S ettimo lungometraggio dei fratelli romani Marco e Antonio Manetti, che da più di 20 anni formano il sodalizio cinematografico dei Manetti Bros, “Ammore e Malavita” è un sapiente mix di generi, un action comedy musical. Presentato con grande successo alla 54ma Mostra internazionale cinematografica di Venezia, ha ricevuto il Soundtrack Stars Award, il premio per miglior colonna sonora. I quindici pezzi scritti da Nelson, Pivio e Aldo De Scalzi hanno colpito nel segno. Sempre a Venezia ha vinto il premio Francesco Pasinetti, assegnato dal Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici, con un riconoscimento speciale per il cast degli attori protagonisti.
La trama
Napoli. Ciro (Giampaolo Morelli) è un temuto killer alla 007 al servizio di don Vincenzo (Carlo Buccirosso), ‘o’re do’ pesce’, e della sua astuta moglie donna Maria (Claudia Gerini). Don Vincenzo, sotto suggerimento della consorte, decide di inscenare la sua morte per ricominciare una nuova vita insieme, lontano da tutto e da tutti. Durante il finto omicidio messo a segno da Ciro e Rosario (Raiz), altro fedele scagnozzo del boss, Fatima (Serena Rossi), una giovane infermiera, diventerà un testimone scomodo. Ciro verrà incaricato di eliminarla. Le cose non vanno come previsto. Ciro e Fatima si ritrovano faccia e faccia e riconosceranno nell’altro l’amore della propria adolescenza. Ciro non ha altra soluzione che seguire il cuore, quindi uccidere tutti quelli che vogliono ucciderli. Tra musica e azione, amore e pallottole, inizia una lotta senza quartiere per i vicoli di Napoli e contro la malavita locale.
Conversazione con i Manetti Bros
Quattro anni dopo il successo di “Song ‘ e Napule”, siete tornati nella città partenopea, fonte sterminata di ispirazione. Com’è nato “Ammore e Malavita”?
“La genesi di un film nasce da mille cose. Intanto quando facciamo un film ci buttiamo come se fosse un salto ad occhi bendati. Senza pensare a quello che abbiamo fatto prima né alle conseguenze. Scegliamo una storia con l’istinto e spesso l’istinto ci porta in strade poco percorse, senza tracce da seguire, e quindi non ci resta che lavorare con la fantasia. Questa incoscienza è stata il motore che ci ha portato fino ad “Ammore e Malavita”.
In questo caso ci sono state due idee fondamentali.
La prima è stata la voglia di recuperare, di rivisitare la sua forma artistica più densa e popolare: quella della grande tradizione della sceneggiata napoletana, scomparsa negli ultimi anni. Un mix tra opera lirica, teatro popolare cantato e ballato, grandi sentimenti e criminalità che fanno parte della vita quotidiana. In secondo luogo ci siamo chiesti: se un killer professionista viene mandato ad uccidere una donna e riconosce in lei la fidanzata della sua adolescenza, cosa farà? Vincerà l’amore o la malavita?”
In molti hanno evidenziato che la vera protagonista del film è Napoli
“Vera protagonista è la storia d’amore, immersa nella realtà napoletana, con la sua gente, le sue contraddizioni. L’argomento centrale non è Napoli. Anche se la città partenopea è stata fonte di ispirazione. Non puntiamo al realismo ma alla verosimiglianza. Per credere in quello che raccontiamo ci piace prendere dei personaggi veri, incontrati nella vita reale, per incastonarli nella cornice fantasiosa di una storia esagerata. Però, sia chiaro, il messaggio del film non è: “a Napoli succede questo”. Quello che succede succede solo nella nostra storia.
Nella vostra storia viene anche fuori il vostro amore per Napoli…
“La ‘nostra’ Napoli non è soltanto la città cupa e disperata che si racconta ultimamente al cinema o in tv, ma anche una Napoli che malgrado tutti i problemi, stimola con il suo fermento culturale e ispira con la sua carica di umanità. Ogni volta che ci torniamo ci è inevitabile sorridere. Qualunque sia il nostro stato d’animo. Un potere ineguagliabile”.
Avete giocato in casa con un cast e molti operatori napoletani. Una sorpresa la romana Claudia Gerini nei panni della moglie del boss
“Dopo molte ricerche non siamo riusciti a trovare una napoletana che ci convincesse per entrare nei panni di donna Maria. Abbiamo pensato a Claudia che ha letto la parte. Con grande entusiasmo e convinzione ci ha detto di amare questo ruolo e che sarebbe stata una perfetta napoletana. Ci ha dato molta fiducia e abbiamo scelto lei. Si è impegnata al livello da animale della recitazione quale Claudia è. Basta vedere il film e sarete convinti anche voi che sia semplicemente perfetta”.
Avete più volte anticipato i tempi. Vent’anni fa in Torino Boys avete raccontato della comunità nigeriana. Sempre nel 1997, da registi emergenti avete realizzato una serie di corti da scaricare “SCUM – The web series”. Fiuto o fortuna?
“Il motivo per cui abbiamo toccato tanti temi prima di altri non è perché siamo avanti sui tempi o grossi studiosi, ma soltanto perché siamo persone libere. Facciamo quello che vogliamo senza alcun tipo di paura, ansia dello successo per forza. Questo tipo di libertà che abbiamo che ci ha permesso di avvicinarsi prima a quello che è davvero il mondo, senza ragionarci troppo su. Poi sicuramente possiamo anche dire che sia stato tutto un caso. Ad esempio avevamo molti amici nigeriani stabiliti in Italia. All’epoca non interessava a tanti la questione. E noi abbiamo voluto semplicemente raccontare la loro vita, non in modo pietistico ma documentandola dall’interno. È anche per caso che abbiamo utilizzato la parola web serie, per la prima volta da noi coniata. Dal 1999 in poi questa parola non si è più sentita. Altri facevano dei corti da scaricare senza chiamarli così".
"Nell’epoca del 4.0 siamo convinti che il mondo di raccontare le storie sia lo stesso. Quello che cambia è il supporto. La vera potenza del web sta tutta qui: spaventa a tutti il fatto che potenzialmente un ragazzino possa avere un potere distributivo anche superiore a quello delle grandi distribuzioni. La vecchia tv non può avere la velocità del web. Però non dobbiamo pensare che moderno equivalga a veloce. Il web ti lascia grande libertà nella gestione del contenuto, lo puoi consultare come e quando vuoi, che sia breve o a maggior ragione lungo”.