A rrivato a 52 anni con una vita vissuta tra l’Italia e Hollywood e una serie di montagne russe familiari, dopo il fortunato “A casa tutti bene” Gabriele Muccino ha deciso adesso di mettere mano al ritratto della sua generazione in quello che definisce “il suo film più epico” e anche il più grande che abbia mai realizzato, “superiore anche a quelli americani”. A dispetto del titolo che ricalca il programma tv di Carlo Conti, “I migliori anni”, nella sale il 13 febbraio prossimo, proprio a ridosso di San Valentino, è un film ambizioso che attraverso la storia, i sogni, i sentimenti, le speranze, i tradimenti e le delusioni di quattro amici (Pierfrancesco Favino, Kim Rossi Stuart, Claudio Santamaria e Micaela Ramazzotti) fotografata dai loro sedici anni in discoteca a ballare “It’s just an illusion” a quelli delle loro paternità, racconta anche quella italica: dai primi anni Ottanta, fine degli anni di piombo al “Vaffa day” grillino (“che oggi sembra già preistoria ma fece credere in un grande cambiamento”, osserva Muccino) passando per Mani Pulite e le conseguenze dell’11 settembre “dopo cui nulla è stato più come prima, ci siamo sentiti tutti più vulnerabili”, chiarisce il regista e cosceneggiatore che ha ambientato la sua storia nel centro di Roma, Fontana di Trevi compresa.
Muccino ha parlato come un fiume in piena del film prodotto da Lotus Production, Leone Film Group e Rai Cinema con un budget di otto milioni di euro, a pochi giorni dalla fine delle riprese, dopo aver mostrato una clip con qualche backstage e quattro scene che contano: uno scontro tra celerini e manifestanti girato a Trastevere, il matrimonio di Santamaria con l’esordiente Emma Marrone, l’incontro tra Ramazzotti e il suo ex Rossi Stuart (“m’ha emozionato ‘na cifra rivederti”) e la lite adulta tra il bohémien Santamaria e il potente avvocato Favino, il figlio del gommista che ha realizzato la sua ascesa sociale diventando un potente avvocato, con il primo che grida “E’ meglio la puzza de fame che essere disonesti e tradire gli amici di una vita”.
Dobbiamo aspettarci un film politico?
"È anche un po’ politico, perché in fondo siamo tutti persone che contano su chi ci governa e tutti portatori di un pensiero progressista o conservatore, anche se lo neghiamo. Il mio film però non si schiera, non c’è nessuna bandiera, anche perché i protagonisti sono individualisti, egocentrici, hanno bisogno di capire dove si stanno dirigendo le loro vite. L’ideologia è totalmente assente dalla mia generazione, siamo figli minori di chi credeva di avere la verità politica in tasca. I miei personaggi riflettono quel qualunquismo. Ed è un film con molta speranza: i quattro sono convinti che comunque domani sarà un giorno migliore, c’è una tensione verso il futuro”.
Racconti chi sono i quattro protagonisti.
"Kim Rossi Stuart (Paolo nel film) è il figlio di un barista, un sognatore che da ragazzo alleva colombi viaggiatori e da adulto sarà un professore idealista, il padre di Favino è un gommista e lui diventerà un avvocato, Santamaria (Riccardo) è l’unico che appartiene alla media borghesia, con il padre illustratore di libri e diventerà un adulto creativo, senza una lira ma convinto che la vita debba avere sempre un happy end".
E la Ramazzotti, l’unica donna del gruppo?
"È una loro coetanea costretta a trasferirsi a Napoli con una zia dove cresce in una situazione di disagio e che quando torna a Roma vivrà un grande amore con Rossi Stuart. E’ l’amore con cui inizia un viaggio alla ricerca di se stessa che troverà solo intorno ai quarant’anni. Al suo personaggio (di cui, pare, anche gli altri due amici sono innamorati ndr) è affidato il ruolo di collante e magnete della storia. E’ una donna piena di vitalità ma confusa e spiazzata nel suo bisogno d’amore compulsivo, forse motivato dal fatto che non ha mai conosciuto e mai neanche visto in foto suo padre. Sono molto attratto dal mondo femminile, forse perché ancora non lo conosco così bene, spero di riuscire a capirlo prima o poi…”.
Si svolge tutto nel centro di Roma dove è cresciuto lei…
“È il mio ambiente, molto diverso da quello che è diventato oggi. A quei tempi il figlio del gommista, quello del fruttivendolo e quello del grande commercialista giocavano a pallone insieme per strada, lì succedeva quello che ora accade solo nelle periferie. Noi invece consideravano le borgate come le nostre Colonne d’Ercole".
I suoi migliori anni sono stati gli Ottanta, quelli della sua adolescenza?
"Macché, non è mica detto che il periodo più felice della vita debba essere quello della giovinezza. Io a 15 anni ero un adolescente incupito e a 30 ho trovato il modo di comunicare attraverso il cinema. Non ha nostalgia degli anni Ottanta e non la trasmette neanche il mio film, in cui i personaggi vivono il presente di ogni epoca".
Pare che si sia molto ispirato al “C’eravamo tanto amati” di Scola di cui anni fa era annunciato un suo remake…
Il mio film contiene due o tre riferimenti a Scola che considero degli omaggi. Ho chiesto al produttore Marco Belardi di comprare i diritti perché non volevo rischiare il plagio, abbiamo pagato quegli omaggi ma avremmo potuto anche farne a meno. Mi ispiro forse di più a “Una vita difficile” il film di Dino Risi scritto da Rodolfo Sonego e in generale al cinema che mi ha formato, da Age e Scarpelli a De Sica. In fondo noi siamo i film che abbiamo visto".
Ha fatto diventare un’attrice Emma Marrone, che finora al cinema aveva solo interpretato se stessa in “Benvenuti al nord”.
“Vivo nella curiosità, Emma si è palesata nella mia vita attraverso la sua pagina Instagram e mi ha affascinato. Nel film è Anna, che sposerà Claudio Santamaria. Ci siamo incontrati in un ristorante, ho pensato che avesse un volto cinematografico e le ho chiesto di affrontare un regolare provino, cinque scene al termine delle quali ha passato l’esame. E’ stata una scelta meritocratica, ha un grande talento".
Ci sono anche due nuovi Muccino nel film, i suoi figli Ilan, 16 anni e Penelope, 10.
"Ilan è il figlio di Micaela Ramazzotti, Penelope la figlia di Favino. Avevo bisogno di attori della loro età, e Penelope l’ho scelta, dopo averla sottoposta al provino anche perché somiglia moltissimo a Elisa Visari, che era anche nel mio “A casa tutti bene” e interpreterà il suo personaggio da grande. Le ho dovuto anche chiedere di risparmiarsi emotivamente sul set. Ilan ha più scene, tre o quattro, molto importanti, perché i figli sono cruciali nella vita e ne “I migliori anni”. E’ un film sulla ciclicità della vita”.