmu’, ‘il maestro’, lancia una vasta campagna d’istruzione in tutto il PaeseÈ; questa, ripete Nyerere nei suoi discorsi, la chiave per lo sviluppo del continente. Ne ha fatto una priorità nell’ambito della sua politica di ‘self-reliance’, la volontà di contare solo su se stessi. Vivere è studiare e studiare è tentare di vivere meglio. Nelle sue battaglie contro il colonialismo invoca l’unità dell’Africa: Senza unità, i popoli d’Africa non hanno futuro diverso da vittime deboli e perpetue dell’imparialismo e dello sfruttamento. E ancora: Una rivoluzione è iniziata in AfricaÈ; una rivoluzione che speriamo di controllare e guidare per trasformare la nostra vitaÈ; una rivoluzione che ha per obiettivo l’estensione a tutti i cittadini d’Africa dei diritti sanciti dalla dignità umana. (...). L’unica cosa sicura è che se dimentichiamo anche solo uno dei nostri obiettivi avremo tradito la nostra rivoluzione, e l’Africa non riuscerà a portare il suo contributo allo sviluppo dell’umanità. Discorso sulla rivoluzione africana, 1968.


Contributi di Coumba Kane

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LA PACE INVOCATA DAI NOBEL

Dagli anni Sessanta l’Africa ha avuto sette Nobel per la Pace. Uomini e donne che si sono distinti in un continente lacerato dai conflitti. Oltre la metà di loro è del Sudafrica e ha lottato contro l’apartheid.
È tempo di curare le nostre ferite. È tempo di chiudere il baratro che ci separa. Il tempo della costruzione si avvicina. Abbiamo finalmente realizzato la nostra emancipazione politica. Ci impegniamo a liberare tutto il nostro popolo da una condizione permanente di schiavi della povertà, delle privazioni, della sofferenza, della discriminazione di genere o di qualsiasi altra natura (....). Ci impegnamo a costruire una società in cui tutti i sudafricani, bianchi o neri che siano, possano camminare a testa alta, senza alcun risentimento nei cuori, rassicurati nel loro diritto innegabile alla dignità umana: una nazione arcobaleno in pace con se stessa e con il mondo. È Nelson Mandela che parla durante la cerimonia d’insediamento alla presidenza nel 1994. Primo presidente nero del dopo apartheid, l’anno prima ha ricevuto il Nobel per la Pace insieme con il presidente bianco Frederik de Klerk, l’ultimo del regime segregazionista. La nostra paura più profonda non è di non essere all’altezza, la nostra paura più profonda è di esserlo oltre ogni limite. È la nostra luce, e non la nostra oscurità, che ci spaventa di più. Ci chiediamo: ‘Chi sono, io, per essere brillante, di talento e meraviglioso?’. In realtà, chi siete per non esserlo? Siete figli di Dio. Ridimensionarvi ed essere piccoli non fa una favore al mondo, la via non è di ridimensionarci per non mettere gli altri in soggezione. Siamo nati per rendere manifesta la gloria di Dio che sta dentro di noi. Non è esclusiva di pochi eletti: è in ogni uno di noi e a mano a mano che lasciamo brillare la nostro luce, consentiamo ad altri di fare altrettanto. Liberandoci della nostra paura, con la nostra presenza liberiamo gli altri. Discorso dell’11 febbraio 1993, giorno in cui Mandela lascia il carcere da uomo libero.
Prima di Mandela, nel 1960, un altro sudafricano riceve il Nobel della Pace. È Albert John Luthuli, presidente dell’African National Congress (Anc), partito che ha avuto un ruolo fondamentale nella lotta contro il regime segregazionista imposto dalla minoranza bianca. Anche lui è stato un prigioniero politico. Amici non dobbiamo commettere errori, la strada per la libertà è sempre in salita. Prima di raggiungere la vetta, tanti hanno rinunciato o a causa dei nemici o per lo sconforto. Ma siete figli del Sudafrica e vi chiedo di essere sinceri, non importa quanti sacrifici comporti la redenzione.

Nel 1984 il Nobel per la Pace viene assegnato a Desmond Tutu, per la sua influenza profonda nella riconciliazione tra bianchi e neri in Sudafrica. Negli anni Ottanta l’arcivescovo anglicano diffonde messaggi di pace attraverso le sue prediche che richiamano folle immense. Denuncia l’apartheid ma condanna anche la strada delle vendetta e della violenza imboccata da alcuni militanti neri. Nel 1995 Mandela lo nomina presidente della commissione ‘Verita’ e riconciliazione’. Se vi mantenete neutrali in una situazione di ingiustizia, avete scelto il campo dell’oppressore.

