AGI - In paleontologia c’è un rebus da risolvere: come sono morti almeno 37 rettili marini delle dimensioni di uno scuolabus per poi diventare fossili circa 230 milioni di anni fa in quello che oggi è il Nevada centrale? Se lo chiedono i ricercatori dello Smithsonian National Museum of Natural History dopo aver rinvenuto in cimitero fossile nei pressi d’una vecchia miniera d’argento dismessa. Tuttavia, essi sono sicuri che si tratti del primo esempio di migrazione per una della specie più importanti e radicate della zona.
Il Washington Post racconta che le ossa trovate nel sito del Nevada provengono dal gigante ittiosauro Shonisaurus, che somigliava a un enorme delfino fuori dimensione. Lo Shonisaurus ha poi nuotato per migliaia di miglia attraverso un oceano conosciuto come Panthalassa, antica versione dell'odierno Pacifico, per affidare e allevare lì la prole, secondo un nuovo studio pubblicato sulla rivista scientifica bisettimanale Current Biology. Annota però il quotidiano che “la scoperta getta una rara luce sui comportamenti degli animali preistorici” e “solleva la possibilità che ulteriori indizi incorporati nei sedimenti e nel suolo possano offrire una comprensione più profonda dei rettili marini che abitavano il pianeta molto prima degli umani”.
Infatti, i primi riscontri conosciuti di migrazione risalgono a più di 300 milioni di anni fa agli antichi squali Bandringa, con lunghi musi a forma di becco a cucchiaio corazzati di piastre. Oggi migrano miliardi di animali, comprese specie diverse come colibrì e balene megattere, farfalle monarca e gnu blu. E poi indizi di fossili simili trovati in altre regioni suggeriscono che lo Shonisaurus sia migrato nel Nevada centrale da parti dell'odierna California, Alaska e New Mexico. E forse quel comportamento potrebbe collegare il preistorico Shonisaurus, la più grande creatura che ha viaggiato negli oceani nel periodo Triassico, con i giganti moderni come le balene blu osservate oggi con i piccoli nel Golfo della California.
Perciò, secondo Nicholas D. Pyenson, uno degli autori del nuovo articolo che lavora nel dipartimento di paleobiologia del Museo Nazionale di Storia Naturale, quel che “bisogna chiedersi è se oggi siano in gioco le stesse regole ecologiche anche se ci sono oltre 200 milioni di anni tra le balene e gli shonisauri". Charles L. Camp, paleontologo dell'Università della California a Berkeley, il primo a scavare gli strati di calcare e fango nel sito negli anni '50, si è subito chiesto cosa potesse spiegare il grande ammasso di scheletri di Shonisaurus pensando che potesse trattarsi di “uno spiaggiamento di massa", come quelli che coinvolgono le balene. Ma le prove fossili smentiscono questa ipotesi, dimostrando che gli scheletri si erano stabiliti sott'acqua lontano dalla riva.
Ora lo sforzo di spiegare perché le ossa di Shonisaurus siano state finora gli unici fossili di ittiosauro scoperti nel sito del Nevada è diventato un'impresa del lavoro investigativo di tipo scientifico. I ricercatori hanno combinato la scansione 3D e la geochimica con strumenti più tradizionali come collezioni museali, note sul campo, fotografie e materiali d'archivio. E sono così arrivati a ipotizzare la “migrazione” come lo scenario più probabile dopo aver eliminato altre possibilità.