N on chiamatela più la figlia di Gabriele Ferzetti e la compagna di Pierfrancesco Favino. Perché pur ovviamente connessa «anche» a padre e partner, lei si sente «soprattutto Anna». Per l’ego di Anna Ferzetti il 9 gennaio è stata una giornata da pieno di autostima.
Quella del debutto romano, al teatro Ambra Jovinelli, di “Bella figura”, «tragedia divertente» sulle feroci dinamiche sentimentali di due coppie (Ferzetti e Paolo Calabresi, Anna Foglietta e David Sebasti) diretta da Roberto Andò e in scena fino al 27 gennaio, dove l’attrice interpreta una donna rigida e austera. La sera della prima teatrale è anche fatalmente coincisa con la messa in onda su Raiuno di “L’amore, il sole e le altre stelle”, dove è invece una strepitosa sessuologa che ai suoi studenti spiega: «Con gli spermatozoi gli uomini hanno un problema di smaltimento rifiuti, quello delle donne invece, visto che non sfornano uova come le galline ma nella vita hanno un numero limitato di ovuli, è un problema di gestione di risorse».
Offuscata da tanto padre (scomparso tre anni fa) e tanto partner, Ferzetti in realtà ha una lunga esperienza tra teatro, cinema e tv, diretta da Ivan Cotroneo e, tra gli altri da Silvio Soldini.
La sua prima volta su un palcoscenico?
A 14 anni, per un saggio di fine anno, quando studiavo in Austria. Era un musical, “The last Rehearsal”, dove si ballava e si cantava. A vedermi c’era anche mio padre che fino allora mi aveva sempre sconsigliato di seguire le sue orme. Ma il giorno dopo mi regalò un ciondolo con la data dello spettacolo, che nel suo codice equivaleva a un via libera. Il mio primo vero set invece è stato, un anno dopo, quello di “Le ragazze di Miss Italia”, di Dino Risi. Era un ambiente familiare, in quel film recitava anche papà. Avevano bisogno di una ragazza che interpretasse una sposina in vacanza a Salsomaggiore e, avendo sempre dimostrato più della mia età, mi coinvolsero. Ci fu anche un brindisi prima del ciak, per festeggiare il mio battesimo cinematografico. A 18 anni invece debuttai a teatro, sempre accanto a mio padre, in “Scandalo”. E anche se ora mi muovo anche su cinema e tv, il palco, probabilmente per quell’imprinting, resta la mia comfort zone.
Ciak e palcoscenici precoci, essere figlia d'arte non sembra poi così terribile...
Ho avuto il privilegio di poter respirare fin da bambina l’odore del palcoscenico, di capire i meccanismi dello spettacolo, di avere quel mondo in casa tutti i giorni. Come rovescio della medaglia c’è però il rischio di restare incastrati nell’etichetta di «figlia di» e poi, nel mio caso, anche di «moglie di».
Due attori nella stessa casa, spettacolo e famiglia si sovrappongono nella vostra vita?
Molto poco. In casa siamo solo Picchio (il soprannome di Piefrancesco) e Nina, come mi chiama lui, e per non tediarci a vicenda parliamo d’altro, ci guardiamo un film sul divano o giochiamo a Monopoli e a Virtual game con le nostre due bambine di 6 e 12 anni. Lui cucina, perché ci sa fare molto ai fornelli, io mi occupo del resto. Nel tempo libero andiamo in bicicletta, viaggiamo e quando ci invitano a qualche festa, ci scateniamo a ballare. Ci piace da morire.
Fate lo stesso lavoro, ma al momento è più famoso lui. Mai sofferto di gelosia professionale?
Neanche per sogno. Sono una grande fan di Picchio, l’ho sempre stimato e come attore è un esempio. Anche al Festival di Sanremo, al quale, sbagliandomi clamorosamente, l’avevo sconsigliato di partecipare, è stato perfetto.
Difficile invece non essere gelosa invece, nel senso stretto del termine, di un partner che proprio al Festival è stato eletto sex symbol nazionale, con tanto di hashtag #favinonudo…
Non avrebbe senso essere gelosa neanche se fossi sposata con un medico, è un sentimento che comunque non porta a niente, se non a deteriorare i rapporti. Ho subito la gelosia di un fidanzatino parecchi anni fa, e non è stato piacevole. Tra attori poi sarebbe devastante, visto i tanti partner che cambiamo sui vari set.
La donna che interpreta in “Bella figura” le somiglia?
Affatto. È rigida, affetta da ipercontrollo. Io sono sempre stata una donna morbida anche se, forse perché ho studiato alla scuola tedesca, qualche regola in casa la impongo anche io. Le mie figlie non possono prescindere dal rispetto per gli altri e anche dall’umiltà. La più grande ha già uno smartphone, perché a scuola ormai ci sono i gruppi whatsapp per i compiti. Vietarlo significherebbe conferirgli troppa importanza, ma le impediamo di starci attaccata tutto il giorno.
Sarà complicato vietare anche i tatuaggi visto che lei sfoggia un geco sulla gamba sinistra, che fa capolino anche nelle foto di scena.
Un errore di gioventù dei miei 18 anni. Non lo rifarei ma ormai lo considero il mio portafortuna.
Fa la sessuologa in tv, con le sue figlie ha già cominciato a parlare di come nascono i bambini?
Ci stiamo avvicinando gradualmente, visto che la grande ha cominciato a studiare il corpo umano. Ma intanto sono molto fiera del personaggio tv, il primo che introduce l’educazione sessuale in un film tv Rai. Avevo una grande responsabilità, ho voluto rendere la mia insegnante di sessuologia un po’ simile al Robin Williams de L’attimo fuggente, il mio mito.
La sua corsa in solitaria continuerà a febbraio al cinema in “Domani è un altro giorno”, con Valerio Mastandrea e Marco Giallini, mentre Favino, ora sugli schermi ne “I moschettieri del re” di Giovanni Veronesi, è sul set de “Il traditore” di Marco Bellocchio, nei panni di Tommaso Buscetta. Strade professionali intenzionalmente separate?
Ma no, deve solo ricapitare l’occasione, noi lavoriamo molto bene insieme.