Il mondo arabo anche ha avuto un Premio Nobel, Anouar el Sadat (1918-1981) presidente dell’Egitto dal 1970 al 1981. Nel 1978, tre anni prima del suo assassinio, riceve il Nobel della Pace con il premier israeliano Menahem Begin. Insieme hanno firmato la pace a Camp David e a novembre del 1977 si reca in Israele: è il primo capo di Stato arabo a riconoscere lo Stato di Israele. Nel suo discorso alla Knesset dichiara: Sono venuto da voi oggi con passo fermo, convinto che possiamo costruire una vita nuova, portare la pace a noi tutti su questa terra che è la terra di Dio. Noi tutti, musulmani, cristiani ed ebrei. Sadat è stato assassinato nel 1981; il suo omicidio e’ stato rivendicato dalla Fratellanza islamica.
Il ghanese Kofi Annan, segretario generale delle Nazioni Unite dal 1997 al 2006, riceve il Nobel nel 2001. L’unica via che offra un pò di speranza in un futuro migliore per tutta l’umanità è quella della cooperazione e dell’alleanza. Discorso del 24 settembre 2001. Spetta a ciascuno di noi crescere e lottare contro il peggio. Discorso dell’11 settembre 2001.
La kenyota Wangari Maathaiè stata la prima donna africana a ricevere il Nobel per la Pace, "per il suo contributo a favore dello sviluppo sostenibile e della democrazia", nel 2004. Sopranominata ‘la donna degli alberi’, nel 1977 fonda il movimento della ‘Cintura verde’. Circa 30 milioni di alberi sono stati piantati per lottare contro l’erosione del suolo e fornire legno alle popolazioni locali. E’ anche impegnata nella lotta per i diritti della donna. Quando piantiamo alberi, piantiamo il seme della pace e il seme della speranza.


Contributi di Coumba Kane

GLI STATI E LE DATE

1960

1 gennaio - Camerun
4 aprile - Senegal
27 aprile - Togo
26 giugno - Madagascar
30 giugno - Repubblica democratica del Congo
1 luglio - Somalia
1 agosto - Benin
3 agosto - Niger
5 agosto - Burkina Faso
7 agosto - Costa d’Avorio
11 agosto - Ciad
13 agosto - Repubblica Centrafricana
15 agosto - Repubblica del Congo
17 agosto - Gabon
22 settembre - Mali
1 ottobre - Nigeria
28 novembre - Mauritania

1847-1990

Africa settentrionale

5 luglio 1962 - Algeria
28 febbraio 1922 - Egitto
24 dicembre 1951 - Libia
2 marzo 1956 - Marocco
20 marzo 1956 - Tunisia

Africa occidentale

5 luglio 1975 - Capo Verde
6 marzo 1957 - Ghana
18 febbraio 1965 - Gambia
2 ottobre 1958 - Guinea
20 settembre 1973 - Guinea Bissau
27 aprile 1971 - Sierra Leone
26 luglio 1847 - Liberia

Africa centrale

12 ottobre 1968 - Guinea equatoriale
12 luglio 1975 - Sao Tomè e Principe


Africa orientale

1 luglio 1962 - Burundi
27 giugno 1977 - Gibuti
24 maggio 1993 - Eritrea
31 gennaio 1941 - Etiopia
12 dicembre 1963 - Kenya
9 ottobre 1962 - Uganda
1 luglio 1962 - Ruanda
1 gennaio 1956 - Sudan
9 dicembre 1961 - Tanzania

Africa australe

31 maggio 1910 - Africa del Sud
11 novembre 1975 - Angola
30 settembre 1966 - Botswana
4 ottobre 1966 - Lesotho
6 luglio 1964 - Malawi
25 giugno 1975 - Mozambico
21 marzo 1990 - Namibia
6 settembre 1968 - Swaziland
24 ottobre 1964 - Zambia
18 aprile 1980 - Zimbabwe

Oceano Indiano

6 luglio 1975 - Comore
12 marzo 1968 - Maurizio
29 giugno 1976 - Seychelles


Contributi di Coumba Kane

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