AGI - Il trattamento con plasma convalescente ha coinciso con l'emergere di diverse varianti di SARS-CoV-2 in un individuo immunosoppresso: lo hanno scoperto alcuni ricercatori guidati da Ravindra Gupta del Cambridge Institute of Therapy Immunology & Infectious Disease, Cambridge (UK) che in un articolo pubblicato su Nature riportano il caso di un paziente maschio immunocompromesso sulla settantina con SARS-CoV-2, che aveva precedentemente ricevuto chemioterapia per linfoma.
L'individuo è stato ricoverato in ospedale nell'estate del 2020 ed è stato trattato senza successo con antibiotici, steroidi e cicli di remdesivir e terapia al plasma di convalescenza nel corso di 101 giorni.
Dopo la terapia al plasma, la variante dominante includeva una delezione presente nella variante B.1.1.7 SARS-CoV-2 scoperta nel Regno Unito.
I risultati sollevano la possibilità che l'evoluzione di SARS-CoV-2 possa verificarsi in individui immunosoppressi quando può avvenire una replicazione virale prolungata. Durante il trattamento, gli autori hanno raccolto campioni del virus in 23 occasioni.
Gli autori hanno scoperto che tra i giorni 66 e 82, dopo la somministrazione dei primi due cicli di plasma convalescente, è stato osservato un cambiamento nella popolazione virale. Hanno scoperto che una variante con due alterazioni nella proteina spike - una delezione alla posizione 69/70 (presente nella variante britannica B.1.1.7) e la mutazione che porta alla sostituzione D796H - è diventata prevalente.
Questa popolazione è riemersa dopo un terzo ciclo di remdesivir (giorno 93) e plasma (giorno 95). Gli autori suggeriscono che il ripetuto aumento della frequenza di questa popolazione virale dopo la terapia al plasma può significare che le mutazioni conferiscono un vantaggio selettivo. Tuttavia, concludono che l'emergere di questa variante non è stata la ragione principale del fallimento del trattamento. Gli autori notano che questo è "un singolo caso di studio e pertanto possibile trarre conclusioni limitate sulla generalizzabilità dei risultati. Tuttavia, i risultati potrebbero giustificare cautela nell'uso del plasma convalescente per trattare le infezioni da SARS-CoV-2 in pazienti immunosoppressi".